STORIA: assolutismo, illuminismo, riv. industriale

Messaggioda lia94 » 11 nov 2011, 15:36

CAP.1
L’EUROPA DOPO IL 1648

Con la fine della guerra dei trent’anni (1648) si andò delineando un ordine geopolitico che mirava a creare fra le maggiori potenze un nuovo equilibrio.
La pace di Westfalia definì il fallimento del disegno di restaurazione imperiale degli Asburgo d’Austria e la crisi della Spagna.
Al contrario tre stati uscivano rafforzati dal conflitto:
1. L’Olanda che vedeva finalmente riconosciuta la sua indipendenza da parte della Spagna
2. La Svezia che aveva esteso i propri domini verso Pomerania e il Baltico
3. La Francia che aveva acquistato buona parte dell’Alsazia.

• Il ridimensionamento degli Asburgo
I domini asburgici erano ormai limitati ai territori di Boemia, Ungheria, Austria e di parte della Slesia. L’area dell’impero restava comunque divisa in una molteplicità di Stati.
Alla frammentazione politica si sovrapponeva anche quella religiosa: con la pace di Westfalia non solo fu confermata la libertà di culto per i protestanti luterani, ma fu estesa anche ai calvinisti.
Svanita la prospettiva di un’affermazione della potenza imperiale, gli Asburgo cercarono di concentrare l’azione sui propri domini dinastici per conseguire una maggiore coesione dei diversi territori: essa fu favorita dalla mobilitazione contro l’offensiva turca dei Balcani.
Nel 1983 il re polacco Jan Sobieski fermò l’offensiva degli ottomani e questo sancì la fine della superiorità degli turchi sulla terraferma.

• La crisi della Spagna
La Spagna d’altro canto, dopo la pace di Westfalia, fu costretta a riconoscere l’indipendenza dell’Olanda e a cedere le zone di frontiera alla Francia. Tutto ciò accadde dopo la perdita del Portogallo avvenuta nel 1640 poiché i portoghesi organizzarono un’insurrezione terminata con l’offerta della corona al principe di sangue portoghese Giovanni di Braganza.

VERSO L’ASSOLUTISMO

Nella seconda metà del seicento, il processo di rafforzamento del potere sovrano, già avviato in nazioni come Francia e Spagna, proseguì favorendo l’affermazione di monarchie e oligarchie i grado di subordinare a sé ogni centro di potere: da qui il termine di “assolutismo”, inteso come un potere centrale libero da qualunque tipo di vincolo, controllo e condizionamento.
In alcuni stati l’assolutismo non si affermò e tra i più importanti abbiamo la Polonia, l’Inghilterra e l’Olanda.

IL DISEGNO DI LUIGI XIV

Quando nel 1661 morì il cardinale Giulio Mazarino, assunse il potere Luigi XIV ma si trovò con un ì regno dissestato dalle rivolte contadine e dalla guerra dei Trent’anni. Per porre fine al disordine interno Luigi XIV decise di governare senza l’aiuto di alcun primo ministro.
Il disegno di Luigi XIV mirava, dunque, a togliere potere agli organi politici esistenti e ad affidare a funzionari di sua fiducia il controllo di ogni settore della vita pubblica. Mentre in precedenza i funzionari maggiori erano nobili che in genere ereditavano il loro incarico e quindi erano praticamente inamovibili e dipendevano dal re solo in maniera indiretta, con Luigi XIV i principali funzionari vengono scelti da lui personalmente tra i borghesi e stipendiati.
In questo modo il re sceglieva elementi fedeli a lui, ma la cosa più importante era che la loro carica dipendeva dal re che come li aveva scelti poteva licenziarli, il controllo dunque del re sui suoi funzionari diventava molto più efficace.
Agli organi che limitavano il potere regio, invece, come il parlamento, le assemblee provinciali e gli Stati generali (erano l’assemblea dei tre ceti fondamentali: nobili 1°stato, clero 2°stato e borghesia e popolo 3°stato) furono ridotte le funzioni
L’assolutismo di Luigi XIV si fondava anche sulla capacità della corona di raggiungere ogni parte del regno: il regno di Francia quindi si stava dotando di una rete di comunicazioni e di una suddivisione amministrativa dello spazio che consentisse al centro di raggiungere e tenere sotto controllo le periferie.
Luigi XIV realizzò anche una politica di espansionismo militare che portò all’esplosione di conflitti internazionali, il cui esito però fu per la Francia insoddisfacente sul piano territoriale e disastroso sul piano economico.

