il treno ha fischiato'???????????????

Messaggioda lorenzo95 » 25 dic 2009, 14:48

Ciao ragazzi mi servirebbe urgente la relazione sulla novella il treno ha fischiato di luigi pirandello!! LA RELAZIONE MI SERVIREBBE ABBASTANZA LUNGA!! GRAZIE IN ANTICIPO E BUON NATALE

lorenzo95

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Messaggioda jessy.7 » 9 gen 2010, 21:21

Introduzione

La novella narra un avvenimento apparente mente assurda ed incomprensibile: l’improvviso eccesso di follia di un cauto e laborioso impiegato, Bellucca, chiuso in una monotonia di giorni sempre uguali, curvo sotto il peso di sacrifici ed umiliazioni e zimbello di un capo ufficio e di colleghi insensibili; aveva ormai dimenticato che la vita era fatta anche d’emozioni, gioie, sensazioni, fantasia e desideri. Improvvisamente, però, nella sua vita in cui nulla sembrava potesse cambiare, avviene una cosa che cambia tutto. Una notte, pur essendo stremato per la stanchezza, non riesce a addormentarsi e, ad un certo punto, sente nel silenzio di quella notte il fischio di un treno che corre lontano nel buio e che distrugge la cappa opprimente sotto la quale il poveretto si trascinava da anni e che gli fa riaprire gli occhi sul mondo. L’improvvisa felicità, però, trasforma Bellucca, agli occhi degli altri, in un pazzo.

