Richiesta testo sulla schiavitù

Messaggioda lullaby » 24 ago 2008, 14:27

Ciao ragazzi m servirebbe un altro testo sulla schiavitù.

La traccia è questa:
"Nel mondo antico la schiavitù era un elemento molto diffuso nella società. Parla di questa tematica ripercorrendo le tappe fondamentali della storia fino ai giorni nostri...."

Ogni idea, suggerimeto, testo o belle considerazioni sono ben accettate!!! Grazie mille in anticipo :D :D :D :D

lullaby

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Risposte:

Messaggioda Shady » 24 ago 2008, 15:48

Che tema impegnativo!
Guarda cosa ho trovato :

La schiavitù è un’istituzione molto antica: vi sono testimonianze che attestano la sua esistenza in Mesopotamia fino dal cinquemila a.C.
Il termine “schiavo” deriva da “slavo” e cominciò ad essere utilizzato nel sec. X, quando l’imperatore Ottone I vinse gli slavi e ridusse a schiavitù l’intera popolazione.
Diffusa nella maggior parte del mondo, la schiavitù ha assunto forme diverse nel corso dei secoli e a seconda delle civiltà. Fu una forma accettata e considerata essenziale al sistema economico e sociale: nella civiltà della Mesopotamia, dell’India e della Cina, schiavi che venivano impiegati nelle case come aiuto domestico, nelle attività commerciali, nelle costruzioni e nell’agricoltura. Le condizioni degli schiavi variavano notevolmente, da quelle durissime imposte dalla costituzione spartana a quelle relativamente migliori dell’Impero Romano.
In Grecia, già al tempo di Omero la schiavitù era il destino riservato ai prigionieri di guerra. Nell’antica Roma si differenziò in modo significativo rispetto al modello greco. Innanzitutto perché i proprietari ebbero più potere sugli schiavi, ma soprattutto perché il complesso sistema economico e sociale di Roma per funzionare richiese, soprattutto in età imperiale, molta più manodopera di quanta non ne fosse stata impiegata in Grecia. Le continue conquiste territoriali e la conseguente espansione dei confini resero necessario un imponente numero di schiavi per far fronte alle necessità del lavoro agricolo e delle costruzioni; il loro reclutamento avveniva soprattutto durante le guerre, quando decine di migliaia di prigionieri catturati in battaglia venivano portati a Roma come schiavi e venduti. La legislazione romana fu tuttavia la prima a contemplare la possibilità di restituire allo schiavo la dignità di uomo libero. In ogni caso, nell’antichità e in tutto il Medio Evo furono poche le voci che si levarono contro la schiavitù: la più autorevole fu quella di Aristotele che sull’argomento non esprimesse una vera condanna, ma si limitò ad invocare un trattamento più umano.
Lo sviluppo delle esplorazioni geografiche, la conquista delle Americhe da parte degli europei nel XV secolo e la successiva colonizzazione di questi territori nei tre secoli successivi diedero un grande impulso al commercio degli schiavi.
Il Portogallo fu il primo stato europeo a utilizzare schiavi, prelevati sulle coste occidentali africane, per soddisfare le necessità di manodopera interna.
Il forte aumento nella richiesta di manodopera di schiavi fu conseguenza della durezza delle condizioni che la colonizzazione spagnola impose in America latina alla popolazione indigena. Il duro lavoro nei campi, le pessime condizioni di vita e le malattie portate dall’Europa contribuirono a decimare la popolazione, che fu rimpiazzata con schiavi africani.
Nei primi anni del milleseicento nell’America del Nord, in Virginia, furono insediati i primi schiavi africani. Con lo sviluppo delle piantagioni nelle colonie del Sud, il numero degli africani importati come schiavi agricoli crebbe enormemente. Formalmente gli schiavi d’America, già prima della guerra d’Indipendenza americana, godettero di alcuni diritti, come quello all’istruzione, al matrimonio e all’assistenza medica; tuttavia, gli elementari diritti umani furono costantemente violati fino al XIX secolo.
Un importante traguardo nella battaglia contro la schiavitù fu raggiunto nel 1926 con l’adozione della “Convenzione internazionale sulla schiavitù”, promulgata dall’ONU, che proibì il commercio degli schiavi e abolì la schiavitù in tutte le sue forme. L’ONU, tuttavia, registrò l’esistenza di forme legalmente riconosciute di schiavitù in Tibet, in Abissinia e in Arabia. I valori incarnati dalla convenzione furono quindi sanciti dalla “Dichiarazione universale dei diritti umani” ratificata dall’ONU nel 1948.
Alla fine del XX secolo la schiavitù continua tuttavia ed esistere in molte forme, come sfruttamento del lavoro minorile, della prostituzione, della manodopera fornita dall’immigrazione clandestina. Nonostante l’universale condanna la schiavitù è una realtà del mondo contemporaneo, un fenomeno complesso e in continua evoluzione.
