Appunti lett. italiana- Poesia lirica, rimatori siciliani...

Messaggioda Maricri » 1 feb 2011, 11:29

POESIA LIRICA
La poesia lirica d’amore nasce nella corte di Federico II di Svevia e derivava dalla letteratura francese in lingua d’oc, ovvero quella del sud della Francia in Provenza (nel nord della Francia, invece, si trovava la lingua d’oil). La corte è un’istituzione politica presente in Italia in Sicilia, appunto nella corte di Federico II. Nella corte si trova il signore, che è vassallo del re, i suoi sottoposti, le donne del castello e alcune figure religiose. Al centro della poesia c’è l’amore, amore non solo per una donna, ma amore inteso come espressione di cortesia, gentilezza e raffinatezza. È infatti Andrea Cappellano, nella sua opera De Amore a fissare questi principi, dicendo che la nobiltà non è solo di sangue, ma anche interiore. I poeti della corte non sono solo i signori, ma soprattutto i suoi sottoposti (quindi non nobili), ovvero i menestrelli (detti in latino ministeriales). Il poeta provenzale si chiama trovatore. Il trovatore è colui che scrive i tropoi, ovvero delle musiche, melodie. Infatti viene chiamata lirica trobadorica. La diffusione orale di queste liriche, viene affidata invece ai giullari. Ritroviamo la poesia lirica in pochi temi, quali la canzone, dove si è distaccati dalla realtà concreta e infatti il nome dell’amata viene nascosta da un falso nome; la pastorella, in cui un cavaliere incontra una donna del popolo, e il sirventese, che era di argomento politico. Dividiamo in due generi lo stile della poesia dei trovatori, ovvero il trobar clus, quindi uno stile chiuso e difficile; e il trobar lieu, uno stile più lieve e più semplice. Tra i grandi trovatori troviamo vari nomi, tra cui Raimbaut D’Aurenga e molti altri, ma il primo è sicuramente Gugliemo d’Aquitania, autore di una delle più importanti poesie medievali:”Per la dolcezza della nuova stagione”.

LA SCUOLA SICILIANA

La poesia lirica poteva nascere solo nelle corti, in cui si affermavano questi rapporti sociali, e quindi nascevano i valori della cortesia, gentilezza e raffinatezza. È normale che quindi sia nata alla corte di Federico II nel Regno di Sicilia, mentre nel Nord Italia andava formandosi la letteratura volgare nei Comuni. La corte di Federico II non era stabile, ma itinerante, anche se per lo più si stabiliva in Sicilia, che era diventata il centro culturale e politico dell’Impero. Federico, in Sicilia, stava creando uno stato centralizzato
e la grande corte imperiale veniva chiamata Magna Curia. Federico si contrapponeva alla chiesa non solo dal punto di vista politico, ma anche da quello culturale, infatti incoraggiava le conoscenze scientifiche e la laicità. Favorì lo studio del latino, e incoraggiò le istituzioni culturali, come l’Università di Palermo e la scuola di medicina a Salerno. Oltretutto, Federico aveva una naturale predisposizione all’unione di culture diverse, infatti aveva un padre tedesco e una madre francese. Arrivato in Sicilia imparò anche il siciliano volgare, l’arabo e il greco oltre al francese, tedesco e provenzale che già conosceva. Infatti, anche egli stesso era autore di poesie in volgare. Rispetto al poeta provenzale, il poeta proveniente dalla scuola siciliana non è un cavaliere o un giullare, ma un borghese che esercita attività giuridiche e amministrative nella corte, e che quindi fa poesia solo per diletto. Difatti, il poeta siciliano non è anche un musicista: da questo punto di vista, quindi, poesia e musica si allontanano. Solo in alcuni casi si accompagnano delle melodie alle poesie, ma è comunque un musicista (e non il poeta stesso) a comporle. Cambiano anche le tematiche delle poesie: rimane sempre quel tema del vassallaggio d’amore preso dalla società feudale, ma la realtà in cui vive la corte non è feudale. Infatti, i poeti siciliani parlano dell’amore in quanto tale. La figura della donna viene delineata di meno e si delineano invece gli effetti dell’amore sulla natura, rendendo la poesia siciliana più astratta.

STRUTTURE METRICHE E TEORICHE DELLA POESIA SICILIANA
La struttura metrica e teorica della poesia siciliana rappresenta il modero originario della lirica italiana. Queste strutture metriche si rifanno a quelle della poesia trovadorica, anche se sono più selezionate, infatti sono escluse quelle forme di poesia che rappresentano le lotte politiche.
Le strutture metriche della poesia siciliana sono tre, ovvero: la canzone, la canzonetta e il sonetto. La canzone deriva dal canso provenzale, ed è infatti la forma più elevata ed illustre, che costituisce lo schema metrico più rappresentativo della Scuola siciliana. Essa è formata da endecasillabi alternati a settenari. La canzonetta è per gli argomenti meno nobili ed elevati. I versi sono più brevi e vivaci (settenari, doppi settenari…) ed il suo andamento è più semplice, spontaneo, e quindi umile. L’esempio più importante di canzonetta è “Meravigliosamente” di Giacomo da Lentini. È lo stesso Giacomo da Lentini, comunque, ad usare per la prima volta il sonetto, che tratta di argomenti diversi: teorici, filosofici e morali, ma anche amorosi e scherzosi.
Ad ogni modo, la lirica siciliana ha un linguaggio aulico ed elevato e si basa sul volgare siciliano. Sul volgare siciliano abbiamo una scarsa documentazione: in seguito alla sconfitta di Benevento, la produzione poetica non fu più né tramandata né ricopiata, ma fu invece copiata dai copisti toscani, volgendo la lingua dal siciliano al toscano. La poetica toscana si considerava infatti erede di quella siciliana. È lo stesso Dante ad esprimere la propria ammirazione verso i poeti siciliani, mettendo se stesso e i poeti toscani come i soli continuatori di quella esperienza.

GIACOMO DA LENTINI
L’attività di Giacomo da Lentini viene datata fra il 1233 e il 1241, ed è in questo periodo che, infatti, scrive le sue poesie. In Toscana era noto come il “Notaro”, e di questa sua professione troviamo ampia traccia nei documenti del tempo. Di lui restano 38 componimenti, tutti canzoni, canzonette e sonetti, e probabilmente fu lui l’inventore del sonetto. Dante stesso lo considera il massimo rappresentate dei Siciliani. Giacomo da Lentini padroneggia lo stile della poesia provenzale, aggiungendo anche alcune innovazioni. Infatti, la fenomenologia dell’amore viene considerata da lui nella relazione tra il “piacere”, prodotto dall’atto del vedere la bellezza della donna e che dunque ha sede negli occhi, e il “nutrimento”, prodotto invece dalla riflessione amorosa e ha sede nel cuore.
Da Giacomo da Lentini derivano due tendenze principali: una tendenza “tragica”, di alto contenuto teorico e morale, in cui si distinguono i due maggiori poeti siciliani dopo Giacomo, e cioè Guido delle Colonne e Stefano Protonotaro; l’altra tendenza è invece più narrativa e colloquiale, in cui si distinguono Rinaldo d’Aquino e Giacomino Pugliese. Questa seconda tendenza è poi collegata ad una produzione che sembra quasi giullaresca, in cui si distingue Michele D’Alcamo nel suo “Contrasto”, che è un componimento parodico, perché imita il linguaggio cortese con intento ironico.

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