Divisione in sequenze

La prima sequenza (rigo 1-17) ha un avvio in medias res, con una situazione di squilibrio iniziale determinato da un’ evento che solo successivamente verrà chiarito. Il racconto, infatti, inizia col narrare le diagnosi riguardane il caso Bellucca: “Frenesia, encefalite, febbre celebrale, ecc.”. Solo al 17° rigo è menzionato il nome del paziente, Bellucca, che come si vedrà è il protagonista del racconto.
Nella seconda sequenza (rigo 18-21) la voce narrante spiega com’è naturalissimo l’improvvisa pazzia del Bellucca, la sua vita, dal tronde, è una impossibile, scandita dal lavoro in ufficio e dall’assistenza a tre vecchie donne, (la moglie, la suocera e la sorella della suocera) con cui è costretto a dividere l’angusta casa e i pochi soldi.
Nella terza sequenza (rigo 22-26) si ha un mutamento della prospettiva. La sera precedente il ragioniere Bellucca si era ribellato al suo capo ufficio. Ciò sembra strano in quanto il Bellucca è descritto come l’uomo “più mansueto e sottomesso, più metodico e paziente che non si potesse immaginare”. La quarta sequenza (rigo 27-40) è di tipo descrittiva narrativa; bellucca è definito, in questa sequenza, “ casellario ambulante, con tanto di paraocchi, vecchio somaro, frustato, fustigato senza pietà”. Questo paragone evidenzia l’opacità della vita del ragioniere, e la sua incapacità di risolvere una situazione tanto . nella quinta sequenza ( rigo
Il punto di vista
Nell'arco della narrazione la focalizzazione non è costante: infatti, i punti di vista vi si alternano continuamente. La novella inizia annunciandoci che il protagonista, ancora non identificato, ha dato segni evidenti di squilibrio o quantomeno d’alterazione del comportamento. In questa fase del racconto, la prospettiva, espressa prevalentemente attraverso il dialogo, è quella dei personaggi secondari: i medici, che parlano di febbre cerebrale, e i compagni di ufficio che avanzano svariate ipotesi: pazzia, encefalite, meningite. Già nella seconda sequenza però, emerge la voce del narratore (un personaggio ancora senza identità) il quale ipotizza che, "date le specialissime condizioni in cui quell’infelice viveva da tanti anni" il caso del Belluca "poteva anche essere naturalissimo" e il suo farneticare, che a tutti pareva delirio, poteva essere la "spiegazione più semplice di quel naturalissimo caso". Nella quarta sequenza ancora un mutamento della prospettiva: il narratore si fa portavoce delle valutazioni dei colleghi sulla fisionomia umana e gli antefatti della vita di Belluca ("Circoscritto… chi l'aveva descritto così? Uno dei suoi compagni d'ufficio.") e il suo giudizio si confonde con il loro. Nella settima sequenza ("Chi venne.") ritorna il punto di vista del narratore (il personaggio-testimone che già aveva orientato il lettore attraverso i fatti): a lui Pirandello affida ora il compito di rivelare, e in modi diffusi ed espliciti, la verità, spiegando il "caso" capitato a Belluca. Nella nona sequenza il narratore, rivelatosi solo ora un vicino di casa di Belluca, riferisce quanto lo stesso Belluca gli ha detto durante l'incontro all'ospizio: in questa sequenza narrativa, attraverso l'uso dell'indiretto libero, il narratore riporta il punto di vista, coincidente col proprio, del protagonista; alla decima e ultima sequenza, i propositi di Belluca per il futuro. In questa continua variazione dei punti di vista, il lettore ha tuttavia la sensazione che prevalente e definitivo è quello del personaggio-testimone, l'io narrante, che possiamo definire, per le sue caratteristiche, narratore allodiegetico. Se il punto di vista varia all'interno del racconto, unitario appare il giudizio che percorre il testo in più passaggi (nella seconda, settime e nona sequenze) e di cui è segno indicatore il superlativo "naturalissimo”. Tale giudizio, riferito alla voce narrante, rappresenta io giudizio stesso di Pirandello.
Nella novella sono assenti precisazioni geografiche, anche se si può supporre che la vicenda si svolga nel Sud-Italia. Infatti, per evidenziare il divario tra la condizione in cui vive e quella a cui aspira, Belluca cita alcune città del Nord, quali Firenze, Bologna, Torino e Venezia. Più che di luoghi è preferibile parlare di "ambienti", intesi allegoricamente: l'ufficio e la famiglia rappresentano gli obblighi e i doveri che opprimono la sua esistenza, l'ospedale, in cui si perde la propria consueta identità, il momento di transizione tra il vecchio e il nuovo stile di vita, la Siberia e le foreste del Congo, presenti solo nella fantasia del protagonista, la possibilità di evadere dalla realtà. Analizzando i tempi della novella abbiamo constatato che il tempo della storia o fabula (della durata di tre giorni) non coincide col tempo del racconto, il cui ordine presenta alcune anacronie.
Tempo della storia
La vicenda si svolge nell’arco di tre giorni. La storia ha inizio in una notte in cui si verifica l'evento motore: Belluca sente il treno fischiare. Il giorno seguente il protagonista si reca, come di consueto, al lavoro, ma questa volta non è disposto a subire le angherie del capoufficio. Ha inizio così la presunta pazzia. Quella stessa sera Belluca è internato all'ospizio dove riceverà il giorno dopo le visite dei conoscenti e del vicino di casa, che ha il ruolo di voce narrante.
Tempo del racconto
La narrazione ripercorre tutta la vicenda mediante un'ampia analessi e un'inversione temporale che si manifesta al lettore come recupero regressivo dei fatti simile ad un processo investigativo guidato da un personaggio testimone allodiegetico. La scena iniziale introduce il ricovero di Belluca in ospedale ("Farneticava. Principio di...") e le supposizioni dei colleghi d'ufficio sulle cause della "pazzia"; in seguito si apre la prima regressione analettica ("Veramente il fatto...paraocchi") in cui alla retrospezione temporalmente definita ("La sera avanti...") si affianca una specie di excursus, una parentesi narrativa sulla vita e sulla personalità del protagonista. Dopo tale analessi iterativa in cui il narratore-testimone mostra la propria pietas e benevolenza nei confronti di Belluca, il racconto riprende ("Tanto più...niente") la prima retrospezione (che si potrebbe definire retrospezione base) arricchendola con una seconda, interna ad essa, grazie alla quale si copre l'arco di un'intera giornata ("Già s'era presentato la mattina...e tutto il giorno non aveva combinato niente. La sera..."). Segue una scena dialogata tra Belluca e il capoufficio che si termina con il ricovero all'ospedale dell'impiegato che aveva sentito