Dialogo fra Sosia e Mercurio Amphitruo PLAUTO

Messaggioda *Yole* » 3 ott 2011, 15:48

Mercurio. (a parte). Eh, eh, si sta avviando. Ora gli vado incontro. Per tutto quest'oggi io a quello lì un piede in casa non glielo faccio mettere. Ho deciso: dato che porto la sua figura, lo voglio beffare un pochetto. Del resto, come mi son preso il suo ceffo e la sua condizione di schiavo, così, vivaddio, debbo pure assomigliargli nelle azioni e nel carattere. Perciò debbo essere un farabutto, un furbaccio, un trappolone. Debbo scacciano di casa con le sue stesse armi, con la malizia. Ma che gli prende ora? Si è messo ad osservare il cielo. Mi piacerebbe vedere di che si tratta.
Sosia. Perbacco! E proprio così, non c'è dubbio! Il dio Notturno stasera dev'essere andato a letto un po' brillo. Ché, le Orse lassù non si muovono punto e la luna è rimasta là, tale e quale com'era quando spuntò; e Orione, Vespro, le Pleiadi non accennano a tramontare. Tutte là ferme le stelle, e la notte non fa posto al giorno!
Mercurio. (a parte). Continua pure come hai fatto, o Notte. Asseconda mio padre. Tu fai ottimamente un ottimo servizio all'Ottimo: è un investimento sicuro il tuo.
Sosia. Non ricordo d'aver visto mai una notte più lunga di questa, salvo quella volta che mi frustarono e mi tennero appeso per una eternità. Ma questa, perdiana, è molto più lunga anche di quella. Perbacco, mi sa che il sole si sia addormentato, dev'essersi anche lui sborniato di buono! Certo il fatto è strano. O che abbia un pochino scarnovalato a cena iersera?
Mercurio. (a parte). Ah, sì, pezzo di mascalzone? ma che ti credi? che gli dèi siano tuoi pari? Te le farò pagare io codeste parole, codeste bestemmie, arnese da forca che non sei altro. Vieni, vieni avanti, e vedrai come le bus chi.
Sosia. Ma dove sono andati a finire quei puttanieri che non vorrebbero mai dormire da soli? Questa è una notte fatta apposta per loro. Ci sarebbe tempo di fare le grandi manovre con una bagascia di quelle che si pagan salate..
Mercurio. (a parte). A sentir costui mio padre fa bene e non è uno stupido a starsene a letto scialandosela nelle braccia di Alcmena.
Sosia. Ora vado a dire ad Alcmena quello che mi ha ordinato il padrone. (scorgendo Mercurio) Ma chi è quest'uomo? A quest'ora, nottetempo, dinanzi la casa! Non mi piace!
Mercurio. (a parte). Non ho mai visto un'animella come costui.
Sosia. Mi sorge un dubbio: che quell'uomo sia intenzionato a ripassarmi le spalle.
Mercurio. (a parte). L'uomo ha paura. Mi ci voglio divertire un po'.
Sosia. Ahimè, come mi battono i denti. Costui mi farà certo un ricevimento a suon di pugni. Oh, non c'è dubbio: dev'essere una creatura sensibile:
giusto che oggi il padrone m'ha tenuto sveglio, a farmi dormire ci penserà lui stendendomi a colpi di pugni. Basta, son fritto! Santo cielo, che pezzo d'uomo, che razza di muscoli!
Mercurio. (a parte). Ora gli parlo forte. Voglio che mi senta, così gli crescerà la tremarella. (a voce alta) Sveglia, o pugni miei: è un pezzo che non fornite le grasce al mio ventre. Mi pare che siano passati cent'anni da ieri, quando quattro ne avete stesi a dormire, e tutt'e quattro nudi.
Sosia. Accidenti! Temo di dover cambiare nome: qui va a finire che da Sosia che ero diventerò Quinto. Andrò a fare compagnia a quei quattro che dice di aver acciocchiti.
Mercurio. (a parte). Forza dunque, son deciso.
Sosia. S'è tirato su il vestito. Non c'è dubbio: si prepara a menare.
Mercurio. (a parte). Non la passerà liscia, dovrà buscarle.
Sosia. Ma chi?
Mercurio. (a parte). Chiunque s'avvicina farà una scorpacciata di cazzotti.
Sosia. Dio mi guardi e liberi. Non mi va di mangiare a quest'ora. E tardi; e poi ho pranzato da poco. Perciò se hai sale in zucca, va' a regalare la tua cena ad altri che abbia fame.
Mercurio. (a parte). Mica male il mio pugno quanto a peso.
Sosia. Mamma mia, sta pesandosi i pugni!
Mercurio. (a parte). E se gli mollassi una carezzina da fargli fare un pisolo?
Sosia. Saresti il mio salvatore! Son tre notti che non chiudo occhio.