Oggi si parla di milioni di vittime che fruttano all’economia mondiale miliardi di dollari. Uomini, ma soprattutto donne e bambini sono soggetti a nuove forme di sfruttamento estremo, violazione dei diritti umani che hanno ambiti e caratteristiche diversi anche rispetto al passato. Non vi sono più catene, non esiste più il diritto legale di possedere un essere umano ma le persone sono comunque ridotte in schiavitù con l’oppressione, anche indiretta, la negazione alla libertà e soprattutto la violenza. La tratta di esseri umani è un problema su scala mondiale e consiste nel trasferimento di persone con la violenza, l’inganno o la forza finalizzato al lavoro forzato, alla servitù o a pratiche conducibili alla schiavitù. I “trafficanti” usano violenza di ogni genere per costringere le proprie vittime, nella maggior parte dei casi donne e bambini, a lavorare contro il loro volere.
Nonostante si celebri il cinquantesimo anno dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, ancora oggi uomini, donne e bambini vengono venduti come schiavi.
Un caso eclatante è quello della Mauritania. In questa ex colonia francese la schiavitù, nonostante sia stata abolita, continua ad essere all’ordine del giorno. I padroni fanno lavorare famiglie molto povere, come schiavi, in cambio del letto, dei vestiti e di un po’ di cibo.
Purtroppo la condizione economica molto fragile del paese non sembra lasciare alternativa a questi uomini che volontariamente decidono di rimanere proprietà dei loro padroni. I bambini della Mauritania, sotto i dieci anni, spesso sono venduti come cavalcatori di cammelli e sfruttati fino all’ultimo respiro. Anche negli altri paesi, soprattutto quelli sottosviluppati, la schiavitù infantile è molto diffusa come in Asia dove ci sono addirittura dei paesi che utilizzano i bambini più piccoli per collocare la miccia delle mine nelle gallerie minerarie molto strette dove un adulto non potrebbe passare. In Pakistan milioni di bambini sono schiavi nelle fabbriche di tappeti e mattoni e intere famiglie sono costrette a lavorare nelle grandi proprietà terriere in condizioni disumane e nei campi di canna da zucchero. In Uganda i bambini vengono sequestrati per combattere in guerra. L’UNICEF, inoltre, valuta che circa un milione di minorenni ogni anno viene introdotto nel commercio sessuale. A tutti questi bambini viene negato il diritto di scegliere cosa essere nella vita, di giocare e di crescere in armonia.
Incalcolabile è il traffico delle donne a scopo di sfruttamento sessuale, sia oltre che entro i confini del paese d’origine . Possiamo vederlo con i nostri occhi, ragazze straniere vendute in Italia e rese schiave del marciapiede dall’industria del sesso. Il vincolo del debito è spesso il modo in cui le ragazze vengono forzate alla prostituzione in molti paesi asiatici. Le ragazze devono lavorare per restituire il denaro preso in prestito dai genitori o da un tutore e non possono smettere di prostituirsi finché il debito non sia stato completamente estinto.
Molto difficile è la condizione delle donne che in alcuni paesi non hanno accesso alle difese legali e sono sottoposte a leggi di sottomissione, e quindi possono difficilmente avere giustizia dopo aver subito delle torture. Ad esempio in Pakistan, una donna che viene violentata, può essere processata per adulterio se non riesce a procurarsi quattro testimoni maschi che testimoniano che lei non era consenziente.
In tutto il mondo la tortura piega la dignità delle persone di qualsiasi etnia e di qualsiasi età ed è così difficile da sradicare perché ancora nelle menti di molti uomini del tutto inseriti in società e dichiarati “cittadini del mondo” esiste l’antico modello della diversità. Quindi la schiavitù non potrà mai cessare finché non impareremo che, chi ha pelle, lingua, cultura diverse dalla nostra ha comunque sangue, mente, dignità e diritto alla vita come noi.
Cosa dire poi della schiavitù elettronica che condiziona un po’ la vita di tutti noi. Si passano ore davanti alla televisione a scapito di una buona lettera e la pubblicità bombarda quotidianamente le orecchie di milioni di consumatori.
Il computer, poi, è diventato ormai un elemento quasi indispensabile per le famiglie.
Non c’è notizia o informazione per cui non si acceda al computer. Le parole software, hardware, data base, CD-Rom, chat e e-mail e molte altre sono ormai sulla bocca di tutti, dalle persone non più giovani ai ragazzi delle scuole elementari.
Quindi la schiavitù oggi è anche quella della dipendenza dalla struttura e dall’evoluzione delle nuove tecnologie.