LE FORME DEL CONTROLLO REGIO

Per affermare la sua piena autorità, Luigi XIV si assicurò il sostegno dei ceti più potenti: l’antica aristocrazia e la borghesia commerciale e finanziaria.
Facendo costruire la reggia di Versailles il re Sole aveva molteplici obiettivi:
1. Mostrare a tutto il mondo la potenza, lo sfarzo e la raffinatezza della Francia
2. Attirando a Versailles l’aristocrazia francese egli ottiene quattro grandi risultati:
a) La controlla più da vicino
b) La rende fedele a lui grazie ai divertimenti, ai ricevimenti, agli spettacoli di corte che a Versailles c’erano incessantemente
c) La fa indebitare nei suoi confronti grazie alla vita dispendiosa di corte
d) La allontana dai loro feudi di modo che perdessero sempre più il controllo del loro territorio e tale controllo fosse esercitato dai funzionari del re.

• La politica mercantilistica di Colbert
Alla borghesia Luigi XIV offrì il sostegno della politica mercantilistica varata dal Controllore generale delle finanze Colbert.
Per favorire lo sviluppo di un’attività manifatturiera nazionale e allargare il mercato interno, Colbert emanò un’enorme quantità di provvedimenti ispirati al protezionismo (qualsiasi comportamento messo in atto dallo Stato per proteggere e incentivare l’economia nazionale es: i dazi).

• Lo sviluppo delle manifatture
Colbert dedicò particolare cura allo sviluppo e alla regolamentazione delle attività francesi.
Allo scopo di limitare al massimo le importazioni e rafforzare l’esportazione di prodotti finiti, Colbert varò una serie di importanti provvedimenti tesi alla creazione di nuove manifatture e alla salvaguardia delle qualità delle produzioni.
Si trattava soprattutto di manifatture tessili, ma cominciavano anche a svilupparsi le manifatture metallurgiche e cominciarono a svilupparsi produzioni di merci come sapone, zucchero, specchi, tabacco e imbarcazioni da cui la Francia voleva rendersi libera dalle importazioni.

• La condizione dei contadini
Nessuna delle riforme di Luigi XIV favorì un concreto miglioramento delle condizioni delle masse contadine e delle città.
I modesti incentivi all’agricoltura, nella quale Colbert non vedeva un settore economico redditizio, impedirono il progresso delle tecniche agricole e l’incremento della produzione: il mondo rurale restò così costantemente esposto ai rischi delle cattive annate, delle carestie e delle epidemie che ciclicamente colpivano le campagne francesi, provocando l’accendersi delle rivolte contro i funzionari del fisco regio.

LA REPRESSIONE DELLE MINORANZE RELIGIOSE

Analoga strategia duramente repressiva venne adottata dal sovrano contro le minoranze religiose (es: giansenisti e ugonotti) che minacciavano l’unità e la stabilità della monarchia francese.
Le dottrine gianseniste avevano avuto in Francia un’ampia diffusione. Queste riproponevano i temi più importanti della Riforma protestante come la predestinazione e l’assoluta necessità della grazia divina al fine della salvezza.
La Chiesa romana condannò ripetutamente le tesi gianseniste, ma non riuscì né a ricondurre all’ortodossia i suoi esponenti più famosi, né a riportare all’obbedienza le monache del convento di Port-Royal cioè il centro più importante del movimento.
Di fronte a questo atteggiamento di pericolosa ribellione, Luigi XIV arrivò ad ordinare la dispersione delle monache e la distruzione dell’abbazia.

