SAGGIO DI FILOSOFIA

Messaggioda alfabeta » 6 feb 2011, 14:08

‘’Per chi studia per raggiungere l'intelligenza delle cose, i libri e gli studi sono i meri pioli della scala, sulla quale egli sale al vertice della conoscenza: non appena un piolo l’ha sollevato di un passo, egli lo lascia indietro. I molti invece, che studiano per riempirsi la memoria, non utilizzano i pioli della scala per salire, ma li raccolgono e se ne caricano per portarli con sé rallegrandosi per il crescente peso del carico. Essi rimangono eternamente in basso, perché sono loro a portare ciò che avrebbe dovuto portarli.’’

Schopenhauer riflette su chi è veramente sapiente e su coloro che si ritengono sapienti. In realtà questi ultimi hanno solo la memoria piena di sterili informazioni che non sanno elaborare per raggiungere l'intelligenza delle cose. La conoscenza si può ottenere per gradi, partendo dai libri e dagli studi, ma non si deve ritenere che essa sia limitata superficialmente in questi. I libri e gli studi sono propedeutici, ci aiutano ad elevare il nostro intelletto alla vera conoscenza se noi sappiamo rielaborarli autonomamente. Se invece prendiamo ciò che c'è scritto come oro colato, lo "immagazziniamo" nella mente imprimendolo saldamente nella memoria, otteniamo una conoscenza debole, fallace, sterile e che perciò non porta da nessuna parte e dà solamente l'apparenza di sapere, quando invece siamo solo ripetitori d’informazioni dette e dedotte da altri. Gli studi e i libri devono essere solo meri strumenti e quindi un punto di partenza, e non di arrivo, per raggiungere l'intelligenza delle cose.
Se, infatti, ci fermiamo al contenuto ,è solo uno studio mnemonico che serve esclusivamente ad appesantire il cammino della conoscenza, perché l'acquisto dei libri non dà l'acquisizione del loro contenuto.
Inoltre, in questa frase, c’è anche una forte critica verso l'avanzare della classe borghese, a discapito della cultura, e verso tanti celebrati professori contemporanei (tra cui Hegel ) che circondandosi di paroloni, neologismi e sofismi, vanno in direzione contraria alla ricerca della verità e della conoscenza.
Difatti Schopenhauer aveva tre punti di riferimento : Platone, il quale considerava la scrittura non uno strumento di sapienza ma solo un farmaco per la memoria che disabituava la mente a pensare autonomamente e quindi non permetteva di giungere alla verità; Kant da cui trasse la teoria della conoscenza e Buddha, di cui ammirava la morale della rinuncia. Ma più forti di questi amori c’erano tre irriducibili odi filosofici, riservati alla triade dell’idealismo tedesco: Fichte, Schelling e il già nominato Hegel.
Su di loro disse "Paiono sapere ciò che non sanno, pensare ciò che non pensino e dire ciò che non dicono". Schopenhauer considera il peggiore dei tre Hegel, perché esaspera l’ottimismo idealistico celebrando un presunto lieto fine della storia universale. Questa visione rosea delle cose può allettare solo i più ingenui, e lo accusa di ‘’filosofastreria istupidente’’ e perniciosa per lo spirito. Perciò ci sono coloro che studiano e leggono per motivi meramente pratici, (studio inutile e fine a se stesso), e coloro che fan frutto delle cose imparate e le mettono in pratica; e mentre i primi dimenticano quanto appreso, i secondi fanno appunto tesoro delle cose apprese in precedenza.

Commento personale:
Dunque Schopenhauer mette in evidenza la differenza tra il sapiente e chi crede di essere sapiente, cioè colui che si basa sulla conoscenza vista come ultimo grado dello studio e la conoscenza falsa vista come memoria passiva dello studio.
Lo studio della filosofia ,invece, dovrebbe dare la capacita' di sviluppare un pensiero proprio : ci si confronta con i classici per apprendere un metodo, non per ricordarci cosa hanno detto. (Lo stesso sarebbe per un pittore, un poeta o un musicista che guarda ai classici con lo scopo di sviluppare un suo stile.)

alfabeta

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