fischiare il treno ("Lo avevano a viva...matti"): si torna in questo modo all'inzio del tempo del racconto ("Seguitava ancora..."). Da questo punto in poi il narratore-testimone si presenta anche come personaggio della vicenda e, mentre si avvia a far visita a Belluca, i suoi pensieri si offrono come spunto per una pausa narrativa in cui egli mette a confronto il"nuovo Belluca" ("E guardava tutti...inaudite") con quella da sempre conosciuto, protagonista di una vita "impossibile" ("Non avevo veduto...mai"). La parte finale del racconto ("Ebbene signori...fischiato") riporta il discorso sul "presente" della vicenda, il terzo giorno ("Quando andai a trovarlo all'ospizio..."), quando il narratore-testimone, dopo aver stilato una breve sintesi dei giorni precedenti ("due sere avanti", "il primo giorno aveva ecceduto") e delle "specialissime condizioni in cui quel infelice viveva da tanti anni" (narrate nelle regressioni ), fornisce una spiegazione logica e razionale ("una coda naturalissima" ) alla presunta pazzia del collega ed amico.
I personaggi
Belluca è il personaggio principale della vicenda ed è caratterizzato sia direttamente ( i dialoghi, le sue descrizioni e della sua vita), sia, ma in minor misura, indirettamente (quando il lettore lo percepisce attraverso i suoi comportamenti). Grazie alle frequenti analessi e agli excursus che il narratore allodiegetico introduce nel corso del racconto, Belluca appare un uomo inetto alle gioie della vita, dedito unicamente all'adempimento dei propri doveri, succube degli ambienti che fanno da sfondo alle sue azioni: il lavoro, la fam iglia, lo spazio esterno inteso come "mondo" al di fuori di lui. In quest’ambito egli è incapace di agire secondo i desideri personali, ma si limita a mettere in atto, sebbene meticolosamente, quanto gli altri (il capoufficio) pretendono da lui, o riescono ad imporgli (le donne della famiglia). Belluca è passivo e apatico, pur essendo sempre e instancabilmente in attività. A tale vita "impossibile" segue, come "coda naturalissima", prosecuzione "naturale" di tale mostruosità, la reazione, quasi istintiva, all'evento del fischio del treno: un episodio in sé insignificante (come "un qualunque lievissimo inciampo impreveduto, che so io, d'un ciottolo per via") fa riaffiorare alla sua memoria e gli fa desiderare, se pure in un sogno fantastico, quel mondo che lo aveva sfiorato "un tempo" e che la vita lo aveva costretto a dimenticare. Il personaggio che all'interno del racconto ha il ruolo del narratore è un vicino di casa di Belluca che visita dopo il ricovero all'ospizio; la sua partecipazione alla vita del protagonista si limita a questo, appare infatti come un testimone esterno ai fatti; ma non sentimentalmente estraneo: attraverso le sue parole e la sua guida il lettore capisce e interpreta la vicenda cogliendone le motivazioni profonde, e, più ancora, la sente e la soffre insieme a lui ("E il mio silenzio era pieno di dolore.."): potremmo definirlo un testimone pensoso e commosso. Il capoufficio, i colleghi, i familiari sono tutti personaggi secondari, utili non tanto alla storia in sé quanto alla conoscenza dell'ambiente in cui Belluca vive.
Metafore
Belluca è definito "vecchio somaro, con tanto di paraocchi", è una "bestia bendata" che "girava la stanga del molino". Questo paragone evidenzia l'opacità della vita del protagonista e la sua incapacità a risolvere una situazione abbruttente. L'immagine che il paragone evoca, dell'eterno girare del somaro intorno al perno del mulino, sottolinea la condizione di perenne oppressione di una vita ripetitiva in cui al movimento del corpo corrisponde l'inerzia dell'animo. Non sarà il protagonista, sempre "mansueto e sottomesso", a vincere la sua oppressione. I paraocchi infatti non se li toglierà da solo: "pareva che i paraocchi gli fossero tutt'a un tratto caduti". Belluca non agisce in proprio, ma semplicemente re-agisce all'evento che porterà a una svolta la sua esistenza.
Altra metafora da evidenziare è quella del mostro introdotta dal personaggio narrante. L'autore afferma che non è la realtà ad essere inquietante, ma è la nostra incapacità di comprenderla, di inserirla in una struttura di causa-effetto e di necessità che ce la fa apparire "mostruosa". A differenza dei colleghi di Belluca, l'io narrante, l'unico in grado di dare un senso alle cose, riesce a "riattaccare" quell'orribile coda al legittimo proprietario. Paradossalmente la scoperta del mostro (l'intera verità) non spaventa il narratore, tutt'altro. E' l'ignoranza la vera nemica, e non la conoscenza della realtà, per quanto cruda essa possa essere (come la "prigione" di Belluca): da "mostruosa", la coda diviene "naturalissima", "qual dev'essere". Questo imperativo è sinonimo di armonia. La coda è l'unica che possa essere inserita nel mostro, è la sola che ci può sembrare giusta, lì e così com'è. Essa diventa sinonimo di un'armonica ed intonata leggerezza che è appunto la chiave di lettura per individuare la verità. Scoprendola, Belluca fa in modo che il pesante "sepolcro" che lo opprimeva venga "scoperchiato". Tutto a un tratto il protagonista si ritrova a "spaziare anelante nel vuoto arioso" grazie ad un "brivido elettrico" che gli dà la possibilità di "prendere una boccata d'aria" e di sentirsene "ebro".
La suspense
La novella "Il treno ha fischiato" suscita un particolare interesse sia per l'originalità del contenuto sia per la strategia narrativa che procede attraverso numerose analessi. Grazie a questa tecnica che informa per gradi il lettore sugli antefatti, l'autore, benché non abbia avuto la volontà consapevole di creare un racconto di suspense nel senso attuale del termine, tuttavia si è avvalso di elementi in grado di suscitare curiosità e attesa e quindi tensione e sospensione emotiva. L'enigma nasce dalla vicenda stessa di cui il lettore viene per gradi a conoscenza: l'anomalo comportamento di Belluca nel presente, la sua condotta esemplare in passato. La stessa interpretazione dei fatti, inizialmente a più voci, non chiarisce, anzi complica l'enigma. Infatti da un lato l'avvio della vicenda in medias res con le supposizioni dei colleghi sulla presunta pazzia di Belluca, dall'altro le anticipazioni del narratore-testimone che al contrario definisce "naturalissimo" il singolare comportamento del protagonista, stimolano una curiosità che nasce dal divario tra le ipotesi dei colleghi ignari e la verità a cui il narratore allude con alcune anticipazioni (indizi), ma che ancora non svela.

jessy.7

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