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Messaggioda Ileanuccia » 7 nov 2011, 17:41

ARISTOTELE
Aristotele(384-322 a.C.) vive in un’epoca di transizione storica, caratterizzata dal declino della pólis e della nascita di una monarchia che si impone come dominio universale su popoli e genti con Alessandro Magno. L’intervento di Filippo di Macedonia nelle vicende politiche greche è preceduto da un lungo periodo di guerre e lotte fra le póleis, in cui la potenza persiana interviene per aiutare Atene dopo la disfatta del Peloponneso(431-404 a.C.), indebolendo Sparta. Nella città aumenta il divario fra ricchi e poveri. Con la battaglia di Cheronea del 338 a.C., la nuova potenza macedone, guidata da Filippo, sancisce la sconfitta militare e politica della Grecia. La póleis si divide in filomacedoni e antimacedoni: i primi, fra cui Eschine e Isocrate ad Atene, si ritengono più realisti e vogliono accettare l’egemonia di Filippo; appartiene ai secondi Demostene, che si batte in nome della difesa della civiltà, della cultura e delle tradizioni della pólis. Morto Filippo nel 336 a.C., il figlio Alessandro ne riprende la prospettiva egemonica, sviluppandola nel progetto di una monarchia universale. Alessandro si considera padre di tutti i suoi sudditi e non fa distinzioni fra barbari e Greci.
Nonostante la crisi politico-militare, la pólis diventa un modello di cultura e di educazione per l’Occidente. La koinè, lingua comune basata sul dialetto attico, si afferma come la principale forma di comunicazione nelle attività culturali e commerciali. Si diffondono architettura, scultura e pittura. Le statue assumono caratteri più realistici, nella pittura si afferma la prospettiva, acquistano importanza la poesia e la storiografia, grazie ad una nuova attenzione alle fonti e alla nascita di una scienza filologica. Nel campo della retorica, spicca la figura di Isocrate, che contribuirà a fare della lingua e della retorica un modello per i posteri, e di Demostene, che è dotato di una maggiore espressività animata dalla difesa patriottica della democrazia ateniese. La scrittura si afferma a scapito dell’oralità, il libro diviene il principale strumento di comunicazione culturale. Quanto alle scuole filosofiche, dopo l’Accademia platonica dove prevale il dialogo e quella di Isocrate, nasce il Liceo di Aristotele, una scuola in cui Aristotele tiene lezioni su diverse discipline filosofiche e scientifiche.
Aristotele nasce nel 384/383 a.C. a Stagira, nella Calcidica. Nella vita dello stagirita si è soliti distinguere 3 periodi:
1- Il primo periodo comprende i 20 anni trascorsi nell’Accademia platonica: entratovi 17enne, ne esce solo alla morte del maestro, nel 347 a.C., forse anche per contrasti con il sostituto di Platone. Quest’ultimo chiamava Aristotele la mente della scuola, ma Aristotele non approvava pienamente le idee platoniche. Probabilmente riuscì anche a influenzare Platone, ma le opere che lo attestano sono andate perdute.
2- Un secondo periodo si apre nel 343 a.C., quando viene chiamato alla corte del re Filippo di Macedonia, per fare da precettore al figlio Alessandro.
3- Il terzo periodo si apre con l’assassinio di Filippo e l’ascesa al trono di Alessandro, nel 336 a.C. Nel 337 a.C. Aristotele, tornato ad Atene, fonda una scuola nel Liceo, cioè nel giardino annesso al tempio di Apollo Licio, in seguito chiamato Peripato o luogo dedicato alle passeggiate, da cui deriva il nome peripatetici, dato ai discepoli di Aristotele. Qui vengono utilizzati i libri, la scuola possiede una vastissima biblioteca che contiene più di 150 Costituzioni greche. Alla morte di Alessandro Magno nel 323 a.C., il filosofo si rifugia ad Atene, in quanto il partito democratico richiama Demostene(Pare fosse affetto da balbuzie e che, per nasconderla, portasse dei sassolini in bocca che gli sollevavano la lingua correggendo il suo difetto) dall’esilio e tanta di organizzare la ribellione alla dominazione macedone. Muore a Calcide, nell’Eubea, nel 322 a.C.