Mercurio. (a parte). Brutto affare! La mia mano non ci riesce a colpire alla stracca una mascella. Invece chi è toccato da questo pugno deve cambiare i connotati.
Sosia. Ma costui vuoi proprio sformarmi, vuoi rifarmi la faccia.
Mercurio. (a parte). Con un colpo bene azzeccato non gli dovrà restare più un osso in faccia.
Sosia. E' un miracolo se non gli vien fatto di disossarmi come una murena. Dio ce ne liberi, è uno che disossa le persone. Se mi vede, son fritto.
Mercurio. (a parte). Sento puzza di uomo! Guai a lui!
Sosia. Ohibò, sarei io a far puzza?
Mercurio. (a parte). Lontano non dev'essere; ma viene da lontano.
Sosia. Che uomo! E anche indovino.
Mercurio. (a parte). Ho il pizzicorino alle mani.
Sosia. Ah, e vorresti grattartele su di me? Va' prima a darci una ripassatina contro quel muro.
Mercurio. (a parte). Ai mio orecchio è volata una voce.
Sosia. Tutta colpa mia: avrei dovuto strapparle le ali. Fatto sta che ho una voce volante.
Mercurio. (a parte). Quest'uomo vuole da me una levata di pelo per il suo somaro.
Sosia. Ma quando mai? Dove ce l'ho il somaro?
Mercurio. (a parte). Gli ci vuole proprio un carico di mazzate.
Sosia. Accidenti! Son tutto sfiancato per via di quella nave che mi ha portato qua e ho ancora le vertigini! Vo barellando a mala pena, così a spalle leggère e tu mi vorresti fare andare col carico addosso?
Mercurio. (a parte). Chi va là? Non so chi ha parlato laggiù.
Sosia. Meno male. Non mi ha visto. Dice che ha parlato. Nonsochi. Ma io, vivaddio, Sosia mi chiamo.
Mercurio. (a parte). Da questa parte, a destra, mi pare, una voce mi percuote l'orecchio.
Sosia. Ho paura che invece della mia voce a colpirlo sarà questo busto a prendere le botte.
Mercurio. (a parte). Benone, ci siamo. Ecco che viene verso di me.
Sosia. Son tutto impaurito, non ho un'oncia di sangue in corpo. Se uno in questo momento mi chiedesse in che parte di mondo mi trovo, corpo di Bacco, non saprei che rispondere. Povero me: con lo spavento che ho ad- i dosso non mi riesce di fare un passo: E finita: gli ordini del padrone sono andati a farsi friggere, e Sosia con essi. Ma la miglior cosa è che gli parli francamente, da uomo a uomo; se gli do l'impressione di essere un individuo deciso, non mi metterà le mani addosso.
Mercurio. Ehi te, te che porti Vulcano prigioniero nel corno, dove vai?
Sosia. Ah, sei tu quello che disossa le persone? E che vuoi da me?
Mercurio. Sei schiavo o libero?
Sosia. Sono come mi pare e piace.
Mercurio. Ah, sì? davvero?
Sosia. Certo.
Mercurio. Sei la schiuma delle canaglie.
Sosia. Non è vero.
Mercurio. So io come farti riconoscere che dico la verità.
Sosia. Ma che bisogno c'è?
Mercurio. Posso sapere dove sei diretto, chi è il tuo padrone e che cosa sei venuto a fare?
Sosia. Sono diretto proprio qua e sono servo del mio padrone. Sei soddisfatto ora?
Mercurio. Ma io te la inchiavardo oggi codesta lingua, pezzo di farabutto!
Sosia. Non ce la fai. E una lingua casta, sai, e ben guardata.
Mercurio. Ah, senti lo spiritoso! Che hai da fare dinanzi a questa casa?
Sosia. Io? tu, piuttosto, che ci fai?
Mercurio. Il re Creonte vuole che di notte ci sia una guardia per ogni casa.
Sosia. E fa bene! Giusto che noi si era lontani, ha pensato per l'ordine interno. Ma ora vattene pure: gli puoi dire che quelli di casa sono arrivati.
Mercurio. Non so quanto c'entri tu con quelli di casa. Ma il fatto è che se non fili via a tamburo battente, giusto che sei uno di famiglia, ti faro un accoglienza tutt'altro che familiare.
Sosia. Ti ripeto che abito qui e sono servo di costoro.
Mercurio. E sai come? Ti farò montare in superbia oggi, se non te ne vai.
Sosia. E in che modo?
Mercurio. Perché se metto mano al bacchetto, non te ne andrai con i tuoi piedi, ma portato in portantina.
Sosia. Ma io, ripeto, in questa casa ci sono di casa.
Mercurio. Vedi? Vuoi proprio buscarle sùbito, dato che non te ne vai.
Sosia. Ma come? torno dall'estero e tu non mi vuoi fare entrare in casa?
