etiopia economia

Messaggioda alfons93 » 19 gen 2011, 19:40

Nonostante la cessazione del millenario regime monarchico nel 1974 e la successiva istituzione di uno Stato repubblicano ispirato a principi socialisti l'Etiopia non è riuscita a perseguire quello sviluppo economico e sociale che era stato alla base della svolta politica. Essa rimane uno dei Paesi più poveri del mondo. Le già estremamente precarie condizioni economiche sono state fortemente aggravate dal logorante conflitto con la Somalia e dalla non meno sanguinosa guerriglia che ha interessato varie regioni dell'Etiopia, ma che soprattutto ha opposto l'Eritrea al deposto governo centrale, responsabile, tra l'altro, di aver investito nel settore bellico la gran parte delle entrate del bilancio statale. La minacciata secessione dell'Eritrea pregiudica fra l'altro l'assetto geo-economico del Paese, in quanto, oltre a essere la regione più ricca e sviluppata (in buona misura ciò anche per merito dell'attiva presenza italiana), occupa l'intera fascia costiera etiopica, privando così dello sbocco al mare i più importanti assi commerciali dello Stato. Una soluzione al problema è stata prefigurata nell'incontro di Londra (luglio 1991) con la proposta di creare un “corridoio”che permetta all'Etiopia l'accesso al mare. Comunque il perdurare di una situazione di conflittualità e la persistente siccità hanno costretto oltre oltre 1,5 milioni di Etiopici a lasciare i loro villaggi e a spostarsi in altre zone. La siccità ha reso vani gli sforzi del governo soprattutto nel settore agricolo: l'Etiopia è tuttora un paese agricolo-pastorale in cui prevalgono il nomadismo e le colture di pura sussistenza. Per il suo sviluppo si rende necessaria l'abolizione dei preesistenti rapporti di produzione di tipo feudale; la riforma fondiaria, con la nazionalizzazione delle terre, ha decretato l'esproprio dei latifondi e l'assegnazione alle famiglie contadine dei piccoli appezzamenti di terreno appositamente ripartiti. Ciò avrebbe dovuto da un lato dare nuovi incentivi ai piccoli coltivatori diretti, dall'altro portare alla creazione delle cooperative agricole. Invece hanno prevalso i retaggi di un conservatorismo che per secoli, sino ai giorni nostri, non è mai stato toccato da spinte innovatrici, nemmeno da quella che, pur con tutti i suoi aspetti negativi, ha indotto il colonialismo in altri Paesi africani a porre le basi di un'economia commerciale più aperta nei confronti del mondo esterno, o al limite semplicemente a realizzare nuove vie di comunicazione. Così i vari appelli governativi a istituire strutture economiche diverse da quelle tradizionali e in particolare a creare delle cooperative agricole hanno trovato scarsa eco in una popolazione contadina piuttosto apatica e assillata dal problema della pura sopravvivenza, generalmente assicurata solo attraverso gli aiuti internazionali. D'altra parte ben pochi progressi economici si possono conseguire in un paese in cui, una cronica sottoalimentazione, Sanità e istruzione sono stati gli obiettivi primari del passato governo. In parte, tuttavia, le difficoltà dell'Etiopia sono imputabili anche a fattori organizzativi, in quanto le possibilità oggettive del paese sono notevoli. Esso dispone di condizioni naturali favorevoli, con ambienti diversi, che permettono forme varie di sfruttamento del suolo; rilevantissimo è il potenziale idrico, da destinare sia alla produzione di energia elettrica sia all'irrigazione di nuovi comprensori agricoli; la presenza di vaste aree a prato e a pascolo permanente consentirebbe di incrementare l'allevamento del bestiame; varia è anche la ricchezza forestale inadeguatamente sfruttata.