Molti scritti di Aristotele sono giunti sino a noi: sono i cosiddetti scritti acroamatici(da akromatikós, ascoltabile, esposto a voce) o esoterici(dal greco eso, dentro,poiché professati solo da piccoli gruppi di eletti),destinati agli ascoltatori, soprattutto i frequentatori del Liceo. Essi comprendono i veri e propri testi, appunti e schemi delle lezioni. Sono invece andati in gran parte perduti gli scritti destinati alla pubblicazione, gli essoterici( da exo, fuori, in quanto rivolti al pubblico).

Con la dottrina delle Idee, Platone aveva affermato l’esistenza di un piano superiore alla realtà, l’Iperuranio. Secondo Aristotele, l’introduzione delle Idee moltiplica inutilmente il numero degli enti, poiché pone un’idea per ciascun oggetto o per ogni qualità di cose. Dire che il rapporto fra le Idee è di partecipazione o imitazione, o che il mondo è stato costruito da Demiurgo guardando alla perfezione delle Idee, significa solo usare delle metafore e non spiegare come le Idee possano esser causa delle cose. L’essenza delle cose va individuata nella realtà concreta delle cose stesse. Aristotele respinge l’utopismo politico platonico, che sogna di avvicinare la società ad un modello ideale.
Con Aristotele il sapere è oggetto di una specifica indagine. Essa conduce alla definizione di un compiuto sistema del sapere. L’ambizione aristotelica è quella di fornire un quadro complessivo del sapere scientifico, di qui l’impegno del filosofo e dei suoi discepoli a realizzare una vera e propria enciclopedia delle scienze, in cui i saperi sono divisi in 3 gruppi: teoretiche, pratiche e poietiche.
Le scienze o discipline teoretiche(da theorìa, contemplazione, perseguono un sapere disinteressato: il loro scopo è il sapere per il sapere, per puro amore e non per altri scopi) sono:
1- La matematica, che studia i numeri e le figure geometriche;
2- La fisica (o filosofia seconda), che studia gli enti sensibili, cioè dotati di autonoma esistenza;
3- La filosofia prima (o teologia), che considera la realtà nelle sue strutture generali e nella più alta e perfetta delle sue manifestazioni: Dio.
Le discipline o scienze pratiche(da pràxis, azione), comprendenti etica e politica, riguardano la condotta dell’uomo e considerano l’agire umano e le sue finalità, cercando di individuare quale sia il bene per l’uomo e per la città, quali debbano essere le norme e i princìpi della condotta cui attenersi per avere una vita felice.
Le discipline o scienze poietiche(da pòiesis, produzione) comprendono le arti che riguardano le attività produttive. Le scienze poietiche sono quindi quelle che chiamano arti o tecniche, di cui Aristotele apprezza l’utilità, sottolineando come la tecnica consenta di fare ciò che la natura non sa fare, integrando la natura stessa.