• L’editto di Fontainebleau
Per eliminare definitivamente la presenza delle religioni riformate il re Sole nel 1685 emanò l’editto di Fontainebleau con il quale revocava l’editto di Nantes, nel quale si affermava la tolleranza verso i calvinisti, e obbligava tutti i francesi a praticare il culto cattolico.

LA POLITICA CULTURALE DI LUIGI XIV

L’atteggiamento del re nei confronti delle scienze, delle lettere e delle arti fu in realtà duplice: da un lato incoraggiò e gratificò artisti e uomini di scienza che celebravano con la loro opera la grandezza del re e della Francia; dall’altro perseguì, con la censura e la reclusione, tutti gli intellettuali che invece minacciavano con le loro teorie e i loro scritti la dignità della corona e della religione cattolica.
Luigi XIV destinò una parte del bilancio alla erogazione di donazioni, pensioni, rendite e premi a storici e poeti che cantavano le gesta del re di Francia; a drammaturghi, commediografi e letterati che offrivano diletto alla corte e alla famiglia reale; a scienziati, che con le loro ricerche, i loro viaggi e le loro esplorazioni accrescevano la fama della Francia nel mondo.

LA POLITICA MILITARE DI LUIGI XIV

Il re Sole ambiva a fare della Francia la padrona militare d’Europa, dato anche che disponeva di un ottimo esercito.
Questa ambizione del re francese, però, coalizzò contro di lui gran parte delle potenze europee e questo fece si che le conquiste militari francesi fossero piuttosto limitate (Strasburgo, la Lorena e la Francia contea).
Si può dunque dire che in circa cinquant’anni di guerre Luigi XIV non riportò mai vere sconfitte, ma ebbe risultati modesti.

L’ASSOLUTISMO FUORI DALLA FRANCIA

Oltre che in Francia anche in altri Stati i sovrani si impegnarono a rafforzare il proprio potere personale e a indebolire le assemblee rappresentative e le autonomie cittadine.

• L’assolutismo prussiano
Il segreto dell’assolutismo prussiano fu da una parte la fedeltà della grande nobiltà (gli Junker) al sovrano (fedeltà ricompensata con l’aumento dei privilegi e la concessione di cariche militari), dall’altro con la costruzione di un esercito moderno, numeroso e molto disciplinato.

• L'assolutismo in svezia
la svezia aveva iniziato la sua ascesa come grande potenza dell'europa settentrionale nel 1523 quando sotto la guida di Gustavo Vasa si era liberata dal dominio danese. Sotto la guida di Gustavo II Adolfo aveva realizzato un programma di espansione ai danni della russia, della polonia e della danimarca. dopo la partecipazione alla guerra dei trent'anni e la pace di westfalia, da cui usci' con notevoli vantaggi territoriali, la svezia condusse nell'area del baltico una politica dinamica e aggressiva. nel 1700 carlo XII tento' l'invasione della russia, ma subi' ripetute sconfitte sino a quando nel 1718 mori' durante la guerra contro la danimarca. la pace di stoccolma e di nystadt decreterono il declino della svezia e l'ascesa della russia.

• La Russia di Pietro il Grande
La Russia diventa una potenza assolutista moderna in pochi anni sotto la guida di Pietro il Grande, curioso e attento fin da ragazzo alle notizie che giungevano dall’Europa occidentale. Il sovrano, appena salito al trono, si recò in incognito all’estero, soggiornò a lungo in diversi paesi e tornò infine in Russia portando con sé tecnici ed esperti per impostare con i loro consigli un vasto piano di riforme e di modernizzazione, capace di avvicinare la Russia all’Europa occidentale.
Pietro il Grande rivolse la sua attenzione alle strutture burocratiche - amministrative e militari. Il personale politico-amministrativo e militare veniva scelto tra la nobiltà che fu costretta ad abbandonare i consueti modelli di vita e ad assumere abitudini occidentali (es: il taglio della barba e dei capelli tradizionalmente portati lunghi).
Anche la chiesa ortodossa russa venne sollecitata al rinnovamento: le sue strutture, l’organizzazione, le proprietà furono sottoposte a un controllo più stretto da parte dello Stato.
Infine proprio nell’ottica dello spostamento del baricentro politico della Russia verso Occidente, Pietro promosse la fondazione di una nuova città sul mar Baltico, che da lui prese il nome di Pietroburgo che dal 1708 fu la nuova capitale dell’Impero.
Quindi, grazie anche alle guerre vittoriose contro la Svezia, la Russia per la prima volta nella storia diventa una grande potenza europea che dal 1700 in poi entrerà nei maggiori conflitti che si svolgeranno in Europa.