L'agricoltura occupa la stragrande maggioranza della popolazione attiva. Pur dominando l'agricoltura più povera , quella di sussistenza, i nuovi programmi di sviluppo hanno permesso una certa espansione delle colture commerciali di piantagione quali caffè (principale merce d'esportazione, al cui valore complessivo contribuisce per oltre il 60%), mais, tabacco, cotone, arachidi, canna da zucchero. Oltre il 40% dei prodotti agricoli destinati all'esportazione o alla lavorazione industriale è fornito da grandi aziende statali. L'arativo e le colture arborescenti coprono tuttavia appena l'11,4% della superficie territoriale, sebbene una larga porzione di terre non ancora sfruttate sia coltivabile. Ai fini del consumo locale le principali colture sono quelle cerealicole, che trovano negli altopiani della Voina Degà condizioni climatiche e pedologiche (pedologia = scienza che studia le composizioni e modificazioni del suolo a causa di diversi fattori) particolarmente adatte. Questa regione, salubre e ben coltivata, produce anche legumi, frutta, ortaggi e soprattutto il caffè; dalla Quollà si ricavano invece cotone, tabacco, banane e altri prodotti tropicali, mentre la Degà, saltuariamente coltivata, è nel complesso una zona destinata al pascolo. La produzione globale di cereali è assai diminuita soprattutto a causa della siccità, e ciò sottolinea drammaticamente la gravità della situazione del paese. Fra le colture prevalgono il mais, l'orzo, il miglio e il sorgo, tipici cereali africani, mentre è stato introdotto dagli Italiani il frumento. Assai diffusi sono i legumi e vari ortaggi (cipolle, pomodori, ecc.) consumati localmente come le patate, le banane, i datteri e altra frutta tropicale.



Nel complesso la produzione è assolutamente insufficiente ai fabbisogni del paese, che deve ricorrere alle importazioni e agli aiuti esteri. L'unica coltura commercialmente redditizia è il caffè, diffuso in due aree principali, il Caffa e ancor più l'Harar; nel Caffa molte piante sono spontanee, tanto che si ritiene essere il caffè originario dell'Acrocoro Etiopico. Dalla zona di Harar proviene anche il qat, le cui foglie hanno proprietà stupefacenti. Tra le colture industriali le principali sono il cotone e la canna da zucchero, quindi l'agave sisalana, il tabacco e, tra le piante oleaginose, il sesamo, le arachidi, il ricino. Il cotone proviene soprattutto dalle zone irrigue della della Rift Valley, dove esistono moderne piantagioni; la canna da zucchero è coltivata sia nelle stesse zone sia nell'estrema fascia sud-occidentale, presso il confine con il Sudan. Lo sfruttamento forestale riguarda poche aree del paese; se ne ricava però una cospicua varietà di legname oltre a essenze di alto valore commerciale.


Grande rilievo per l'economia etiopica ha l'allevamento bovino , di tradizioni antichissime; vi sono nel paese 31 milioni di capi, che sfruttano soprattutto gli estesi spazi delle savane. In funzione dell'allevamento bovino sono stati istituiti vari moderni macelli, dislocati nelle nelle zone più ricche (di Dessiè , Gonder, ecc.). Diffusi sono anche gli ovini e i caprini; largamente impiegati per i trasporti sono i muli e gli asini, cui seguono seguono i cavalli e i dromedari. Molto elevato è altresì il numero dei volatili da cortile. Nonostante l'abbondanza di capi di bestiame, il settore zootecnico – che è il secondo per importanza dopo l'agricoltura ma che l'introduzione di moderne tecniche e la selezione delle razze renderebbero suscettibile di notevoli sviluppi – avvia all'esportazione solo le pelli: esempio macroscopico delle arcaiche forme di produzione.

Buone possibilità ha anche la pesca (4000 t annue circa), data la ricchezza ittica del Mar Rosso; il prodotto, salato o essiccato, con centri principali a Massaua e ad Assab, è in parte esportato, ma il settore non è adeguatamente sfruttato. Si raccolgono inoltre ostriche perlifere. Complessivamente il settore primario partecipa alla formazione del prodotto nazionale lordo per il 45%, occupando oltre il 70% della forza lavoro.