Gli uomini per Aristotele si distinguono da ogni altro essere vivente perché sono dotati di ragione e possiedono un naturale impulso per la conoscenza. L’attività conoscitiva riceve il primo impulso dalla meraviglia, lo stupore che si prova di fronte all’infinità varietà delle cose, e si dispiega in un domandare continuo che giunge sino alle questioni più alte. Mentre però l’uomo si accontento al che della cosa, il filosofo si spinge a dare una spiegazione a quella cosa, cercando le cause e quindi il suo perché. Le scienze teoretiche sono le più elevate in quanto sono finalizzate alla pura contemplazione della verità. La filosofia prima è la più nobile e perfetta, poiché studia l’essere in quanto tale e ha per oggetto le cause prime, cioè quelle che non dipendono da altre ma sono quelle da cui le altre dipendono. Si tratta di cause prime per natura, in quanto sono le più difficili da conoscere per l’uomo ma sono anche la causa di tutto. La storia della filosofia attribuisce ad Aristotele la scoperta e l’elaborazione di un nuovo ambito della ricerca filosofica: la logica.; questo termine fu introdotto in età ellenistica, il filosofo utilizzava il termine “analitica”, riferito al procedimento (analisi o riproduzione) con cui una determinata conclusione viene giustificata, riconducendola alle premesse da cui è stata dedotta. La logica non si occupa di un qualche aspetto della realtà ma della forma dei ragionamenti validi e della dimostrazione, cioè del ragionamento di tipo deduttivo, le cui deduzioni dipendono dalla premesse. La logica non è considerata quindi una scienza, ma uno strumento per qualsiasi di essa(appunto òrganon,strumento, è il nome degli scritti logici di Aristotele). La logica aristotelica è formale, poiché non tiene conto dei contenuti del sapere e si occupa solo dei procedimenti del pensiero, dell’analisi del ragionamento. Essa si articola in due parti:
1- L’apodittica studia i ragionamenti che, muovendo da premesse vere, giungono a conclusioni anch’esse vere;
2- La dialettica studia i ragionamenti che muovono da premesse probabili e giungono a conclusioni dello stesso tipo;
La logica si occupa solo dei discorsi apofantici, cioè che affermano o negano qualcosa di qualcos’altro e che, connettendo soggetto e predicato, possono esseri veri o falsi, a seconda che questa connessione sia confermata o smentita dalla realtà. Altri tipi di discorsi, come le preghiere, le domande, i desideri o i comandi, non comportano verità e falsità e sono oggetto di studio della retorica o della poetica. La logica aristotelica rivela un legame con la filosofia prima o metafisica, in quanto ha un fondamento oncologico, cioè basato sul presupposto di una corrispondenza tra la struttura dell’essere e la struttura del pensiero.
LA FILOSOFIA PRATICA
Le scienze pratiche hanno come oggetto la condotta umana, svolta dall’etica sul piano individuale, dalla politica su quello della vita associata. L’uomo è un animale politico poiché possiede la ragione e la parola. L’unione con altri individui è necessaria in quanto essi garantiscono la sopravvivenza e consentono di organizzarsi per perfezionare se stesso. La pólis deve permettere di vivere bene, determinando una vita felice per gli individui. La natura umana si realizza dentro la società.
L’etica ha per oggetto le azioni umane, che cambiano a seconda della situazione e dell’esperienza, in rapporto alle quali si deve scegliere la condotta più opportuna. L’etica deve fornire criteri specifici per tutte le circostanze, gli uomini devono anche capire cosa devono fare per diventare buoni. L’etica per Aristotele è indipendente dalla metafisica. Esistono infatti una pluralità di cose che sono buone. Lo stagirita pensa ad un’etica individuale, in cui ciascuno realizzi tramite la ragione ciò che è bene, vivendo secondo ragione.
Le azioni umane hanno dei fini che costituiscono i beni: bene è ciò verso cui ogni cosa tende. Il bene supremo è ciò a cui tutti i beni si riferiscono: la felicità(eudaimonìa, essere protetti da un buon demone). La felicità si identifica con uno stato di costante appagamento, conseguente alla piena realizzazione di sé. L’uomo può scegliere tra una vita che mira al godimento, degna delle bestie, si diventa simili agli schiavi; di chi si impegna nella politica, perseguendo il bene dell’onore, che dipende però da altri; contemplativa, basata sulla ragione, chi lo perseguita non dipende da altri. La felicità è il frutto della ragione. Per essere felici occorrono anche i beni esteriori, quelli del corpo.
La virtù è per Aristotele l’eccellenza nell’attività che è propria di ogni sostanza: per l’uomo è l’attività razionale. Ci sono due tipi di virtù:
1- Quelle dianoetiche(da diànoia, ragione), che hanno come fine la conoscenza della verità;
2- Quelle etiche(da ethòs, costume, comportamento), che derivano dall’obbedienza della parte appetitiva ai dettami della ragione, diretti a disciplinare desideri e passioni.