CAP.2

LA CRESCITA DEMOGRAFICA DEL ‘700

Con il miglioramento delle condizioni di vita, delle condizioni igieniche, del regime alimentare e del trattamento delle malattie calano drasticamente due dei tre flagelli che periodicamente decimavano la popolazione cioè le carestie e le epidemie.
Ecco perché la crescita demografica del ‘700 a differenza di quelle del 1000 o del1400 non sarà seguita secoli dopo da un crollo demografico, ma tale crescita dura tutt’ora.

UNA SOCIETA’ DI CETI

La società fra il ‘600 e il ‘700 era basata su tre ceti: clero, nobiltà e Terzo stato.
Al clero spettava di pregare per la salvezza di tutta la comunità, ma anche di assistere e di educare; alla nobiltà spettava di combattere per assicurare protezione a tutta la comunità e anche di giudicare; al Terzo stato, che includeva tutta la restante popolazione, dal più ricco borghese al più povero contadini, spettava di lavorare per mantenere i primi due ceti, che proprio per l’importanza delle loro cariche, erano esentati dal pagamento delle tasse. Il ceto, quindi, era una suddivisione sociale di natura giuridica e non economica.
La società di ceti era fortemente gerarchica, in quanto la sua struttura rifletteva un sistema di valori in cui il servizio a Dio e la spada erano ritenuti superiori a qualsiasi altra attività. Proprio per questo la società era fondata sul privilegio, ossia sul fatto che i suoi membri, essendo diversi per nascita e ruolo, avessero diritto a essere trattati in maniera diversa di fronte alla legge.

• La nobiltà
Gli aristocratici differivano per esempio per origini o per grado di ricchezza, ma erano accumunati dalla trasmissione ereditaria della qualità nobiliare. I nobili dovunque godevano di esenzioni fiscali, di privilegi giudiziari ecc… La loro ricchezza era basata soprattutto sulla proprietà terriera a cui si accompagnava l’esercizio di antichi diritti signorili che garantivano potere e prestigio. Al primo figlio maggiore spettava tutto il patrimonio e questo era in dovere poi di sistemare in maniera adeguata i fratelli minori nella carriera ecclesiastica o in quella militare.
I nobili furono al centro della vita di corte contribuendo allo sviluppo delle arti e delle scienze e alla circolazione delle idee. Diedero vita a modelli e stili di comportamento che esercitarono grande influenza su tutte le altre componenti sociali.

• La borghesia
La borghesia guardava allo stile di vita aristocratico come a un modello da emulare, ma vedeva con insofferenza il permanere dei privilegi nobiliari giudicava con severità i governi che non intendevano abolire o ridurre tali privilegi.

L’ETA DEI LUMI

In questo nuovo clima sociale e culturale, prima in Inghilterra e poi in Francia, si affermò il movimento di pensiero dell’Illuminismo. La cultura del Lumi assunse in breve tempo una dimensione europea, anche se in ciascun paese le modalità, le forme e i tempi dello sviluppo furono diversi. Emerge, comunque, un tratto comune: il rifiuto del principio di autorità, in favore di un atteggiamento mentale libero e autonomo.