Le risorse minerarie dell'Etiopia sono ancora poco note. Si sfruttano da tempo giacimenti di platino e di oro e sembra ne esistano di ferro, rame, zinco e piombo; dalla Dancalia si ricava ricava salmarino (113.000 t annue). È stata rilevata infine la presenza di petrolio e di gas naturale nel Sud-Est del paese, ma sinora non si conoscono le reali consistenze dei giacimenti che non sono sfruttati. La potenzialità idrica dell'Etiopia è notevolissima e grandiosi progetti sono in corso per l'utilizzazione soprattutto delle acque del Nilo Azzurro. Al momento, tuttavia, la produzione di energia rimane sempre ridotta; essa è per metà di origine termica (che costringe a importare petrolio), anche se sono attivi alcuni impianti idroelettrici, dei quali il più importante entrato in funzione è quello di Koka sul fiume Auasc.

Le industrie, eminentemente al servizio del mercato interno, sono in gran parte concentrate ad Addis Abeba e Asmara (di queste ultime però molte hanno interrotto l'attività durante la guerra civile). Esse riguardano fondamentalmente la trasformazione dei prodotti agricoli locali e comprendono perciò zuccherifici, oleifici, birrifici, pastifici, fabbriche di conserve alimentari; si annoverano inoltre diversi stabilimenti tessili che lavorano anche cotone d'importazione, mentre i tabacchifici impiegano prodotto nazionale. Un settore tradizionalmente molto sviluppato è quello della lavorazione del cuoio, che però si articola su imprese a livello artigianale, così come artigianali sono numerose altre attività produttive (ceramica, vetro, calzature, ecc.). Nel complesso la situazione del settore industriale non è migliore di quella dell'agricoltura; l'industria manifatturiera resta infatti attestata su valori estremamente bassi, partecipando con appena l'11% al prodotto nazionale, e ancor più è carente nei settori di base. In effetti non si sono avuti gli sperati risultati né dalla nazionalizzazione dei pochi impianti del paese, né dal fatto che il monopolio della produzione nei settori chiave dell'economia del paese, quali l'industria estrattiva e la produzione d'energia, fosse stato riservato dal passato governo allo Stato.



