LA PESTE AD ATENE (I) e (II) versione Tucidide lingua greca

Messaggioda *Bella* » 13 lug 2010, 15:46

Mi servirebbe questa versione "LA PESTE AD ATENE (I) da Tucidide..Questa versione si trova nel libro "Il nuovo lingua greca esercizi 2" e la pagina è 40 numero 45...

INIZIO:Του θερους αρχομενου Πελποννησιοι και οι συμμαχοι εσεβαλον ες την Αττικην...

FINE:...εξ Αιθιοπιης της υπερ Αιγυπτου επειτα δε ες Αιγυπτον και Λιβυην κατεβη και ες την βασιλεως γην.

Vi ringrazio in anticipo... grazieate

*Bella*

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Messaggioda giada » 13 lug 2010, 16:13

la versione sta sul nuovo lingua greca e su greco per il biennio

Subito all’inizio dell’estate i Peloponnesiaci e i loro alleati invasero l’Attica con i due terzi (delle loro forze), come (avevano fatto) anche in precedenza (li comandava Archidamo, figlio di Zeussidamo e re dei Lacedemoni) e dopo essersi accampati cominciarono a devastare la terra. Erano nell’Attica solo da pochi giorni,quando il morbo cominciò a manifestarsi per la prima volta tra gli Ateniesi, benché si dicesse che anche prima fosse scoppiato in molti luoghi, nelle vicinanze di Lemno e in altre terre, e non si ricordava che ci fosse stata da nessuna parte né una pestilenza simile (a questa), né una tale strage di uomini. I medici nulla potevano, per fronteggiare questo morbo ignoto, che tentavano di curare per la prima volta, ma morivano più degli altri, in quanto più (degli altri) si avvicinavano (ai malati), né serviva nessun altra tecnica umana; per quanto si formulassero suppliche nei templi o si ricorresse agli oracoli e a cose del genere, tutto si rivelò inutile, alla fine rinunciarono a questi tentativi, vinti dal morbo funesto.
48)Dapprima, a quanto si dice, (la peste) incominciò in Etiopia, in quella (regione) al di là dell’Egitto, poi discese anche in Egitto e in Libia e nella maggior parte della terra del re

POI SE ti servisse la 2 qui trovi il seguito

Nella città di Atene piombò impr 555e49f ovvisamente, e dapprima contagiò gli uomini al Pireo, così che da questi (cioè gli ateniesi) fu detto, che i Peloponnesiaci avevano gettato dei veleni nei pozzi, infatti là non vi erano ancora fontane.
Poi (la peste) raggiunse anche la città alta e già molto di più morivano.
Dica dunque riguardo a ciò ciascuno a seconda delle sue conoscenze sia il medico sia il profano, da che cosa era probabile che essa fosse sorta, e (dica) quali cause di un simile sconvolgimento ritiene siano capaci di avere una forza (tale da provocare) il cambiamento (dello stato di salute); io invece dirò quale fu e in base a quali sintomi uno, dopo un’attenta osservazione, sarebbe massimamente in grado di riconoscerla sapendone in precedenza qualche cosa, casomai scoppiasse una seconda volta, quei sintomi mostrerò, poiché io stesso ne fui affetto e vidi altri malati. 49) Quell’anno, come era riconosciuto da tutti, era stato, in misura eccezionale, immune da altre malattie: ma se anche uno aveva contratto in precedenza (prima dell’arrivo della peste) una qualche malattia, in ogni caso essa andava a confluire in questa.
Gli altri invece senza alcuna motivazione visibile, ma d’improvviso mentre erano sani, inizialmente erano presi da vampate di calore alla testa, arrossamenti degli occhi e infiammazioni.
E le parti interne, sia la faringe che la gola subito erano sanguinanti e emettevano un alito strano e maleodorante. E in seguito dopo questi sintomi sopraggiungevano starnuti e raucedine e in non molto tempo la malattia scendeva al petto con uno spasmo violento e ogni volta che si stabiliva nello stomaco, lo rivolgeva, e sopraggiungevano svuotamenti di bile di tutti quei generi che sono stati catalogati dai medici, e questi (avvenivano) tra grandi sofferenze.
Ai più capitavano vani sforzi di vomito che generavano, all’interno, violenti convulsioni, le quali, in alcuni, cessavano subito dopo questi, in altri invece anche dopo molto tempo.
Il corpo, all’esterno, per chi lo toccava non era troppo caldo, né era pallido, ma rossastro, livido e fiorito di piccole pustole e di ulcere; ma le parti interne bruciavano così tanto da non riuscire a sopportare le vesti, nemmeno quelle più leggere, ne altro fuorché (l’essere) nudi, e si sarebbero gettati con sommo piacere nell’acqua fredda.
E molti dei malati trascurati lo fecero davvero (gettandosi) nei pozzi, oppressi da una sete inestinguibile, ma il bere di più o di meno non comportava alcuna differenza.
E la difficoltà di riposare e l’insonnia li opprimeva continuamente. E il corpo, per tutto il tempo in cui la malattia era al suo culmine, non si logorava, ma resisteva, contrariamente a quanto ci si aspettava, cosicché o la maggior parte moriva, o al nono o al settimo giorno per effetto del calore interno avendo ancora un po’ di forza, oppure se superavano (la fase acuta) poiché la malattia scendeva nell’intestino e verificandosi un’ ulcerazione forte e contemporaneamente verificandosi una violenta diarrea, i più morivano in seguito, per la debolezza causata da essa. Infatti il male, inizialmente localizzatosi nella testa, scorreva attraverso tutto il corpo, cominciando dall’alto e se uno fosse scampato ai mali più gravi, l’affezione alle sue estremità lasciava un indizio evidente (della malattia).
E infatti il male scendeva fino ai genitali e alle punte delle mani e dei piedi, e molti sfuggivano alla malattia privati di queste e alcuni restando privi anche degli occhi.
E altri poi erano colti da dimenticanze di tutte le cose subito dopo essere guariti e non riconoscevano loro stessi e i (loro) familiari.
50.1)La natura del male infatti, che era superiore ad ogni (possibilità di) descrizione, quanto al resto, colpiva ciascuno più violentemente di quanto la natura umana potesse sopportare, ma soprattutto nel particolare seguente mostrò di essere diverso da uno dei soliti; infatti gli uccelli e i quadrupedi, quanti si cibano delle carcasse degli uomini, benché molti fossero insepolti o non si avvicinavano (ai cadaveri umani) o, se se ne cibavano, morivano.

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