FILOSOFIA PRIMA O METAFISICA
La filosofia prima o teologia è la disciplina teoretica più importante. La filosofia prima studia l’essere in quanto tante e non una sua specifica determinazione come le altre scienze. La filosofia prima è chiamata anche metafisica(dal greco, dopo la fisica). Questo nome fu coniato da Andronico di Rodi. La teologia o filosofia prima di Aristotele tratta di Dio, il principio primo, l’essenza pura ed eterna che muove l’universo. Il filosofo descrive anche la filosofia prima come la scienza dell’essere in quanto essere e di ciò che l’essere possiede per il fatto stesso che è. Così intesa, la metafisica è ontologia. Secondo Aristotele l’essere si dice in molti modi, ha cioè una varietà di significati, contro la tesi di Parmenide di Elea, secondo cui l’essere ha un significato univoco, ciò che esclude il non essere. L’essere si dice:
a- Come sostanza: ciò che è in se e che non ha bisogno di altro per esistere
b- Come accidente: ciò che è casuale, fortuito, non modifica la sostanza (Socrate può essere pallido, ma rimane sempre Socrate)
c- Come potenza: ciò che può essere, che ha la capacità di essere, ciò che sarà, e atto, che è effettivamente, quello che è adesso una sostanza
d- Come vero: l’essere vero del giudizio che corrisponde alla realtà
L’essere è la sostanza e tutto ciò che attiene alla sostanza e viene predicato di essa. La sostanza è un tode tì (questo qui). Ogni cosa è fatta di una materia, indeterminata e informe, che funge da sostrato, e di una forma, ciò che la cosa è. La sostanza è un sinolo, tutt’uno di materia e di forma. L’essenza dà ad ogni sostanza la sua identità specifica. Per esempio gli uomini sono tali in quanto accomunati dall’avere la stessa essenza umana, sono animali razionali. Il mondo delle sostanza si distribuisce su 3 livelli:
1- Sostanze sensibili corruttibili (le realtà del mondo terrestre, soggette ad ogni tipo di mutamento)
2- Sostanze sensibili incorruttibili (i cieli e i corpi celesti, composti di forma e materia incorruttibili, l’etere, che si muovono in moto circolare, non nascono e non muoiono)
3- Sostanza soprasensibili, intellegibili (le intelligenze che muovono le sfere celesti e Dio, che è a capo di questa gerarchia e pur essendo immobile, tutto muove attraendolo a sé)
La potenza è una possibilità che non è ancora realizzata, la sua realizzazione è l’atto. Un blocco di marmo in potenza è una statua, cioè ha la possibilità di diventare una statua (potrebbe essere anche una colonna ecc.). Quando il blocco marmoreo è stato scolpito in statua, esso è divenuto la statua in atto. La materia si identifica con la potenza e la forma con l’atto: l’atto è la perfezione di una sostanza, la sua realizzazione. Tutto il divenire, si spiega come un passaggio dalla potenza all’atto dell’essere in potenza all’essere in atto. C’è, in ogni mutamento, un terzo aspetto: la privazione. Il marmo prima di diventare statua è privazione della forma di statua; trasformandosi in essa assume un aspetto di cui era privo. Il seme di una pianta è quella pianta in potenza, come seme esso è un essere in atto. Potrebbe essere non solo una pianta in potenza, ma anche cibo in potenza, potendo essere anche il nutrimento per un uccello. Il passaggio dalla potenza all’atto presuppone sempre un atto. La pianta in potenza (seme) presuppone sempre a sua volta una pianta in atto.
FILOSOFIA SECONDA O FISICA
La fisica è la scienza della natura, cioè di tutte le sostanze materiali caratterizzate dal movimento. Aristotele usa i termini mutamento e movimento come sinonimi. Egli distingue 4 tipi di mutamento:
- Locale, ad esempio la caduta dall’alto di un oggetto;
- Qualitativo, ad esempio il diventar freddo di un corpo caldo;
- Quantitativo, ad esempio la crescita verso l’alto di un fiore;
- Sostanziale, ad esempio la nascita o morte di un essere vivente;
L’indagine aristotelica si estende ad ogni ambito della natura, l’impostazione della fisica è finalistica poiché la natura, per il filosofo, agisce in vista di un fine che è il bene. La fisica è quindi qualitativa e non quantitativa come la matematica, che è imperfetta e non fisica in quanto l’infinito è un principio matematico.
