Analisi secondo capitolo della Vita Nova ( Dante)

Messaggioda mavi94 » 16 set 2011, 11:09

La Vita Nova, composta da Dante intorno al 1293 in seguito alla morte di Beatrice, è il primo prosimetro in volgare italiano, ovvero un componimento che unisce parti in prosa alle parti liriche. In modo particolare nella Vita Nova è da sottolineare il tentativo di organizzare un’esperienza poetica entro un percorso unitario. Le 31 liriche presenti, appartenenti alle rime giovanili dell’autore, sono introdotte e commentate da 42 capitoli in prosa, molto brevi.
La Vita Nova si apre con la nota metafora della memoria: l’autore è come un copista che trascrive le parole scritte nel libro della memoria in nuova copia, il suo libello. In particolare egli vuole trascrivere quelle parole posto sotto una rubrica speciale che porta il titolo “Incipit vita nova”.
Il secondo capitolo narra del primo incontro con Beatrice,avvenuto quando Dante e la donna amata avevano entrambi nove anni: questo incontro, e in modo particolare l’età di Beatrice, sono espressi mediante una complessa metafora astrologica con lo scopo di conferire solennità al momento dell’incontro. Per comprendere la metafora, è necessario fare riferimento al sistema tolemaico secondo cui la Terra era ferma al centro di un universo sferico, i cieli erano strati fisicamente solidi e tra uno e l'altro erano incastonati i pianeti. L'ultima sfera era detta delle stelle fisse e costituiva il limite oltre al quale nulla esisteva se non Dio. Ora, i moti delle sfere sono di due tipi: il moto diurno ( 24) e il moto dei diversi astri ( ad esempio il ciclo della luna). Il tempo proprio della sfera del sole era un anno. Il cielo delle stelle fisse impiegava molto più tempo per realizzare la sua rotazione, di 360°, ovvero 36.000 anni. Per spostarsi di un grado invece impiega cento anni. Fatta questa premessa, Dante dice che il cielo aveva ruotato dalla sua nascita nove volte, mentre da quando Beatrice era nata il cielo si era spostato di un dodicesimo di grado: perciò se per spostarsi di un grado il cielo impiega cento anni, per spostarsi di un dodicesimo di grado ne impiega 8 anni e 4 mesi, che corrisponde precisamente all’età di Beatrice. Il primo incontro con Beatrice dunque, è nel segno del numero 9. La presenza di tale numero è ribadita con insistenza. Beatrice non è solo associata al numero nove, ma è il numero nove, poiché tale numero non significa altro che un miracolo: come esso infatti risulta dalla moltiplicazione del tre per se stesso, così il miracolo è prodotto da Dio senza l’ausilio della natura. Alla sacralità del numero si accompagna anche la sacralità del nome Beatrice, significativamente accennata all’inizio dell’opera “ la quale fu chiamata da molti Beatrice li quali non sapeano che si chiamare”. Il passo ha varie interpretazioni; in ogni caso è implicitamente messo il rilievo il significato del nome Beatrice come portatrice di beatitudine. Dante infatti riteneva, e questa era un’idea comunemente diffusa, che i nomi esprimessero l’essenza delle cose nominate. Tra i numerosi simbolismi presenti, da sottolineare anche i colori: Beatrice appare a Dante “vestita di nobilissimo colore, umile e onesto, sanguigno”, e nove anni dopo in bianchissime vesti. Tali colori sono abbinati alla virtù teologali: carità, speranza e fede, e rispettivamente rosso, verde e bianco.
L’apparizione di Beatrice fanciulla provoca in Dante fanciullo tutte le reazioni fissate dai manuali dell’amor cortese, in particolare nel De amore di Andrea Cappellano. Tuttavia, risulta evidente l’influenza del modello cavalcanti ano in relazione alla drammatizzazione: gli spiriti come personificazioni delle facoltà dell’anima e di ogni loro operazione. Tutti gli spiriti che Dante personifica parlano latino, per dare maggiore solennità alla situazione. Lo spirito della vita, che significativamente ha dimora nelle profondità del cuore tremando disse “Ecce deus fortior me, qui veniens dominabitur michi”: su tutto domina la personificazione dell’Amore, che rapidamente possesso dell’anima. Lo spirito animale, che ha sede nel cervello, rivolgendosi agli spiriti della vista mostra che la loro beatitudine è già apparsa, e infine lo spirito naturale, che ha sede nel luogo in cui si riceve il nutrimento. A differenza però del modello cavalcanti ano, non si tratta di amore-passione, ma di un amore spirituale. Infatti l’immagine di Beatrice era di una tale nobiltà che non concedeva che l’Amore, insediatosi nell’animo del poeta, lo dominasse senza il consiglio della ragione nelle cose per le quali era utile udire il suo consiglio. E qui viene posto il limite tra amore e lussuria, tema dominante che egli riprenderà nel V canto dell’Inferno, dove erano puniti “quei che la ragion sottomisero al talento

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Messaggioda mavi94 » 17 set 2011, 13:08

Attendo la vostra risposta :)

mavi94

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Messaggioda *Yole* » 17 set 2011, 14:10

grazieate hai guadagnato un credito

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