• La filosofia dell’Illuminismo
Il riconoscimento della funzione critica che la ragione deve svolgere all’interno della cultura in ogni suo ambito costituisce l’essenza della filosofia dei Lumi.
Essa è la negazione non solo della filosofia che si basa su verità incontestabili, ma anche della filosofia come pura teoria, come indifferenza del saggio verso la realtà.
L’Illuminista, invece, è il primo filosofo che usa la ragione come un’arma critica per denunciare e modificare errori e storture.
L’Illuminismo esprime prima di tutto la fiducia nella ragione che permette di sottoporre al giudizio critico ogni problema facendo su di esso chiarezza.
Il dovere di ogni Illuminista è liberare l’uomo dagli errori, dalle false credenze e dalle superstizioni che sono tutte forme di accettazione passiva di pensieri, valori e istituzioni tramandateci dalla tradizione.

• Il primato della ragione
L’uomo è ragione che giudica ogni cosa, anche il suo stesso pensiero e il suo stesso giudizio. Da questo punto di vista l’Illuminismo sostiene con particolare forza l’eguaglianza fra gli uomini in quanto tutti sono dotati di ragione. Quindi gli Illuministi sostengono che seconda natura e secondo ragione gli uomini sono tutti uguali.
A questo puto gli Illuministi devono rimuovere tutti gli ostacoli creati dall’ignoranza e dai pregiudizi per poter instaurare il regno della ragione che si basa sul carattere divulgativo e sulla profonda fiducia nel progresso.

• L’Encyclopédie
La cultura illuminista vuole cessare di essere privilegio di pochi per diventare patrimonio condiviso da tutti. In questo contesto si inserì la più grande opera di divulgazione del sapere prodotta dall’Illuminismo l’Encyclopédie ideata da Diderot e da d’Alembert.
La pubblicazione dei diciassette volumi di voci e dieci di tavole illustrative andò incontro a molteplici difficoltà, attacchi e interventi censori, suscitati dal contenuto innovativo e spregiudicato dell’opera.
La luce gettata sugli errori del passato diede slancio all’impegno per creare un mondo migliore, più razionale, più giusto e più felice.
A questo proposito venne introdotta dagli Illuministi la nozione di “felicità pubblica”, intesa come una condizione terrena e tangibile di benessere collettivo.

• Il pensiero politico
In nome della ragione, i filosofi illuministi condussero una battaglia dai toni accesi e polemici contro il dispotismo dei sovrani assoluti e la pretesa di un diritto divino dei re. Gli illuministi ritenevano che in passato esistesse un diritto naturale che riconosceva a ogni uomo il diritto alla vita, la libertà di pensiero e il diritto di proprietà. Lo Stato civile nasce, dunque, per tutelare i diritti naturali di ogni uomo, usando la forza della collettività per difendere la persona e i beni di ognuno.

• Montesquieu
Secondo Montesquieu il solo governo capace di proteggere i sudditi da abusi e ingiustizie è quello che previene ogni pericolosa concentrazione di poteri in un solo individuo, attribuendo i poteri a organi diversi.
Grazie alla divisione dei poteri, che fu fondamentale perché fu la base dei regimi parlamentari ed in seguito della democrazia, e all’equilibrio dei poteri si creava un sistema politico che poneva i sudditi al riparo dagli abusi del potere e offriva a coloro che avevano subito un torto la possibilità di far valere i propri diritti.
La dottrina politica di Montesquieu trovò l’applicazione solo in Inghilterra.

• Rousseau
Come alternativa politica Rousseau prospettava una democrazia diretta, dove i cittadini (uguali nei diritti e nei doveri) fossero depositari della sovranità e dove i sovrani e i magistrati fossero funzionari delegati dal popolo per dare esecuzione alla volontà popolare.
Principio ispiratore dello Stato democratico, secondo Rousseau, è la sovranità popolare.
Per Rousseau il bene della collettività era più importante di quello di un singolo individuo.
La dottrina politica di Rousseau trovò applicazione in un periodo della rivoluzione francese, cioè il periodo giacobino.

• Voltaire
Voltaire era contrario sia all’assolutismo dispotico sia alla democrazia popolare. Era invece favorevole a quella forma di collaborazione tra sovrani e illuministi che verrà definita dispotismo illuminato.
Voltaire crede che il popolo non sia in grado di scegliere il vero bene per la nazione cosa che invece è possibile al sovrano, se quest’ultimo sarà in grado di ascoltare degli illuministi e operare con determinazione e autorità in nome della felicità dei sudditi.
Quella di Voltaire fu la dottrina politica più seguita nel ‘700 perché ci furono vari esempi di assolutismo illuminante.