La natura è divisa in realtà celeste e terrestre o sublunare. La prima si estende dai cieli più lontani fino all’astro più vicino alla Terra, cioè la Luna; la seconda comprende l’intera regione sublunare, Terra compresa, che si trova al centro dell’universo. I due mondi differiscono per gli elementi da cui sono formati e il tipo di movimento che li caratterizza. I corpi terrestri sono composti da terra, acqua, aria e fuoco mentre quelli celesti da un quinto elemento, l’etere o quinta essenza. I quattro elementi si muovono per natura in linea retta, l’etere si muove di moto circolare, questo è perfetto in quanto è eterno. Ogni astro ha come principio di movimento un’intelligenza divina. Aristotele prende come modello Eudosso di Cnido: 55 sfere ruotanti sono costituite da etere e sono mosse da intelligenza divina. Le sfere ruotano l’una all’interno dell’altra, in senso diverso dall’altra, tutte attorno alla Terra, che è immobile. I pianeti ed il Sole, portati ciascuno da una sfera, ruotano intorno alla terra. Un’enorme calotta ospita le stelle fisse, che sono come infisse qui.
Le cose corruttibili hanno due moti rettilinei: uno verso l’alto e uno verso il basso. La terra e l’acqua si muovono verso il basso, l’aria e il fuoco verso l’alto. Ogni elemento ha un suo luogo naturale: al centro la terra e su livelli sovrapposti rispettivamente acqua, aria e fuoco. Ciascun elemento, se strappato dal luogo naturale, tende a tornarvi: un getto di acqua lanciato verso l’alto cade verso il basso. Il peso e la leggerezza sono qualità costitutive degli elementi.
L’esistenza di un corpo implica il dove, cioè il suo essere in un luogo. Aristotele distingue il luogo comune,che un corpo condivide con altri, e il luogo proprio,occupato solo da quel corpo. Lo spazio è la somma di tutti i luoghi occupati. Il luogo non può mai essere concepito come vuoto, in quanto se un corpo si sposta da un luogo, esso viene occupato o da un altro corpo o dall’aria. L’universo è un contenitore che però non è contenuto da nulla, è un luogo proprio e non può spostarsi.
Ogni mutamento si svolge nel tempo, che sembra essere costituito da non enti, in quanto il passato si compone di ciò che non è più, il futuro di ciò che non è ancora e il presente è un istante che non è misurabile e perciò non potrebbe essere parte del tempo. Aristotele supera questa difficoltà dicendo che il tempo è una proprietà del movimento, una realtà determinabile in relazione al movimento. Il tempo è il numero del movimento secondo il prima e il poi. Senza anima non potrebbe esserci il tempo. Il tempo è quindi connesso al divenire. L’universo essendo eterno e perfetto non è soggetto al tempo.
Il concetto di infinito non è una realtà, in quanto esso non è compiuto, è imperfetto e al di fuori di ciò c’è sempre qualcosa. In atto esiste solo il finito, perfetto in quanto compiuto, attuato e realizzato.
