analisi della poesia "Felicità" di U. Saba

Messaggioda vex95 » 1 apr 2011, 14:14

La lirica è composta di tre strofe, due terzine e una sestina, di versi endecasillabi, ad eccezione del settimo e dell’ottavo verso, rispettivamente ternario e settenario.
La prima strofa presente la giovinezza come desiderosa di pesi e responsabilità, che, quindi, porge spontaneamente le spalle al carico da portare; a causa dell’inesperienza, non regge e di conseguenza piange di malinconia, si sfoga. Nella sestina centrale invece il poeta elenca quelli che per lui sono i miracoli che arrivano con la maturità, il tardi della vita, così come l’aria si affina e i passi si fanno più leggeri; ritiene inoltre che la vita oggi sia meglio di ieri, se non è ancora la felicità. La terzina finale è un allusione alla morte: assumeremo un giorno la bontà del suo volto, cioè un espressione felice, e vedremo qualcuno sciogliere come fumo il suo dolore inutile. Tutte le strofe sono a impianto riflessivo, per cui non presentano particolari concentrazioni di percezioni uditive o visive, al massimo visioni in senso figurato, ma solo i pensieri e le impressioni propri dell’autore.
In questo componimento assumono particolare rilievo le parole chiave, messe in risalto dai diversi enjambement (vv 5-6, 6-7, 10-11, 11-12), dalle rime, il loro schema, infatti, è volutamente irregolare (ABC CDEFFG GHI), e da alcune assonanze. Ha un’importanza particolare anche la punteggiatura, specialmente nella prima strofa, dove l’andamento sintattico è abbastanza regolare, ma i vari sintagmi sono spezzati da segni d’interpunzione forti, che ricordano i singhiozzi del pianto della giovinezza, vista come il periodo più triste della vita, di cui la malinconia può essere definita una caratteristica fissa. Nel fiore degli anni, dunque, così desiderosi di mettersi alla prova, ma altrettanto inesperti per sopportare il peso delle responsabilità, si soffre dolorosamente questa inadeguatezza. Al passaggio verso l’età adulta si acquistano via via una maggiore libertà e leggerezza, grazie anche a quei pesi insopportabili durante l’adolescenza, e si scoprono miracoli, prodigi, inaccessibili ai giovani, soggetti a una climax ascendente al quarto verso: il vagabondaggio, l’evasione, la poesia. Da notare che malinconia e poesia rimano tra loro, quasi fossero l’una la conseguenza dell’altra. Quindi lungo il percorso della maturità si avvia un progressivo processo di rarefazione, l’aria si affina e i passi si fanno leggeri, e si ottiene il compenso massimo: la vita migliora più avanti si va, infatti, oggi è meglio di ieri, se non è ancora la felicità. Quest’ultima parola si lega mediante una rima con la parola finale al verso seguente, bontà, tale è la caratteristica principale del volto immaginario della felicità, la stessa espressione che un giorno, l’ultimo giorno, tutti noi assumeremo, e vedremo i dolori della vita sciogliersi tutti come fumo. Non c’era perciò alcun motivo per soffrire, ma arriviamo a capirlo solo alla fine di tutto, l’ultima strofa è un’allusione alla morte, vista come una cosa positiva, una delle migliori che ci può liberare dai pesi della vita terrena.

vex95

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