• La riflessione sulla religione
Fin dall’inizio l’Illuminismo fu molto polemico nei confronti delle grandi religioni storiche dell’umanità cioè ebraismo, cristianesimo e islamismo, fino ad arrivare a definire Mosè, Cristo e Maometto i “tre impostori”.
In primo luogo, l’Illuminismo mise radicalmente in crisi il concetto stesso di Rivelazione divina perché non riconoscevano altro criterio di verità se no la ragione e l’esperienza.
In secondo luogo accusavano le religioni di essere state complici del potere politico e di aver contribuito a mantenere gli uomini nella schiavitù e nell’ignoranza.
In terzo luogo, secondo gli illuministi, l’esaltazione della trascendenza che ogni religione compie è in realtà una negazione della bellezza e delle potenzialità della vita terrena, che invece si devono perseguire.

• Deismo
Il deismo, nel quale si riconoscevano la maggior parte degli illuministi, riteneva che alla base delle diverse religioni storiche ci fosse una religione naturale, fondata su poche verità razionali conosciute da tutti gli uomini come ad esempio l’esistenza di un Essere superiore.
Tutto ciò che le religioni storiche, nel corso della storia, hanno aggiunto a questo semplice nucleo razionale, come dogmi, culti e gerarchie ecclesiastiche, viene considerato dagli illuministi come cose inutili e dannose.

LE MAGGIORI POTENZE DEL ‘700

La Francia e l’Inghilterra, nel XVIII secolo, andarono accentuando l’antagonismo che le opponeva sin dal secolo precedente e che le aveva viste rivali nelle imprese coloniali e nelle guerre condotte da Luigi XIV.

• L’Inghilterra della monarchia parlamentare
Sul trono d’Inghilterra, si insediò, a partire dal 1714, la dinastia degli Hannover. Alla guida della nazione stava la classe dirigente cioè una potente oligarchia basata sui titoli nobiliari e sulle ricchezze accumulate con i traffici commerciali. In Inghilterra non esistevano né le rigide barriere di ceto che dividevano aristocratici e borghesi né le norme che impedivano ai borghesi di esercitare le attività mercantili e finanziarie.
Il parlamento ribadì la centralità del proprio ruolo, sia affermando i criteri per la successione al trono, sia ottenendo nel 1716 la promulgazione di una legge che fissava in sette anni la durata di un parlamento eletto. In questo modo veniva sottratta al re la facoltà di determinare la vita dell’assemblea parlamentare.
In Inghilterra si ha infine una grande innovazione cioè quella dei giornali che informavano periodicamente la parte di popolazione che non era analfabeta creando quella che poi diventerà l’opinione pubblica, che spesso critica il governo.

• L’assolutismo francese dopo Luigi XIV
Paradossalmente proprio in Francia, da cui era partito e in cui si era sviluppato il movimento illuminista, nel ‘700 non ci furono riforme significative. L’immobilismo di Luigi XIV e di Luigi XV non fecero che esasperare le tensioni che c’erano nella società francese e preparare il terreno alla rivoluzione che scoppierà a fine secolo.

UNA FASE DI GUERRE

Lo scopo delle guerre condotte nel ‘700 fu il mantenimento dell’equilibrio fra le grandi potenze, al fine di evitare ogni nuovo tentativo di egemonia di una nazione sul territorio europeo. In nome dell’equilibrio verranno condotte numerose guerre il cui scopo sarà la ridefinizione dei confini tra gli stati.

