TEMA SVOLTO DI LETTERATURA tipologia B. IL VIAGGIO

Messaggioda paolapessi » 11 gen 2011, 17:40

Tema di letteratura : tipologia b
Il viaggio: esperienza dell’altro, formazione interiore, divertimento e divagazione, in una parola metafora della vita.
UN VIAGGIO DENTRO L’UOMO

Fin dall’alba dei tempi, l’uomo non ha potuto fare a meno di viaggiare. Una volta si spostava per cercare cibo o migliori condizioni di vita, poi, si è messo in cammino per conoscere, per scoprire, per conquistare, per ingigantire il proprio senso di superiorità sugli altri. Il viaggio, dunque, è vita per l’uomo e la vita è un viaggio. “Essa, infatti, è forse altra cosa se non un passaggio dalla nascita alla morte (T. Todorov)?”. Tutto è un viaggio: scoprire la nostra interiorità è un viaggio, fantasticare tra mondi e personaggi di un libro è un viaggio. Anche la morte ce n’est qu’un debut, l’inizio di un nuovo viaggio verso una realtà che, finchè respiriamo e poggiamo i piedi su questo mondo, non potremo conoscere. C’è un nesso, dunque, tra la vita dell’uomo e il viaggio vero e proprio, quello che ha una partenza, un arrivo e, forse, un ritorno? Sì, il viaggio è un qualcosa che l’uomo ha dentro. Già Dante disse che l’uomo è nato per viaggiare: scriveva, infatti, “fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”, quella “canoscenza” che è figlia del viaggio. Anche Omero, molto prima del Sommo Poeta aveva fatto di Ulisse un “viaggiatore incallito”, sempre naufrago per mari e vagabondo per terre sconosciute. Oggi basta avere sei anni perché un bambini immagini già di viaggiare: sceglie, con il ditino sul mappamondo, un nuovo posto da visitare e presto scoprirà che quel posto, presentato in un modo sulle guide turistiche, è ben diverso nella realtà. Allora imparerà che ogni viaggio ne comprende in sé due: uno fantastico, talvolta sterile, rappresentato sulle guide, e uno reale, emozionante, che “vive” nel mondo (cfr. P.Citati). A volte, però, un viaggio fa paura. Un tempo, conoscere popoli nuovi affascinava l’uomo; ora l’incontro con soggetti differenti rischia di mettere in discussione la nostra identità e questo ci spaventa. Si preferisce, quindi, osservare un cammello, un vecchio edificio, piuttosto che incontrare uomini nuovi (cfr T. Todorov). Questo, però, è ancora viaggiare? No, è uno sterile visitare:non c’è crescita interiore, non c’è possibilità di conoscersi meglio, grazie al confronto con gli altri, e questo, purtroppo, è quello che l’uomo moderno non capisce, fermandosi all’idea di una vacanza rilassante durante i pochi giorni di ferie. Come dice Saramago, “viaggiare dovrebbe essere tutt’altro, fermarsi più a lungo e girare di meno”. Tuttavia, un viaggio troppo lungo fa subentrare la nostalgia della patria, che resta sempre la “casa dolce casa” di J. Payne. Quando, però, non si viaggia, si sogna l’estero. La vita è un continuo “ibis redibis”. “La lontananza, infatti, è in noi (M. Soldati)”: si sente sempre il bisogno di vivere in due luoghi: amiamo la patria perché sulle sue terre siamo nati, ma ci sarà sempre almeno un’altra città nel nostro cuore e nella nostra mente che ci attira a lei, come il canto seducente di una sirena. Il viaggio, dunque, è la trasposizione dell’anima dell’uomo. Le sue paure, i suoi voli nella fantasia, i suoi sogni si riflettono nella scelta di una meta, nelle considerazioni a posteriori su un viaggio. L’uomo è sempre in viaggio, in continua esplorazione di sé. Come dice Magris, l’uomo odierno non torna più a casa, ma si perde nell’illimitato del suo io. Viaggia per scoprire e per scoprirsi, per capire e per capirsi e chissà se mai giungerà a un traguardo. Forse, farà una piccola sosta nell’attimo della morte, ma poi ricomincerà a viaggiare verso una nuova vita tutta da scoprire. È questo, quindi, l’unico vero viaggio dell’uomo: quello dentro l’uomo.

paolapessi

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Messaggioda giada » 12 gen 2011, 10:56

ok grazie hai guadagnato 2 crediti ok2

giada

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