I fattori costitutivi delle dimostrazioni sono i termini (concetti che fungono da soggetto e da predicato in un giudizio), le preposizioni (o giudizio) e i ragionamenti (o sillogismi). Ciascun termine o concetto (uomo, saggio, non saggio, ecc.), preso a sé, non si può considerare vero o falso, poiché verità e falsità si ricava solo dalle proposizioni apofantiche, combinando i termini. I termini possono essere individuali (Tizio, Caio, questo cavallo, ecc.) oppure universali (bipede, uomo, animale, ecc.). Universali sono quei termini “atti per natura ad essere detti di più”, cioè possono essere usati per predicare qualcosa di altri termini, anche se possono fungere a loro volta da soggetto (Marco e Giovanni sono uomini (predicato). Gli uomini (soggetto) sono animali razionali.). I termini individuali possono fungere solo da soggetto ma non da predicati, poiché possono essere riferiti solo a se stessi. I termini che costituiscono le preposizioni, al di fuori della connessione soggetto-predicato, possono essere ricondotti ad un numero limitato di generi sommi che Aristotele chiama categorie. L’essere si può dire in molti modi. La classificazione aristotelica prevede 10 categorie: sostanza, quantità, qualità, relazione, luogo, tempo, situazione, avere, agire e patire. Per esempio il termine uomo appartiene alla categoria sostanza, bianco a quella della qualità, maggiore a quella della relazione. La sostanza è ciò che non è in altro né può essere detto di altro (Fido, unico e insostituibile cucciolo). Le altre categorie comprendono ciò che è in altro e viene detto o predicato di altro; permettono di esprimere sotto gli altri aspetti possibili i suoi predicati(Il colore di fido, il suo peso, a chi appartiene, dove si trova, quanti anni o mesi ha, che cosa fa, se subisce qualcosa, se possiede qualcosa e come sta). Ad un singolo uomo, che è sostanza, si possono attribuire diverse caratteristiche, affermando che è 1.70(quantità), che è bruno(qualità), è più alto di un altro(relazione), si trova in casa (luogo), in questo momento(tempo), in piedi(situazione), ha un libro(avere), che legge(azione) e con cui si diverte(passione). Come le sostanze che sono sempre soggetto, le altre categorie fungono da predicato, le sostanze sono enti reali esistenti di per sé, tutte le altre sono determinazioni dell’essere, non sono indipendenti e esistono solo nelle sostanze. L’individuo nella sua concretezza (Socrate, questo gatto, ecc.) può essere solo il soggetto è la sostanza prima, intesa nel ruolo principale. Aristotele distingue una sostanza seconda: si tratta della specie (uomo, gatto, ecc.) oppure del genere (animale) in cui è contenuta la sostanza prima e che può essere predicata di questa. Mentre la specie e il genere indicano proprietà essenziali del soggetto (che come tali non possono non appartenergli), le proprietà che pur inerendo ad una sostanza possono anche non inerirle o inerirle ad altre, sono dette accidenti.
La proposizione è l’espressione verbale del giudizio, ossia dell’atto con cui due termini (o concetti) vengono connessi nel rapporto tra soggetto e predicato. Tutte le possibili proposizioni apofantiche sono classificabili in affermative e negative, se considerate secondo la categoria della qualità, in quanto negano(Socrate non è un felino) o affermano(Socrate è un uomo) le caratteristiche qualitative di ciò di cui si parla e come particolari o universali secondo la categoria della quantità, a seconda che assumano come soggetto solo alcuni(alcuni uomini sono filosofi) oppure la totalità(tutti gli uomini sono bipedi): nel primo caso si dice particolare, nel secondo universale. Aristotele riconosce anche le preposizioni di tipo individuale (Socrate è un filosofo), in cui il soggetto è un individuo e non una classe. Le possibili combinazioni tra qualità e quantità dei giudizi danno luogo a 4 tipi di proposizione, designati da altrettanti simboli(tratti dalle prime due vocali A ed I del verbo adfirmo e dalle due vocali E ed O del verbo nego):
- (A) universale affermativa: (tutti gli uomini sono mortali)
- (E) universale negativa: (nessun uomo è immortale)
- (I) particolare affermativa: (alcuni uomini sono sapienti)
- (O) particolare negativa: (alcuni uomini non sono sapienti)
La ragione controlla e impartisce ordini alla parte appetitiva o desiderante dell’anima. Le azioni e i comportamenti virtuosi sono accomunati dalla ricerca del giusto mezzo, né troppo poco, né troppo: una via di mezzo fra due eccessi. Coraggioso è infatti chi valuta i rischi e li affronta con cognizione di causa e solo quando è necessario, non colui che non teme nulla e compie azioni azzardate o chi teme tutto. Tale medietà non è uguale per tutti e varia in base alle circostanze e agli individui. La virtù si fonda sull’abitudine, sul ripetitivo compimento di azioni di un determinato tipo. Le virtù si fondano su modi d’essere acquisiti, consolidati attraverso l’educazione e l’esercizio. La giustizia è capacità di comportarsi nei rapporti sociali e saper ripartire i beni materiali e morali nella comunità. L’amicizia non può essere obbligata e rende gli uomini buoni; quella migliore è fra uomini virtuosi.