• La guerra di successione spagnola
La guerra di successione spagnola era stata provocata dall’estinzione del ramo iberico della dinastia asburgica con la morte di Carlo II (1700).
L’imperatore d’Austria Leopoldo d’Asburgo e il re di Francia Luigi XIV avevano già avviato trattative per una spartizione dei domini della corona spagnola, ma quando, all’apertura del testamento, si scoprì che Carlo II aveva nominato come suo erede Filippo Borbone duca d’Angiò, nipote di Luigi XIV, la Francia riconobbe subito la legittimità della successione, impugnata invece dall’Austria che oppose Carlo d’Asburgo, figlio dello stesso imperatore Leopoldo.
Il pericolo che Filippo potesse in seguito assumere sia la corona di Spagna sia quella di Francia, scatenò un lungo conflitto in cui furono coinvolte tutte le grandi potenze europee.
Il conflitto terminò quando nel 1711 morì l’imperatore d’Austria Giuseppe I d’Asburgo, il cui trono poteva così essere occupato dal fratello Carlo d’Asburgo, pretendente al trono spagnolo, con il nome di Carlo VI.
La pace di Utrecht e quella di Rastadt (1713-1714) sancirono la spartizione dei domini spagnoli in Europa e la fine dell’egemonia spagnola in Italia con il conseguente ampliamento di quella asburgica.
Carlo VI d’Asburgo ottenne il Belgio e il Lussemburgo, Milano, Napoli e la Sardegna. Il ducato di Savoia ottenne la Sicilia che pochi anni dopo fu ceduta all’Austria in cambio della Sardegna.

• La guerra di successione placca e la pace di Vienna
All’origine del conflitto vi fu nel 1733 l’elezione di Stanislao Leszczynski, suocero di Luigi XV di Francia, alla carica di re di Polonia.
Temendo ingerenze francesi nei delicati equilibri dell’Europa Orientale, Austria e Russia occuparono militarmente il territorio polacco imponendo sul trono Augusto III di Sassonia.
Le operazioni militari si svolsero soprattutto in Italia.
Solo nel 1738, dopo cinque anni di guerra, si giunse alla pace di Vienna, che confermò Augusto III sul tono di Polonia, mentre a Stanislao Leszczynski venne attribuita la Lorena, che dopo la sua morte passerà ai francesi; al marito di Maria Teresa d’Austria toccò il Granducato di Toscana, dove nel 1737, con la morte di Gian Gastone de’Medici si era estinta la dinastia; a Carlo di Borbone, che aveva sconfitto gli austriaci nell’Italia meridionale, toccarono il Regno di Napoli e la Sicilia; all’Austria venne infine confermato il possesso della Lombardia.
La spartizione che le grandi potenze operarono sull’Italia indicavano la debolezza del paese che era considerato solo come merce di scambio.

• La crisi dinastica austriaca
alla morte di carlo VI nel 1740 la corona autriaca doveva passare alla figlia Maria teresa a favore della quale carlo VI nel 1716 aveva emanato una legge dinastica "la pragmatica sanzione" che indicava la figlia come successore in mancanza di eredi maschi. tale successione fu pero' contestata dai ddiversi sovrani europei che intendevano approfittare della crisi austriaca per trarne vantaggi territoriali. l'austria riusci' nel conflitto a difendere il proprio territorio dai francesi e il conflitto si estese anche alle colonie dell'america settentrionale e centrale dove la rivalita' tra francesi e inglesi era molto forte e si concluse nel 1748 con la pace di acquisgrana. i maggiori vantaggi furono per la prussia che ottenne il possesso della slesia e maria teresa fu riconosciuta legittima erede dei domini paterni.

• La guerra dei sette anni
La pace di Aquisgrana del 1748 non chiuse il conflitto franco-inglese e così ebbe inizio la guerra dei sette anni caratterizzata dal cosiddetto rovesciamento delle alleanze, in quanto Francia e Austria tradizionalmente avversarie, si ritrovarono a combattere insieme contro la Prussia, che ebbe l’appoggio dell’Inghilterra.
Lo svolgimento della guerra in Europa vide la Prussia inizialmente vincitrice sia contro la Francia sia contro l’Austria, ma in difficoltà contro la Russia. A causa della morte della zarina Elisabetta II, figlia di Pietro il Grande, portò la Russia a un rovesciamento delle alleanze portandosi dalla parte della Prussia.
Con la pace di Hubertsburg del 1763 si riconfermarono i confini degli stati come erano prima della guerra.