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La schiavitù oggi

Il fenomeno della schiavitù ha avuto una grandissima importanza nella storia dell'umanità, giungendo a caratterizzare le strutture economiche e sociali di intere civiltà, sia primitive, sia evolute. Il ricorso al lavoro di un grande numero di schiavi è determinato dalla necessità di disporre di forza-lavoro a un prezzo bassissimo; l'esperienza storica dimostra tuttavia che il lavoro di schiavi è, a parità di condizioni, assai meno produttivo di quello svolto da lavoratori liberi salariati.

In campo internazionale la schiavitù venne ufficialmente condannata, come contraria ai diritti dell'uomo, dalle conferenze di Berlino (1885) e di Bruxelles (1890), dal patto della Società delle Nazioni, dalla convenzione di Saint-Germain-en-Laye (1919), dalla convenzione di Ginevra sulla schiavitù (1926) e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo dell'ONU (1948). Tuttavia, nonostante le ripetute condanne, la schiavitù ancora sussiste in alcune regioni del mondo e, inoltre, si è andata delineando nell'ultimo quarto del secolo un nuovo tipo di abuso che consiste nella tratta di donne e bambini, ridotti appunto in schiavitù, per poterli sfruttare sessualmente. In Italia sono state adottate misure legislative di protezione per le donne che vogliano sottrarsi a tale situazione (legge 3 agosto 1998 n. 269).



La schiavitù è illegale e formalmente bandita: la ‘Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo’ (1948) afferma all’art. 4, "nessuno deve essere tenuto in stato di schiavitù o servitù; la schiavitù e il traffico di schiavi devono essere proibiti in tutte le loro forme", successivamente (1956) è stata elaborata la ‘Convenzione supplementare relativa all’abolizione della schiavitù, della tratta degli schiavi e delle istituzioni e pratiche analoghe alla schiavitù’. Dal 1839 è attiva l’organizzazione inglese Anti-Slavery International (ASI) impegnata nella lotta alla schiavitù, mentre gli Stati i loro ideologi relegano la schiavitù a tutto il 1800 e ai primi del ‘900 negandone l’attuale esistenza. Secondo la stima, per difetto, di un militante dell’ASI gli schiavi mondiali, nel 2000, sono 27 milioni, ed il profitto generato dal loro lavoro ammonta a 13 miliardi di dollari. Alla base di questa schiavitù vi è una condizione di precarietà, di profondo bisogno e di povertà, mentre le aree di maggiore diffusione sono l’Asia, l’Africa e l’America Latina. Insomma il cosiddetto Terzo Mondo o paesi in via di sviluppo, il cui sottosviluppo è un prodotto dello stesso sviluppo del capitalismo. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti: in questi paesi, ma non solo in questi, i pochi ricchi diventano sempre più ricchi, mentre la stragrande maggioranza di poveri diventa sempre più povera. Il solo dato sulla divisione del reddito mondiale denota chiaramente lo stato di povertà della stragrande maggioranza della popolazione mondiale: nel 1990 il 60% della popolazione mondiale deteneva il 5,6% del reddito mondiale, il 20% ricco ne deteneva l’82,7%. Questa situazione mette a disposizione del capitale una sovrabbondanza di proletari poveri che possono entrare nella spirale della nuova schiavitù. Andiamo ora ad elencare quali sono le forme di questa schiavitù. La schiavitù da debito è la forma più comune di schiavitù: un individuo impegna se stesso e la famiglia in cambio di un prestito in denaro, ma la durata e la natura del servizio non sono definite, il vincolo non ha scadenza e si può estendere alle generazioni future. Inoltre il lavoro erogato, non pagato, non va a ridurre il debito originario che deve essere restituito.