Fino a pochi anni fa l'Etiopia aveva un sistema viario piuttosto debole, in gran parte basato su strade costruite dagli italiani durante l'occupazione; l'insufficienza del sistema viario ha tra l'altro contribuito al determinarsi e all'aggravarsi di alcune delle crisi alimentari che il paese ha attraversato.
Negli ultimi anni, in particolare in seguito alle risorse liberate dalla cessazione delle ostilità con l'Eritrea e nel quadro di un processo più generale di ammodernamento, il Paese ha visto la costruzione di un notevole numero di strade, soprattutto nei dintorni di Addis Abeba e delle città maggiori.
L'unica linea ferroviaria esistente fu costruita dai francesi nel 1917 e collega Addis Abeba con Gibuti, passando per Dire Dawa.
L'aeroporto internazionale di Bole, ad Addis Abeba, è stato rimodernato negli ultimi anni e può considerarsi un ottimo aeroporto per gli standard africani; la compagnia di bandiera, Ethiopian Airlines, gode anche di ottima reputazione tra le compagnie africane, specie per la buona selezione e l'addestramento dei piloti (effettuato normalmente in Gran Bretagna). L'Etiopia gode di un discreto sistema di collegamenti aerei interni, con aeroporti non solo nelle città più importanti, ma anche in piccoli centri come Lalibela, tradizionale centro di pellegrinaggio e, più di recente, meta turistica.
Le vie di comunicazione sono ancora enormemente carenti, il che costituisce un ostacolo assai grave per lo sviluppo del Paese; molte zone sono tuttora prive di collegamenti con la capitale o i centri maggiori. Le strade si sviluppano per 38.000 km; però solo le principali direttrici sono asfaltate o comunque presentano buone condizioni di percorribilità.
I commerci interni sono ancora poveri: i centri di mercato sono raggiunti settimanalmente dai contadini dei villaggi che vengono a farvi le loro vendite (cereali, prodotti ortofrutticoli, capi di bestiame) e vi effettuano gli acquisti essenziali (sale, stoffe, vasellame, ecc.). Solo ad Addis Abeba e ad Asmara si può trovare una gamma relativamente vasta di beni di consumo, il che contribuisce a conferire una certa nota di modernità a questi due centri. I generi d'importazione provengono soprattutto dal Giappone, dall'Italia, dalla Germania e dai Paesi europei dell'Est; comprendono autoveicoli, macchinari, prodotti chimici e industriali in genere, combustibili, ecc. Le esportazioni vedono nettamente al primo posto, con oltre il 60% del totale, il caffè, seguito dalle pelli e dal cuoio nonché da qualche prodotto agricolo; in passato dirette principalmente negli Stati Uniti, sono, negli ultimi anni, orientate anche verso verso l'Europa e il Giappone. La composizione della bilancia commerciale, marcatamente deficitaria, riflette lo stato di sostanziale sottosviluppo dell'Etiopia, e in ciò si inquadra la necessità di dare al Paese le prime basi industriali. Finanziariamente l'Etiopia riesce a salvaguardare la propria economia ricorrendo largamente all'aiuto straniero; quasi nullo è invece al momento l'apporto turistico nonostante gli sforzi governativi per incentivare il settore. L’Etiopia é infatti ancora una meta di viaggi pericolosa, l’infrastruttura adeguata non esiste ancora . Tuttavia il governo dell’Etiopia considera il turismo per il futuro come una delle fonti d’entrate piú importanti per il Paese. Si punta su turisti di alta categoria reddituale e di alto livello d’istruzione, che visitano il Paese perché gli interessa la cultura e la natura. La maggior parte dei visitatori va in Etiopia per affari o é lí solo di passaggio. Nel 1998 hanno visitato l’Etiopia ca. 250.000 persone.
Negli ultimi anni, in Etiopia si è registrato un aumento dei casi di prostituzione e di sfruttamento sessuale dei bambini a scopo di lucro. Questo aumento, non è comunque collegato solo con lo sviluppo del settore turistico. La causa maggiore è l’estrema povertà della maggioranza della popolazione. La difficile situazione finanziaria obbliga sempre più bambini a vivere per la strada, dove essi sono particolarmente a rischio di rapimento e di sfruttamento sessuale a scopo di lucro. Parecchi sono adescati con promesse di lavori ben pagati. In aggiunta allo sfruttamento sessuale a scopo di lucro, è aumentato anche l’abuso sessuale sui bambini all’interno delle proprie famiglie. (L’Etiopia ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Bambino il 14 Maggio 1991 e si è impegnata a proteggere i bambini contro tutte le forme di sfruttamento e di abuso sessuale. Chiunque rilevasse un caso di abuso su un bambino dovrebbe segnalarlo all’operatore turistico, alla guida turistica e/o al direttore dell’albergo. Le segnalazioni possono essere fatte anche alla polizia locale, alle ambasciate, alle organizzazioni non governative, che seguiranno questi casi).
Un altro importante motivo che determina gli scarsi indici di turismo potrebbe essere la labile quanto precaria in qualsiasi parte del paese, sicurezza. I rapporti con l'Eritrea restano infatti tesi, nonostante la presenza delle truppe di pace delle Nazioni Unite lungo il confine e la firma di un accordo di pace il 12 dicembre 2000.
Le tensioni tra le etnie generano regolarmente scontri violenti. Gli effetti della drammatica siccità che persiste dall'estate 2002 rappresentano un ulteriore potenziale di conflitto (proteste, lotte per acqua e pascoli, aggressioni ecc.).

Importante è anche l'assistenza medica garantita solo in misura limitata, persino ad Addis Abeba. In caso di malattie o ferite gravi è preferibile farsi curare all'estero. Se si necessita di particolari medicamenti è consigliabile munirsi di una scorta sufficiente per tutta la durata del viaggio. Occorre tuttavia considerare che in molti Paesi vigono prescrizioni speciali per l'importazione di medicamenti contenenti narcotici e sostanze psicotrope.

alfons93

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