Pirandello: vita, idee e tematiche.

Messaggioda lunina » 13 gen 2011, 15:06

Ecco a voi la tesina che ho portato su Pirandello agli esami di terza media, se può esservi utile come appunto\tema\ricerca...^^

Tra le grandi personalità letterarie del Decadentismo, corrente artistico-letteraria contemporanea alle forti ansie della Prima Guerra mondiale e lo scontro tra gli imprenditori e i proletari, spicca il genio del Pirandello. Luigi Pirandello nasce in Sicilia, a Girgenti, nel giugno del 1867, da una famiglia di benestante borghesia. Si dimostra un precoce patito del teatro, scrivendo una prima tragedia, andata poi perduta, a soli dodici anni. Pur il volere del padre, che lo vuole nelle scuole tecniche, segue l’attrazione per gli studi umanistici e inizia a studiare il ginnasio. In seguito al liceo, continua gli studi a Palermo, ma per volere del padre della sua amata Lina, nonché cugina, lascia gli studi per dedicarsi al commercio dello zolfo, mansione che si tramandavano da diverse generazioni. Questa esperienza sarà spunto per alcune delle sue più importanti novelle, come Il fumo e Ciaula scopre la luna. Il matrimonio, però, subisce continui spostamenti, cosicché Pirandello si iscrive nelle facoltà di Palermo di legge e lettere, che continua a frequentare anche dopo il trasferimento a Roma. Proprio l’arrivo nella città che ha ospitato le lotte risorgimentali, nelle quali i genitori Stefano e Caterina avevano partecipato con un entusiasmo generoso, gli dettò i versi amari della sua prima raccolta di poesie, Mal giocondo (1889). Dopo un contrasto con un professore di Latino nell’università di Roma, è costretto a recarsi a Bonn, in Germania, dove nel marzo del 1891 si laurea, sotto la guida del professor Foerster. Nel 1894 trova l’amore in una timida ragazza di buona famiglia, dai lineamenti fini e dal sorriso triste: Antonietta Portulano.
Un anno fondamentale nella sua vita è il 1903, dove in seguito a un allagamento della miniera d’Aragona di proprietà della famiglia Portulano, spezza irrimediabilmente l’equilibrio psicologico di Antonietta, che rimane semiparalizzata. Pirandello, superato un primo momento nel quale si vuole suicidare, decise di “tirarsi su le maniche” e di porre riparo alla difficile situazione come può. Inizia infatti ad impartire lezioni di tedesco e d’italiano, e inizia a scrivere uno dei suoi romanzi più famosi: Il fu Mattia Pascal. Appare sulla Nuova Antologia nel 1904, narra di una situazione tristissima, di un uomo che veglia la moglie malata di notte, dopo una giornata di estenuante lavoro. Una situazione autobiografica, anche se arricchita da elementi rielaborati con la fantasia. Dopo la morte della moglie, affonda le sue pene nel lavoro. Nel 1921, a Roma, la Compagnia di Dario Niccodemi mette in scena l’opera Sei personaggi in cerca d’autore. Fu un fallimento clamoroso, ma trovo un forte sostenimento a Milano, e successivamente a Londra e New York. Ormai il successo di Pirandello è internazionale. Nell’ultima parte della sua vita, si dedica soprattutto al teatro, che gli conferisce il premio Nobel nel 1934. Ammalatosi di polmonite, l’artista trova la morte nella sua casa di via Bosio a Roma, non prima di scrivere alcune volontà sulla sua morte. “Carro d'infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m'accompagni, né parenti né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta.”
Idee e tematiche
Il linguaggio del Pirandello, tende a costruire quasi un opera globale, in cui agisce un ossessione e nello stesso tempo un modo di ruotarci intorno senza una fine. L’intero lavoro dello scrittore si svolge nella ripetizione che affonda nella negatività dell’esistenza. I suoi personaggi si abbandonano a ostinati ragionamenti e giochi dialettici. Questo tipo di scrittura si trova in piena sintonia con la sua scelta stilistica che si suole definire di portata media. Pirandello, infatti, si prefigge l’obiettivo di porsi in una posizione intermediaria tra i due estremi: il troppo letterario e il troppo popolaresco. La soluzione adottata da Pirandello, però, viene attaccato dalla critica, che hanno visto nei scritti una dimensione scarsamente letteraria. L’opera pirandelliana gira intorno alla sua visione della vita come una sosta in una “stanza di tortura”. Pirandello svolge una ricerca continua sull'identità della persona nei suoi aspetti più profondi, dai quali dipendono sia la concezione che ogni persona ha di sé, sia le relazioni che intrattiene con gli altri. Egli mette in evidenza il contrasto tra una vita, che invano aspira ad essere se stessa, e una forma, che si pone come agguato permanente della vita. Da qui la disintegrazione dell’io. Nelle sue opere, infatti, Pirandello “spinge” sull’incapacità dell’uomo di dare una risposta al “chi sono io?”. L’identità personale dell’uomo è molteplice:da qui nasce il concetto della maschera. Nella vita sociale ognuno si presenta agli altri attraverso delle maschere,e nello stesso tempo,anche gli altri,vedendoci ciascuno secondo la sua prospettiva particolare,ci danno determinate forme. Sotto alla nostra maschera non c’è nessuno,o meglio un fluire indistinto e incoerente di stati di continua trasformazione. Noi crediamo di essere uno per noi stessi e per gli altri,invece siamo tanti individui diversi (siamo “uno,nessuno,centomila”). La vita è una rappresentazione: l’uomo vive recitando e assumendo diversi ruoli. L’unica via di salvezza dalla trappola della vita sociale è la fuga nell’irrazionale, nell’immaginazione perché esse trasportano in un altrove fantastico, come ci presenta la sua celebre novella la carriola. Tra i modelli tematici a cui fa riferimento la “rappresentazione” pirandelliana è l’umorismo. Per avere un idea chiara su questo concetto, è d’obbligo fare riferimento al saggio intitolato, appunto, L’Umorismo (1908), una riflessione dell’autore sull’arte che sottende alla sua poetica. Lo scritto viene diviso in due parti, ma per rendere chiara la sua personale teoria dell’umorismo, bisogna interessarsi soprattutto alla seconda che reca il titolo Essenza, carattere e materia dell’umorismo. Secondo Pirandello, l’umorismo è una forma del “riso”: essa deriva dal comico, ma si distingua nettamente da esso. Per descrivere la differenza fra il comico e il tragico, si serve di un esempio:
“Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di qual orribile manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d'abiti giovanili. Mi metto a ridere. "Avverto" che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una rispettabile signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa espressione comica. Il comico è appunto un avvertimento del contrario. Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente, s'inganna che, parata così, nascondendo le rughe e le canizie, riesca a trattenere a sé l'amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza tra il comico e l'umoristico”.
Possiamo quindi affermare che l’umorismo non è altro che l’intervento della riflessione in un contesto comico.

lunina

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Messaggioda giada » 15 gen 2011, 17:58

hai guadagnato 1 credito okbenfatto

giada

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