Il 23 agosto è stata giornata internazionale contro la schiavitù. Ma gli schiavi, più o meno manifesti, sembrano non finire mai nella storia. Cosa altro sono oggi, se non schiavi, i "boat people" che continuano a solcare miseramente il Mediterraneo? E le bambine e i bambini 'arruolati' come militari da pseudo-signori della guerra? E i minori sfruttati in lavori pericolosi e non dalle multinazionali? E le donne del sud del mondo o dell'Europa dell'est sfruttate come colf illegali e malpagate nelle eleganti dimore europee? Sono forse liberi gli "yes-men" che pullulano in alcuni governi e nelle grandi aziende di tutto questo nostro mondo 'globale'?

Yanga, Zumbi dos Palmares, 'Nanny', Toussaint Louverture: in qualche modo tutti "eroi dei due mondi", eppure oggi tutti sconosciuti o quasi. E dire che nella giornata internazionale odierna scelta dall'Onu "in ricordo del commercio degli schiavi e della sua abolizione" - momento alto dell'intero 2004 dedicato allo stesso tema - dovrebbero essere più che mai i veri protagonisti. Perchè oggi?
L'Unesco, ente del Palazzo di Vetro per l'istruzione, la scienza e la cultura, in un messaggio del suo direttore generale Koichiro Matsuura, ricorda: "La data del 23 agosto si riferisce all'insurrezione che cominciò nella notte tra il 22 ed il 23 agosto 1791 nell'isola di Santo Domingo (oggi divisa tra Haiti e la Repubblica Dominicana) condotta da Toussaint Louverture, il primo generale nero. La rivolta condusse alla prima decisiva vittoria di schiavi contro i loro oppressori nella storia dell'umanità".

Shady

 