Le virtù dianoetiche, che riguardano l’attività della ragione, sono 5: L’intelletto che riguarda le capacità di cogliere i primi principi, la scienza che deve saper cogliere da tali principi deduzioni necessarie e l’arte che deve produrre oggetti secondo delle regole. La saggezza è la capacità di riconoscere di volta in volta che cosa sia bene o male e quali siano i mezzi necessari per conseguire il bene. Il saggio sa che cosa è bene e lo mette in pratica. La sapienza, la più elevate delle virtù dianoetiche, è sintesi di intelletto e scienza, contemplazione e conoscenza di cose belle e divine. La felicità si raggiunge solo attraverso la sapienza, essendo disinteressata e rendendo simili agli dei.
Aristotele critica l’utopismo platonico, essendo inattuabile. La comunità è per lo stagirita condizione indispensabile affinché l’uomo possa sviluppare tutte le sue qualità naturali. Buon cittadino e uomo buono devono sapere e potere obbedire e comandare, soggetti alla virtù della saggezza. L’uomo è animale per natura socievole, la comunità politica è la dimensione della sua natura: solo animali o divinità, inferiori o superiori agli uomini, possono vivere al di fuori di essa. Lo stato è costituito sulla famiglia, individui associati tra loro, e sul villaggio. Lo stato è la forma più sviluppata di organizzazione sociale, deve far vivere bene e garantire la felicità ai cittadini, che non devono lavorare, in quanto il lavoro spetta agli schiavi, e devono essere liberi dalle necessità materiali. La proprietà privata, come l’autonomia degli individui e della famiglia, va tutelata: l’individuo tende a curare di più i propri interessi se non sono beni comuni, a cui si dedicherebbe meno o trascurandoli del tutto, portando la città alla rovina. Secondo l’ordine naturale delle cose, il padre deve comandare sui figli, il marito sulla moglie e il padrone sullo schiavo.
La famiglia è la prima forma di associazione tra uomini, per nutrirsi, ripararsi e riprodursi. Aristotele utilizza il termine oikìa che include il significato famiglia e casa. La famiglia è il primo nucleo di crematistica, cioè l’arte di procacciare i beni materiali. Aristotele condanna l’arricchimento illimitato. Studia per la prima volta l’economia, basata sul mercato. La comunità domestica ha origine dal rapporto tra uomo e donna e tra padrone e schiavo. Il primo è dettato dall’impulso a generare, il secondo fondato sul comandare altri che a loro volta obbediscono. Le gerarchie familiari si fondano su questi rapporti: il padre di famiglia comanda sui figli, liberi come il padre ma di età minore, e sulla moglie, che è una sorta di maschio incompleto poiché ha una razionalità inferiore rispetto a lui.
Aristotele giustifica la schiavitù affermando che alcuni uomini sono destinati a comandare, altri ad obbedire poiché non sono in grado di ragionare e di decidere. Senza la schiavitù, la società greca non esisterebbe.
Nel Liceo, Aristotele ha studiato le varie costituzioni emanate dalla città greche. Egli non accetta il superamento della città-stato, forma di associazione naturale perfetta. La pólis è fondata da cittadini: cittadini sono i liberi, maschi, che partecipano al governo come giudici o membri di un’assemblea deliberativa. Per quanto riguarda le forme di governo, riprende le tesi platoniche. La monarchia, l’aristocrazia e la politìa degenerano rispettivamente in tirannide, oligarchia e democrazia, intesa come governo dei demagoghi.
La forma migliore di governo per Aristotele è la politìa, in quanto rarissimamente o mai in città vi sono individui che sono superiori agli altri. La politìa è il giusto mezzo tra l’oligarchia e la democrazia, eccessi costituzionali. Il governo così è controllato da ceti medi, abbastanza numerosi da evitare il dominio dei soli ricchi ma agiati e quindi contrari a politiche demagogiche, che favoriscono i meno abbienti, come nella democrazia. I membri della politìa fuggono gli eccessi e hanno un governo moderato, in cui vengono considerati gli interessi dei ricchi e dei poveri, garantendo stabilità, equilibrio e ordine tra le classi.

Ileanuccia

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Messaggioda giada » 7 nov 2011, 20:12

INVIATO IL CREDITO

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