Tucidide:Un contingente numeroso di Greci parte per [..] **

Messaggioda carotatyler » 5 nov 2010, 13:58

Ciao a tutti! ;D Sono nuova e non ho molta esperienza con Forum, quindi scusate se sono nell'argomento sbagliato :D Perciò cercavo una versione di Tucidide intitolata "Un contingente numeroso di Greci parte per la Sicilia" che si trova nel libro "Greco Lingua e Civiltà 2" pag. 4 n°7
Inizia con:
μετα δε ταυτα, ταυτῃ τη παρασκευη αθεναιοι αιροντες εκ της Κερκυρας, ες την Σικελιαν επεραιουντο, τριερεσι μεν τεσσαρσι και τριακοντα και εκατον..
e finisce con:
και Μεγαρευσι ψιλοις φυγασιν εικοσι και εκατον Τοσαυτη η πρωτη παρασκευη προς πολεμον διεπλει


Grazie mille (:

carotatyler

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Messaggioda giada » 5 nov 2010, 14:31

DIMMI SE è QUesta attendo tua risposta

Erano dunque tali le proporzioni del primo contingente di spedizione che varcava il mare alla guerra con in coda un convoglio di trenta vascelli da carico, in cui era stivato tutto l'occorrente in vettovaglie, con a bordo fornai,muratori, carpentieri e un'attrezzatura completa per opere di fortificazione e d'assedio. Di fianco al convoglio
veleggiava un centinaio di battelli da carico requisiti: liberamente s'era invece aggregato un nutrito gruppo di legni mercantili e altri bastimenti, per ragioni di traffico.

Salpata da Corcira, tutta questa folla di navi passava compatta il golfo Ionico. E la flotta al completo prese terra chi a capo Iapigio, chi a Taranto, chi altrove, come si trovava comodo.
Poi iniziarono il giro dell'Italia, seguendo la costa. Ma le città non offrivano alle truppe né il mercato né ospitalità dentro la cinta: si limitavano all'acqua e all'attracco. Anzi Taranto e Locri negarono anche questi servizi essenziali.
Finché furono in vista di Reggio, estremo capo d'Italia. In questa base finalmente l'armata serrò le file e all'esterno della città (dentro non fu permesso) nel santuario di Artemide, i reparti allestirono un campo dove si consentì anche all'apertura di un mercato. Trassero in secco le navi, e respirarono. Poco dopo gli Ateniesi intavolarono con quelli di
Reggio un colloquio esigendo che, in quanto d'origine calcidese, soccorressero Leontini, colonia anch'essa di Calcide. Ma gli interlocutori protestarono la propria neutralità, anticipando che si sarebbero attenuti alla politica fissata in comune con le altre genti greche d'Italia. Quindi gli Ateniesi si applicarono a esaminare e delineare il progetto operativo
più adatto alle condizioni attuali della Sicilia. Frattanto si attendevano le navi inviate per le indagini a Segesta, con l'ansia di conoscere se corrispondevano a verità le gran lodi che, in Atene, l'ambasceria aveva tessuto dei propri tesori.
Da varie fonti ormai, e particolarmente dai loro emissari in esplorazione, affluivano a Siracusa notizie sempre più indubitabili sulla comparsa a Reggio della flotta, e in ordine a queste informazioni i Siracusani si dedicavano anima e corpo ad allestire un apparato di protezione: le diffidenze erano sfumate. Ogni giorno partivano per le località
circonvicine della Sicilia ora un'ambasceria, ora una scolta armata: intanto rafforzavano con corpi freschi di presidio la fascia di installazioni difensive già esistenti a copertura del paese. Nella cinta urbana si susseguivano le revisioni delle armature e dei cavalli, per star sicuri che ogni particolare funzionasse in perfetto ordine, mentre si prendevano tutte le altre misure atte a fronteggiare un conflitto ormai imminente, per non dire già aperto.
Intanto le tre navi di vedetta in arrivo da Segesta raggiungono gli Ateniesi a Reggio, con l'avviso che in fatto ditesori le promesse risultavano totalmente infondate: di solido restavano si e no trenta talenti. Quel colpo avvilì subito glistrateghi: l'impresa s'era avviata appena, ed ecco il primo intralcio. Reggio, poi, non era disposta ad associarsi nella spedizione: proprio quelli di Reggio, i primi con cui s'era aperto il dialogo, e sui quali si poteva contare ad occhi chiusi, affini com'erano di ceppo alla gente di Leontini e da sempre in cordiali rapporti con Atene. Nicia era pronto, e per lui l'esito dell'inchiesta non fu una novità; ma i due colleghi non sapevano trovarne un'interpretazione. I Segestani, quando si erano presentati i primi ambasciatori ateniesi incaricati dell'inchiesta finanziaria, avevano attuato questo espediente.

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