FILOSOFIA: Pensiero di Arthur Artur Schopenhauer

Artur Schopenhauer

Nacque a Danzica nel 1788 da una famiglia dell'alta borghesia tedesca. Studiò dapprima a Gottinga, poi a Berlino (dove udiva nozioni di Fichte) e infine a Jena, dove si laureò. Nel 1820, ottenne la libera docenza a Berlino ed ebbe una breve disputa con Hegel che poi si acutizzò con il passare degli anni. I suoi corsi deserti (perchè fissati nelle stesse ore di quelli di Hegel), il totale disinteresse del pubblico colto e degli editori per le sue opere, gli procurarono una profonda amarezza. Nel 1831 si trasferì a Francoforte vivendo di rendita. La sua fama cominciò a diffondersi verso la metà del secolo non solo in Germania ma anche all'estero. Morì nel 1861.

Pensiero filosofico

Quando si recò a Berlino nel 1811, nutriva grande ammirazione a proposito per gli idealisti (Fitche ed Hegel), che in seguito con il mutarsi delle sue concezioni si convertì in un severo disprezzo trasformandosi in netta opposizione contro l'impostazione razionalistica ed ottimistica della loro filosofia. Per Schopenhauer la filosofia deve partire non dai principi astratti ma dall'esperienza (intesa in senso vasto) della conoscenza empirica. La tesi principale della sua filosofia è sintetizzata nell'opera "il mondo come volontà e rappresentazione". Per Schopenhauer (unico vero seguace di Kant) il mondo è per un lato rappresentazioni in quanto mondo apparente o fenomenico; per l'altro lato invece il mondo è un mondo noumenico ossia volontà in quanto mondo reale. Il mondo fenomenico è costituito da rappresentazioni intuitive (Kant) perciò illusorie. Il mondo noumenico è costituito dal volontarismo. La volontà è il principio di tutta la realtà che sia oggettiva in gradi diversi che vanno dagli esseri inorganici a quelli vegetali, a quelli animali, all'uomo. La volontà di vivere è perciò universale per cui si disperde in infinite volontà particolari e viene continuamente fermata, percui avverte il bisogno, la mancanza, il dolore. In ciò consiste il suo pessimismo cosmico che si contrappone nettamente all'ottimismo hegeliano. Egli indica come via di liberazione dal dolore l'affermazione del progresso, la moralità, l'arte, l'ascetismo (vedi in fondo) che trascendono il mondo illusorio dei fenomeni. La moralità consiste in un sapere più elevato di quello intellettuale e della ragione il cui principio fondamentale è la pietà, ossia il riconoscimento intuitivo dell'unità di tutti gli esseri umani che ha il potere di eliminare la malvagità (illusione che separa gli uomini rendendoli nemici). L'azione negativa della pietà è la giustizia, quella positiva è la carità. L'arte è la contemplazione delle idee (intese come oggetti puri ed eterni, Platone) che non sono ricavate per astrazione dalle rappresentazioni individuali come i concetti, ma sono l'oggettivazione immediata delle volontà che contemplandosi si libera della volontà di vivere. La più elevata delle arti è la musica.

L'Ascetismo

L'ascetismo è l'estrema riduzione della volontà di vivere ed è la negazione di ogni elemento fenomenico, di ogni conoscenza intellettiva per cui riesce ad attuare la liberazione definitiva dalle illusioni del mondo empirico o fenomenico. L'ascetismo è la vittoria sulla dispersione che frantuma la volontà di vivere in innumerevoli individui in lotta fra loro; è una modificazione radicale della volontà che la trasforma nel suo opposto, cioè in noluntassi. Schopenhauer riconosce alle religioni più elevate (cristianesimo e buddismo) la capacità di condurre l'uomo alla negazione ascetica. La soppressione della volontà di vivere, sottraendo l'uomo alla catena causale del mondo fenomenico è l'unico atto possibile di reale libertà.