Mercurio. Forse che è casa tua questa?
Sosia. Ma sì che lo è.
Mercurio. E allora chi è il tuo padrone?
Sosia. Anfitrione, quello che è sposato con Alcmena e che attualmente è alla guerra con l'esercito tebano.
Mercurio. Ma che vai dicendo? Come ti chiami?
Sosia. Qui a Tebe mi chiamano Sosia. Sono il figlio di Davo. Mercurio. Sei proprio venuto a cercar rogna oggi col tuo castello di menzogne e con codesto tessuto di ciurmerie. Sei davvero un monumento di sfacciataggine!
Sosia. Ma quando mai? L'unico tessuto con cui sono venuto è la tunica che ho addosso. Non ne so io di ciurmerie.
Mercurio. Vedi, sei anche bugiardo. Perché è certo che non sei venuto con la tunica, ma coi piedi.
Sosia. Sì, è logico.
Mercurio. E allora è logico che ti pigli un pugno per la tua bugia.
Sosia. No, no, per carità! Per me è logico che non lo voglio affatto.
Mercurio. Sì, è logico che non lo vuoi; ma questo "logico" è una cosa sicura, non è a tua discrezione. (gli dà un pugno).
Sosia. No, no, per carità!
Mercurio. Osi dunque affermare che sei Sosia, mentre lo sono io?
Sosia. Morto sono!
Mercurio. Questo è niente. Il meglio ha da venire. Ora dimmi: di chi sei schiavo?
Sosia. Dite. SI, perché ormai coi pugni l'hai fatta da padrone su di me, Aiuto, cittadini di Tebe, aiuto!
Mercurio. Gridi anche, pezzo di boia? Dimmi piuttosto: perché sei venuto qui?
Sosia. Perché tu avessi qualcuno da subissar di pugni.
Mercurio. Di chi sei schiavo?
Sosia. Di Anfitrione, ti ripeto: sono Sosia.
Mercurio. Visto che sei un impostore, te ne voglio dare un sacco e una sporta. Sosia sono io, non tu.
Sosia. (a parte). Magari lo fossi tu anziché io. Così sarei io a scuoterti il giubbone -
Mercurio. Che hai da borbottare?
Sosia. Non parlo più.
Mercurio. Chi è il tuo padrone?
Sosia. Fai tu come vuoi.
Mercurio. Ebbene, come ti chiami adesso?
Sosia. Come tu comandi.
Mercurio. Ma tu dicevi di essere Sosia, di Anfitrione.
Sosia. M'ero imbrogliato, volevo dire di essere socio di Anfitrione.
Mercurio. Lo sapevo bene. Perché da noi non c'è nessun servo di nome Sosia all'infuori di me. Avevi perduto la testa.
Sosia. Magari l'avessero perduto i tuoi pugni!
Mercurio. Io invece sono quel Sosia che tu da un pezzo sostenevi di essere. Sosia. Una preghiera: vorrei parlarti tranquillamente, senza pericolo di buscarle.
Mercurio. Va bene. Anzi facciamo un momento di tregua. Così potrai parlare.
Sosia. No, non parlo se non si fa pace; perché tu a pugni mi vinci.
Mercurio. Parla se devi parlare. Non ti farò male.
Sosia. Parola d'onore?
Mercurio. Parola d'onore.
Sosia. E se poi mi imbrogli?
Mercurio. Allora, che Mercurio possa subissar Sosia.
Sosia. Ascolta. Finalmente posso dirti chiaro e tondo ogni cosa. Sono Sosia, il servo di Anfitrione.

Mercurio. Ah, ricominciamo?
Sosia. No, ho fatto pace, ho stretto l'accordo e dico la verità.
Mercurio. To', prendi questo. (gli dà un pugno).
Sosia. Divèrtiti, fa' come vuoi; so bene che a pugni non posso impattarla.
Però qualunque cosa farai, corpo di Bacco, su questo non mi chiuderai
la bocca.
Mercurio. Fino a quando camperai non mi potrai impedire d'esser Sosia.
Sosia. E tu non me lo darai il benservito, non riuscirai a scacciarmi da questa famiglia! Qui non esiste un altro servo Sosia all'infuori di me. E sono io giustappunto quello che partì per la guerra con Anfitrione.
Mercurio. Quest'uomo è pazzo.
Sosia. Pazzo io? tu sei pazzo! E che, diamine! non sono io Sosta, il servo di Anfitrione? Non siam venuti stanotte con la nave dal porto Persico? Non è stato il mio padrone a mandarmi qui? Sono o non sono dinanzi a casa nostra? O non ho questa lanterna in mano? Non sto parlando? Non sono sveglio? Non mi ha or ora quest'ultimo subissato di pugni? Ah, su questo non c'è dubbio, per la miseria: ché, povero me, ho ancora le mascelle indolenzite! Ma allora di che dubito? perché non entro difilato a casa nostra?
