Versione latino Compitum I CRIMINI DI LENTULO

Messaggioda PICIFRITTI » 5 lug 2010, 12:49

Ciao per favore mi servirebbero queste due versioni di Latino

Es 7 pag 236 COMPITUM (CICERONE) TITOLO IN DICENDO IRASCI, DOLERE, FLERE
INIZIO : Saepe enim audivi poetam bonum neminem – id quod a Democrito et Platone in scriptis relictum esse dicunt - …
FINE: … ut cicatrices ostenderem

Es 6 pag 273 Compitum (Cicerone) TITOLO I CRIMINI DI LENTULO
INIZIO: QUORUM DUOD SIMILE FACTUM, QUOD INITUM DELENDAE REI PUBLICAE CONSILIUM?
FINE : … NE REMISSIONE POENAE CRUDELES IN PATRIAM QUAM NE SEVERITATE ANIMADVERSIONIS NIMIS VEHEMENTES IN ACERBISSIMOS HOSTIS FUISSE VIDEAMUR
GRAZIE

PICIFRITTI

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Messaggioda giada » 5 lug 2010, 15:40

Saepe enim audivi poetam bonum neminem - id quod a Democrito et Platone in scriptis relictum esse dicunt - sine inflammatione animorum exsistere posse et sine quodam adflatu quasi FURORIS
Quaro nolite existimare meipsum qui non licronm veleres casus fietosque Iuetus velim imitari atque adumbrare dicendo neque aetor sim alienae personae sed auetor meae quum mibi M Aquilius in civitale retinendus esset quae in illa caussa peroranda fecerim sine magno dolore ferisse Quem enim ego consulem fuisse imperato rem ornatum a senatu ovantem in Capilolium a scendisse meminissem hunc quum afflietum de bilitatum moerentem in summum diserimen ad duetum viderem non prius sum conatus miseri cordiam aliis commovere quam misericordia sum ipse captus Sensi equidem tum magno opere moveri iudices quum exeilavi moestum ac sordi datum senem et quum ista feci quae tu Crasse laudas non arte de qua quid loquar nescio sed motu magno animi ac dolore ut discinderem tu nicam ut cicatrices ostenderem Quum C Marius


Ho spesso sentito dire che nessuno può diventare buon poeta - e dicono che ciò sia stato scritto da Democrito e da Platone- senza il fuoco della passione e un'ispirazione al limite Imperò non vogliato di me pensare che nella causa di M Aquilio nella quale io non veniva a narrar le avventure degli antichi eroi nè i favolosi loro travagli rappresentar col mio dire nè a sostenere un personaggio da scena ma a parlar in mia propria persona io potessi far quel e ho faTTo per assicurare a quel cilladino lo star nella patria senza sperimentare una viva passionE di dolore Imperocchè al vedermi davanti un uomo io mi ricordava essere stato console un generale d esereiti a cui avea il senato conceduto l'onorE di salire al Campidoglio in forma poco dissimile dal trionfo al vederlo dico abbattuto costernato afflitto in rìschio di perdere ogni cosa non prima incominciai a parlare per movere gli altri a compassione che io ero tutto intenerito Mi accorsi allora veramente della straordinaria commozione dei giudici quando quell afflitto vecchio e di graniglia vestito levai da terra e quelle altre cose feci da te o Crasso lodate di stracciargli la camicia sul petto e mostrarne le cicatrici il che non fu effetto di arte della quale non saprei che mi dire ma si di una gagliarda commozione di animo addolorato

giada

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Messaggioda giada » 5 lug 2010, 15:46

pezzo rosso:

Nisi vero cuipiam L. Caesar, vir fortissimus et amantissimus rei publicae, crudelior nudius tertius visus est, cum sororis suae, feminae lectissimae, virum praesentem et audientem vita privandum esse dixit, cum avum suum iussu consulis interfectum filiumque eius inpuberem legatum a patre missum in carcere necatum esse dixit.

Quorum quod simile factum, quod initum delendae rei publicae consilium? Largitionis voluntas tum in re publica versata est et partium quaedam contentio. Atque illo tempore huius avus Lentuli, vir clarissimus, armatus Gracchum est persecutus. Ille etiam grave tum vulnus accepit, ne quid de summa re publica deminueretur; hic ad evertenda rei publicae fundamenta Gallos accersit, servitia concitat, Catilinam vocat, adtribuit nos trucidandos Cethego et ceteros civis interficiendos Gfabinio, urbem inflammandam Cassio, totam Italiam vastandam diri piendamque Catilinae. Vereamini censeo, ne in hoc scelere tam immani ac nefando nimis aliquid severe statuisse videamini; multo magis est verendum, ne remissione poenas crudeles in patriam quam ne severitate animadversionis nimis vehementes in acerbissimos hostis fuisse videamur.


A meno che a qualcuno non sia sembrato, due giorni fa, più crudele L. Cesare, uomo valorosissimo e sommamente amante della Repubblica, il quale disse che doveva essere privato della vita il marito di sua sorella, donna elettissima, il quale era presente ed ascoltava, e disse che era giusta la morte del suo avo che, per ordine del console, aveva ucciso il suo avo e il di lui figlio minorenne che aveva mandato come legato in carcere. Di costoro quale fatto è simigliante, quale decisione intrapresa per distruggere la Repubblica? Si diffuse allora nella Repubblica una volontà di corruzione, ed una certa litigiosità per ripartirne i frutti. Ed in quel tempo, un antenato di questo Lentulo, uomo oltremodo illustre, perseguì con le armi Gracco. Eppure, questi ricevette un colpo tanto grave perchè la Repubblica non soffrisse detrimento alcuno. Costui ha chiamato i Galli per distruggere le fondamenta della Repubblica, solleva gli schiavi, chiama Catilina, conferisce a Cetego il compito di trucidare tutti noi ed a Gabinio quello per tutti gli altri cittadini, a Cassio il compito di dar fuoco alla città, a Catilina il compito di devastare e distruggere tutta l’Italia. Ritengo che dobbiate domandarvi con preoccupazione se, in questo delitto così immane e nefando, abbiate adottato misure adeguatamente severe; molto di più dobbiamo preoccuparci che, con la mitezza della pena, sembriamo essere stati crudeli contro la Patria piuttosto che, con la severità del castigo, essere stati sufficientemente duri contro nemici pericolosissimi.
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