ITALIANO TEMA SVOLTO promessi sposi don abbondio

Messaggioda paolapessi » 12 gen 2011, 17:25

Tema
Nel primo capitolo dei Promessi Sposi, Alessandro Manzoni presenta il personaggio di Don Abbondio secondo due metodi narrativi diversi: una prima volta nell’azione stessa, una seconda volta ambientando il personaggio nella storia del secolo.
Svolgimento
Alessandro Manzoni ha voluto, nel suo romanzo I Promessi Sposi, dipingere, grazie alla sua vasta tavolozza di colori, un personaggio, che, benché non sia il protagonista, è quello che più attira i lettori, Don Abbondio. Questo curato, di una terra e di un casato di cui non si conosce il nome, è sicuramente il personaggio con cui l’autore ha voluto dar sfogo al suo senso ironico e di cui ha voluto sottolineare tutte le sfumature del suo carattere. Nel primo capitolo del racconto ce lo presenta con due tecniche diverse: la prima guarda Don Abbondio da un punto di vista esterno, la seconda ne denota la personalità. Non vi è, invece, una dettagliata descrizione fisica del prete, che noi immaginiamo come un uomo goffo e paffuto che al solo sguardo suscita simpatia. La scena si apre con la sua passeggiata verso la cura: è un camminare tranquillo e metodico. Egli, infatti, compie azioni e gesti meccanici, tipici di un curato che torna a casa, assorto nei suoi pensieri di tutti i giorni. Mentre leggeva il suo breviario, scansava tutti i ciottoli che gli ostacolavano il passaggio, volgeva oziosamente gli occhi verso un monte da dove si dipartivano i raggi del sole a l tramonto, e, giunto ad una voltata di una stradetta, com’era solito, alzò gli occhi dal libro e si guardò dinnanzi. Questi piccoli movimenti rivelano sicuramente qualcosa del carattere di Don Abbondio; egli si dimostra un uomo pacifico e abitudinario, che osserva, in maniera distratta e superficiale, il paesaggio autunnale. Giunto al tabernacolo, in fondo alla via, una visione scosse il curato: si accorse che due uomini, che dall’aspetto e dall’abbigliamento sembravano far parte della specie dei bravi, lo stavano aspettando. Subito si interrogò su quale potesse essere la sua reazione: non potendo certo fuggire, preferì andare egli stesso incontro a quei due, dato che, impossibilitato a scampare il pericolo, era sicuramente meglio affrontarlo subito e sperare che quei momenti d’ansia finissero al più presto. I bravi lo informarono di non sposare Renzo e Lucia e che tale comando venisse da Don Rodrigo. Egli sentì quel nome come un fulmine durante il temporale che illumina momentaneamente e accresce il terrore. La discussione con i due uomini fu sostenuta da toni pacati e quasi di sottomissione, come era solito porsi Don Abbondio nei confronti dei più potenti. Costui era, infatti, uno di quelli che preferiva tenersi lontano da discussioni di qualunque genere, in particolare cercava di non inimicarsi coloro che mantenevano il potere, coloro che erano i più forti. Quei piccoli accenni che Manzoni ci regala sulla scelta carrieristica di tale personaggio ci aiutano certamente a comprendere meglio la visione di vita dell’uomo. Sapendo di essere come un vaso di terracotta tra tanti vasi di ferro, accettò il consiglio dei parenti e si fece prete, prendendo come motivi ragionevoli il vivere con qualche agio e mettersi in una classe tra le più privilegiate. Ma ciò non bastava per stare in completa tranquillità, così scansava tutti i contrasti e cedeva a quelli che non poteva evitare. Si metteva sempre dalla parte del più forte, senza però apparire nemico all’altro. Tale comportamento era indubbiamente dovuto ad una particolare motivo: la paura governava la sua condotta e, unita alla sua debolezza, lo faceva apparire egoista e irragionevole. Anch’egli dunque accumulava in corpo sentimenti d’amarezza che poi sfogava nei confronti di coloro che sapeva incapaci di reagire e far del male. Trovava qualche torto anche a chi usciva sconfitto dalle controversie e biasimava coloro che volevano difendere un debole oppresso. Considerava ciò inutile e impossibile, poiché nessun debole avrebbe mai avuto la meglio su un potente. Era dunque un uomo che rifiutava ogni responsabilità, ogni rischio, ogni pericolo, sebbene questi potessero portare qualche vantaggio. Rinunciava a tutto ciò pur di vivere sereno e senza alcun peso sulla coscienza e preferiva pensare a se stesso piuttosto che risolvere i guai degli altri e aiutare chi in difficoltà, caratteristiche che dovrebbero essere invece tipiche di un curato. Don Abbondio si può quindi definire un uomo vile, con un animo piccino, che, anche se a prima vista potrebbe sembrare un personaggio semplice, è invece molto complesso. Il Manzoni ha voluto, infatti, in lui disegnare una serie di atteggiamenti molto vari, riuscendo ad accumularli in una coerenza perfetta.

paolapessi

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Messaggioda giada » 15 gen 2011, 17:47

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