tesina sull'amicizia per catullo

Messaggioda devilish » 7 ott 2008, 15:51

CIAOOOO..
avevo bisogno di una mano per una tesina su catullo..
tema:L'AMICIZIA presente nelle sue poesie...

AIUTATEMI PER FAVOREEEEEEEEEEEE...

devilish

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Risposte:

Messaggioda giuliaciti » 7 ott 2008, 16:05

io ho trovato questo...
può esserti utile???



Spesso si crede che le opere latine e greche siano da considerarsi prive di attrattiva per i nostri tempi; assolutamente lontane dalle nostre vite o soltanto scoccianti e noiosi compiti per casa.
Cercando però, di studiarli per piacere e non solo per dovere si può sicuramente apprezzarli di più. Bisogna ricordare che i più grandi poeti e scrittori della nostra letteratura si nutrivano di classici, cercavano di leggere le opere meno famose, non tralasciando ovviamente quelle celebri, per capire a pieno la poetica di ogni autore. Il segreto sta nel vederli come degli uomini normali con il dono di saper scrivere e saper raccontare meglio di altri; il sentirli più “umani”, più a noi vicini, può sicuramente farli apprezzare di più.
Catullo ad esempio è un uomo che cerca conforto dalle pene amorose tra le pagine bianche del suo “libellum”; è una storia di felicità e di tormento che coglie i riflessi psicologici di ogni momento d’amore e li rappresenta con una confessione spontanea che alterna la dolcezza struggente alle esplosioni di disperazione e disprezzo. Il lettore moderno può leggervi quell’ansia, quei sentimenti di estasi e di angoscia che sono lo specchio di ogni storia d’amore. Catullo è anche un amico sincero che senza vergogna chiede a Fabullo di poter “offrire” lui il pranzo portando cibo e vino, certo che l’amico non rifiuterà. L’amicizia è resa quindi un sentimento fondamentale per l’uomo catulliano che non può resistere senza l’appoggio dei suoi amici. Anche se Catullo cerca di nascondere questo suo affetto con lo scherzo forse per pudore, si può facilmente leggere la certezza del poeta che l’amico non mancherà all’invito.
Secondo Catullo infatti, i sentimenti umani dell’amore e dell’amicizia sono stipulati e consacrati da un Patto, foedus. Questo patto ha tutta la forza e la sacralità di un accordo fatto tra due sposi in cui la potenza del sentimento lega una persona all’altra; è un patto basato sulla reciproca fiducia, sulla sicurezza di potersi aprire all’altro senza problemi.
Catullo, quindi si distacca dalla figura del civis romanus del tempo, tutto preso dalla “res publica” e dalla “civitas”. Il poeta infatti, appare più attento alle tematiche e problematiche individuali, cercando un’introspezione personale che sarà ripresa dai poeti che lo seguiranno. Catullo, infatti, faceva parte del gruppo dei “Poetae novi”, che opponevano alla letteratura tradizionale dei vasti poemi, una poesia di imitazione greca, breve, elegante, “levigata con la ruvida pomice”, ricca di spontanea espressione dei sentimenti.
Esempio magistrale di questa spontaneità si può riscontrare in un’altra lirica catulliana: quella scritta per il ritorno del caro amico Veranio. In questo componimento grande è l’esplosione del sentimento d’amicizia, afferma infatti il poeta che l’amico “vale più degli altri trecentomila amici”; la gioia è tale che il poeta si interroga se ciò che sente e vede è realtà e non sogno, si chiede, quasi con angoscia, se è davvero arrivato il suo vero amico; stupisce la bramosia del poeta nel voler riabbracciare e baciare “sugli occhi”, l’amico tornato dalla Spagna, sano e salvo, pronto a raccontare ancora una volta le proprie avventure in paesi lontani. La lirica finisce con una domanda aperta al lettore che sottolinea ancora una volta la felicità di Catullo: chiede, infatti, quanti fra gli uomini siano davvero felici come lui.
Nell’amicizia catulliana poi, si esprime a pieno il concetto di bene velle, il desiderar il bene dell’altro, senza i veli e le ombre descritte dalla lirica “Amare e Bene velle” in cui il poeta afferma che il comportamento di Lesbia, distante e scontroso, porta il poeta ad “amare magis, sed bene velle minus”, cioè ad amare, nel senso di desiderare di più, ma anche alla lenta e continua lacerazione del voler bene, che tra due amici non sembra possa accadere.
Se per Catullo l’amicizia è il sentimento che rende più felice l’uomo, per Dante appare come un’ancora di salvezza. Nel sonetto intitolato “Guido, io ’vorrei che tu, Lapo ed io”, Dante infatti, esprime il desiderio al suo grande amico e collega Cavalcanti di voler “per incantamento”, cioè per magia , essere messi in una nave, in compagnia delle rispettive donne amate, e solcare i mari in cerca di posti esotici, lontani dalle lotte politiche e sanguinose della Firenze del periodo. Quindi, gli amici, sono delle persone che comprendono e condividono esattamente i nostri sogni e ci stanno vicini nel momento del bisogno. In questa lirica tuttavia, il tema dell’amicizia è strettamente legato al tema amoroso: nella nave non devono mancare le donne amate. Tema assolutamente in armonia con lo stile stilnovistico che vedeva l’amicizia come sfumatura del sentimento amoroso.
Quanto appaiono ancora una volta a noi vicini i desideri di questi poeti? Chi è che non desidererebbe partire insieme ai propri amici, e alla donna amata, per mare su di una nave, senza una meta definita, passando il tempo a parlare e approfondire la propria conoscenza e quindi a rendere più saldo e più intenso il rapporto? Allontanarsi, seppur solo per sogno, dallo “stress” della vita di tutti i giorni?
Tutto il sonetto è intriso di un senso rilassante di irrealtà, che regala all’amicizia ancora più enfasi e profondità, in quanto traslando questo sentimento nel mondo dei sogni, universo parallelo senza tempo e senza spazio, lo rende eterno ed imperituro.
Seppur vissuti in due epoche così distanti e così diverse per la politica, la cultura ed il vivere, sia Dante che Catullo, non possono nelle loro opere non dare largo spazio all’amicizia. Si ricordi, ancora, nella Divina Commedia, la bramosia di Dante nel cercare volti o nomi conosciuti e amici nelle anime incontrate sul suo percorso di redenzione, dall’inferno al paradiso. Infatti, gli amici sono quelle persone che conoscendo i nostri lati più brutti, ci apprezzano e ci sopportano anche per questi, e che nel momento del bisogno, quando tutto ci sembra nero, loro riescono a darci la spinta per tornare a sperare, ricordandoci tutte le belle azioni fatte. Gli amici, quindi sono degli scrigni che racchiudono le nostre qualità migliori e anche quelle peggiori. Che sanno sempre perdonarci e comprenderci. Sicuramente, quando Dante, per cercare di tranquillizzare il clima politico di Firenze, è stato costretto a mandare in esilio il suo grande amico Guido Cavalcanti, questi comprese le intenzioni dell’amico.
Catullo che invece privilegiava l’aspetto intimo e metteva al primo posto i rapporti interpersonali, forse non si sarebbe mai trovato a risolvere un conflitto così doloroso.
Nasce spontaneo il confronto tra il concetto di amicizia, così magistralmente espresso da questi due autori, e quello che vediamo nella società odierna.

giuliaciti

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