Messaggioda Arsenio » 24 ago 2008, 18:21

La schiavitù è un’istituzione molto antica: vi sono testimonianze che attestano la sua esistenza in Mesopotamia fino dal cinquemila a.C.
Il termine “schiavo” deriva da “slavo” e cominciò ad essere utilizzato nel sec. X, quando l’imperatore Ottone I vinse gli slavi e ridusse a schiavitù l’intera popolazione.
Diffusa nella maggior parte del mondo, la schiavitù ha assunto forme diverse nel corso dei secoli e a seconda delle civiltà. Fu una forma accettata e considerata essenziale al sistema economico e sociale: nella civiltà della Mesopotamia, dell’India e della Cina, schiavi che venivano impiegati nelle case come aiuto domestico, nelle attività commerciali, nelle costruzioni e nell’agricoltura. Le condizioni degli schiavi variavano notevolmente, da quelle durissime imposte dalla costituzione spartana a quelle relativamente migliori dell’Impero Romano.
In Grecia, già al tempo di Omero la schiavitù era il destino riservato ai prigionieri di guerra. Nell’antica Roma si differenziò in modo significativo rispetto al modello greco. Innanzitutto perché i proprietari ebbero più potere sugli schiavi, ma soprattutto perché il complesso sistema economico e sociale di Roma per funzionare richiese, soprattutto in età imperiale, molta più manodopera di quanta non ne fosse stata impiegata in Grecia. Le continue conquiste territoriali e la conseguente espansione dei confini resero necessario un imponente numero di schiavi per far fronte alle necessità del lavoro agricolo e delle costruzioni; il loro reclutamento avveniva soprattutto durante le guerre, quando decine di migliaia di prigionieri catturati in battaglia venivano portati a Roma come schiavi e venduti. La legislazione romana fu tuttavia la prima a contemplare la possibilità di restituire allo schiavo la dignità di uomo libero. In ogni caso, nell’antichità e in tutto il Medio Evo furono poche le voci che si levarono contro la schiavitù: la più autorevole fu quella di Aristotele che sull’argomento non esprimesse una vera condanna, ma si limitò ad invocare un trattamento più umano.
Lo sviluppo delle esplorazioni geografiche, la conquista delle Americhe da parte degli europei nel XV secolo e la successiva colonizzazione di questi territori nei tre secoli successivi diedero un grande impulso al commercio degli schiavi.
Il Portogallo fu il primo stato europeo a utilizzare schiavi, prelevati sulle coste occidentali africane, per soddisfare le necessità di manodopera interna.
Il forte aumento nella richiesta di manodopera di schiavi fu conseguenza della durezza delle condizioni che la colonizzazione spagnola impose in America latina alla popolazione indigena. Il duro lavoro nei campi, le pessime condizioni di vita e le malattie portate dall’Europa contribuirono a decimare la popolazione, che fu rimpiazzata con schiavi africani.
Nei primi anni del milleseicento nell’America del Nord, in Virginia, furono insediati i primi schiavi africani. Con lo sviluppo delle piantagioni nelle colonie del Sud, il numero degli africani importati come schiavi agricoli crebbe enormemente. Formalmente gli schiavi d’America, già prima della guerra d’Indipendenza americana, godettero di alcuni diritti, come quello all’istruzione, al matrimonio e all’assistenza medica; tuttavia, gli elementari diritti umani furono costantemente violati fino al XIX secolo.
Un importante traguardo nella battaglia contro la schiavitù fu raggiunto nel 1926 con l’adozione della “Convenzione internazionale sulla schiavitù”, promulgata dall’ONU, che proibì il commercio degli schiavi e abolì la schiavitù in tutte le sue forme. L’ONU, tuttavia, registrò l’esistenza di forme legalmente riconosciute di schiavitù in Tibet, in Abissinia e in Arabia. I valori incarnati dalla convenzione furono quindi sanciti dalla “Dichiarazione universale dei diritti umani” ratificata dall’ONU nel 1948.
Alla fine del XX secolo la schiavitù continua tuttavia ed esistere in molte forme, come sfruttamento del lavoro minorile, della prostituzione, della manodopera fornita dall’immigrazione clandestina. Nonostante l’universale condanna la schiavitù è una realtà del mondo contemporaneo, un fenomeno complesso e in continua evoluzione.