Mercurio. Come? casa nostra?
Sosia. Proprio così.
Mercurio. Quello che hai detto or ora è tutta una bugia. Sono io Sosia, il servo di Anfitrione. Siamo venuti stanotte con la nave che è salpata dal porto Persico. Espugnammo la città dove era re Pterela, e a forza di battagliare abbiamo preso prigioniere le truppe dei Teleboi. Anfitrione di sua mano ammazzò in combattimento il re Pterela.
Sosia. (a parte). A sentirgli fare questo racconto, io non credo più a me stesso. Questo individuo ha una memoria di ferro! Si ricorda per filo e per segno tutto ciò che è successo laggiù. (a Mercurio). Ma di' un po', che cosa hanno regalato i Teleboi ad Anfitrione?
Mercurio. La coppa dove soleva bere il re Pterela.
Sosia. (a parte). Esatto! (a Mercurio) E dov'è ora la coppa?
Mercurio. In una cassetta. Sopra c'è il sigillo di Anfitrione.
Sosia. E com'è questo sigillo? dimmi.
- Mercurio. Un sole nascente con la quadriglia. Ma che mi vuoi fare l'esame, pezzo di gaglioffo?
Sosia. (a parte). Mi ha schiacciato con le sue prove. Ora ho da cercarmi un altro nome. Non so capacitarmi com'è che costui abbia potuto vedere tutte queste cose. Ma ora penso io a farlo cadere. (a Mercurio) Di' un po', se sei veramente Sosia, quando le legioni battagliavano a tutto spiano, tu che cosa facevi sotto la tenda? Se me lo dici, mi dichiarerò vinto.
Mercurio. C'era una giara di vino; io me ne riempii un orciolo....
Sosia. (a parte). L'ha imbroccata giusta!
Mercurio. Quell'orciolo di vin pretto, così com'era uscito da sua madre me lo tracannai tutto quanto.
Sosia. Ma è vero: là mi cavai la sete con quell'orciolo di vin puro. Ma questo è un miracolo! A meno che non fosse nascosto dentro all'orcio.
Mercurio. Allora come la mettiamo? Ti ho dato le prove o no che non sei Sosia?
Sosia. Tu che dici? che non lo sono?
Mercurio. Come potrei dire diversamente, se Sosia sono io?
Sosia. Ma io ti giuro per Giove di essere Sosia e di non mentire.
Mercurio. E io ti giuro su Mercurio che Giove non ti crede. Crederà piuttosto a me, senza bisogno di giurare, che a te con tutti i tuoi giuramenti.
Sosia. Se non son Sosia, chi sono allora? dimmelo tu!
Mercurio. Quando non mi andrà più di essere Sosia vuol dire che lo sarai tu. Ma finché lo sarò io, bada che le buscherai se non giri allargo, o uomo senza nome.
Sosia. E un fatto, perdiana! Quando lo guardo mi rammenta la mia figura, ché tante volte mi sono visto allo specchio. E il mio ritratto parlante. Ha cappello e vestito come quelli miei. E poi bisogna vedere come mi assomiglia: gambe, piedi, statura, capelli, occhi, naso, labbra, guance, barba, collo, tutto preciso come me. Che cosa debbo dire di più? Se ha il groppone pieno di cicatrici non c e una somiglianza più somigliante di questa. Ma no, no, non può essere: se ci penso, io sono quello che son sempre stato. Conosco il padrone, conosco la casa; e fino a questo momento son sano di mente e di senno! No, non debbo dare retta alle chiacchiere di costui. Ora busso. (si avvia).
Mercurio. Ehi te, dove vai?
Sosia. In casa.
Mercurio. Stavolta non la farai franca neanche se fuggirai via a bordo della quadriga di Giove.
Sosia. Dunque non posso neanche andare a dire alla mia padrona ciò che mi ha ordinato il padrone?
Mercurio. Alla tua padrona puoi andare a dire tutto quello che vuoi; ma alla nostra non ti permetto di avvicinarti. E bada che se mi farai uscire dai gangheri, oggi te ne andrai con le reni terremotate.
Sosia. Me ne vado, me ne vado! Santi numi, dove sono andato a finire? com'è che son cambiato? com'è che non sono più io? o forse per effetto di una distrazione ho dimenticato laggiù me stesso? Fatto sta che questo qui possiede la mia figura, tale e quale come quella che avevo prima. Mi capita in vita un onore che dopo morto non mi faranno di sicuro. Basta, ora torno al porto e racconto al padrone tutta la passata. A meno che non mi riconosca neanche lui. Lo voglia Giove.., oggi mi taglio i capelli e poi, bell'e pelato, mi metto sulla testa il cappello della libertà. (s'allontana per la via del porto).

*Yole*

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