Oggi si parla di milioni di vittime che fruttano all’economia mondiale miliardi di dollari. Uomini, ma soprattutto donne e bambini sono soggetti a nuove forme di sfruttamento estremo, violazione dei diritti umani che hanno ambiti e caratteristiche diversi anche rispetto al passato. Non vi sono più catene, non esiste più il diritto legale di possedere un essere umano ma le persone sono comunque ridotte in schiavitù con l’oppressione, anche indiretta, la negazione alla libertà e soprattutto la violenza. La tratta di esseri umani è un problema su scala mondiale e consiste nel trasferimento di persone con la violenza, l’inganno o la forza finalizzato al lavoro forzato, alla servitù o a pratiche conducibili alla schiavitù. I “trafficanti” usano violenza di ogni genere per costringere le proprie vittime, nella maggior parte dei casi donne e bambini, a lavorare contro il loro volere.
Nonostante si celebri il cinquantesimo anno dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, ancora oggi uomini, donne e bambini vengono venduti come schiavi.
Un caso eclatante è quello della Mauritania. In questa ex colonia francese la schiavitù, nonostante sia stata abolita, continua ad essere all’ordine del giorno. I padroni fanno lavorare famiglie molto povere, come schiavi, in cambio del letto, dei vestiti e di un po’ di cibo.
Purtroppo la condizione economica molto fragile del paese non sembra lasciare alternativa a questi uomini che volontariamente decidono di rimanere proprietà dei loro padroni. I bambini della Mauritania, sotto i dieci anni, spesso sono venduti come cavalcatori di cammelli e sfruttati fino all’ultimo respiro. Anche negli altri paesi, soprattutto quelli sottosviluppati, la schiavitù infantile è molto diffusa come in Asia dove ci sono addirittura dei paesi che utilizzano i bambini più piccoli per collocare la miccia delle mine nelle gallerie minerarie molto strette dove un adulto non potrebbe passare. In Pakistan milioni di bambini sono schiavi nelle fabbriche di tappeti e mattoni e intere famiglie sono costrette a lavorare nelle grandi proprietà terriere in condizioni disumane e nei campi di canna da zucchero. In Uganda i bambini vengono sequestrati per combattere in guerra. L’UNICEF, inoltre, valuta che circa un milione di minorenni ogni anno viene introdotto nel commercio sessuale. A tutti questi bambini viene negato il diritto di scegliere cosa essere nella vita, di giocare e di crescere in armonia.
Incalcolabile è il traffico delle donne a scopo di sfruttamento sessuale, sia oltre che entro i confini del paese d’origine . Possiamo vederlo con i nostri occhi, ragazze straniere vendute in Italia e rese schiave del marciapiede dall’industria del sesso. Il vincolo del debito è spesso il modo in cui le ragazze vengono forzate alla prostituzione in molti paesi asiatici. Le ragazze devono lavorare per restituire il denaro preso in prestito dai genitori o da un tutore e non possono smettere di prostituirsi finché il debito non sia stato completamente estinto.
Molto difficile è la condizione delle donne che in alcuni paesi non hanno accesso alle difese legali e sono sottoposte a leggi di sottomissione, e quindi possono difficilmente avere giustizia dopo aver subito delle torture. Ad esempio in Pakistan, una donna che viene violentata, può essere processata per adulterio se non riesce a procurarsi quattro testimoni maschi che testimoniano che lei non era consenziente.
In tutto il mondo la tortura piega la dignità delle persone di qualsiasi etnia e di qualsiasi età ed è così difficile da sradicare perché ancora nelle menti di molti uomini del tutto inseriti in società e dichiarati “cittadini del mondo” esiste l’antico modello della diversità. Quindi la schiavitù non potrà mai cessare finché non impareremo che, chi ha pelle, lingua, cultura diverse dalla nostra ha comunque sangue, mente, dignità e diritto alla vita come noi.
Cosa dire poi della schiavitù elettronica che condiziona un po’ la vita di tutti noi. Si passano ore davanti alla televisione a scapito di una buona lettera e la pubblicità bombarda quotidianamente le orecchie di milioni di consumatori.
Il computer, poi, è diventato ormai un elemento quasi indispensabile per le famiglie.
Non c’è notizia o informazione per cui non si acceda al computer. Le parole software, hardware, data base, CD-Rom, chat e e-mail e molte altre sono ormai sulla bocca di tutti, dalle persone non più giovani ai ragazzi delle scuole elementari.
Quindi la schiavitù oggi è anche quella della dipendenza dalla struttura e dall’evoluzione delle nuove tecnologie.


questo è stupendo , conosco pure chi la scirtto :lol:

Arsenio

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Messaggioda lullaby » 24 ago 2008, 19:28

Grazie mille shady per l'aiuto!!! Un saluto ad arsenio che mi ha dato anche lui un bel testo!! :wink: thanks!!!

lullaby

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Messaggioda Arsenio » 25 ago 2008, 15:02

Saluti sorella, torna trovarci siamo sempre qui ! disponibili a dare una mano a tutti :wink:

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