• Il fronte fuori d’Europa
L’Inghilterra sotto William Pitt affrontò con decisione il suo impegno bellico. Egli concentrò lo sforzo militare antifrancese nell’America settentrionale, nelle Antille e in India, cogliendo importanti successi.
Con la pace negoziata a Parigi nel 1763, la Francia dovette cedere all’Inghilterra il Canada, la Louisiana, le isole delle Antille e gli scali commerciali sulle coste africane e indiane.
L’Inghilterra da questo momento divenne la più grande potenza del mondo.

L’ETA’ DELLE RIFORME

A causa delle varie guerre e delle conseguenti spese militari che avevano spossato le finanze pubbliche dei vari paesi coinvolti nelle guerre, i governi dovettero cercare nuove forme più sistematiche e allargate di esazioni fiscali.
Nella stagione dell’assolutismo riformatore si configurò il tentativo dei sovrani di conciliare la centralizzazione di un potere e le esigenze di modernizzazione dei loro stati.
Le riforme agirono in primo luogo sulle strutture burocratico-amministrative degli stati. In questo quadro si inserì l’iniziativa di far eseguire il catasto cioè un censimento sistematico delle proprietà fondiarie (catasto rurale) e immobiliare (catasto urbano) con i relativi valori economici.
Questo serve per avere sott’occhio da parte dello Stato la situazione economica almeno per quanto riguarda gli immobili della popolazione per poter provvedere ad una tassazione sistematica e razionale.
Altre iniziative furono volte a limitare o ad abolire i privilegi riconosciuti alla chiesa.
Molteplici sforzi furono indirizzati al rinnovamento della vita economica, favorendo le attività produttive e la libera circolazione delle merci.

MODELLI DI DISPOTISMO ILLUMINATO

• Federico II di Prussia
Era considerato il despota illuminato per antonomasia. Federico II continuò l’opera di potenziamento dell’esercito e di espansione militare verso i territori confinanti avviata dai suoi predecessori. Fece anche importanti iniziative legislative come ad esempio la riforma del codice penale e dell’amministrazione.

• Giuseppe II d’Austria
Anche Giuseppe II d’Austria si ispirò ai principi del dispotismo illuminato.
Emblematico fu l’editto di tolleranza del 1781 con cui riconobbe i diritti dei suoi sudditi non cattolici, primi fra tutti gli ebrei. Egli avviò anche importanti riforme in senso giurisdizionalista. Questa politica che prese da lui il nome “giuseppismo” venne indirizzata conto la proprietà ecclesiastica.
Intervenne anche in altri settori della vita civile come nell’ambito dell’istruzione, dell’economia, soppresse la servitù della gleba ed emanò un codice penale basato sul principio della parità dei sudditi di fronte alla legge.

• Caterina II di Russia
Caterina II di Russia fu una sovrana che si ispirò all’assolutismo illuminato e progettò importanti riforma, ma non riuscì ad attuarle sia per rivolte interne sia per l’opposizione dei nobili.
LE RIFORME NEGLI STATI ITALIANI

Anche gli stati italiani conoscono nel ‘700 un periodo di riforme soprattutto quelli direttamente o indirettamente governati dagli austriaci cioè la Lombardia e la Toscana. In Lombardia grazie a Maria Teresa d’Austria si attua il più preciso catasto allora esistente. In Toscana si attua il codice penale più avanzato d’Europa. Nel resto d’Italia le riforme sono meno incisive.

CAP.3

I CAMBIAMENTI DELLE CAMPAGNE

Per far fronte alle esigenze alimentari di una popolazione in fase di espansione demografica era necessario aumentare la produzione agraria. In quasi tutta Europa lo scopo venne raggiunto applicando un modello estensivo di agricoltura, cioè senza alcun significativo aumento della produttività, ma semplicemente ampliando le superfici coltivate e sfruttando più a fondo il lavoro contadino. Nella restante parte dell’Europa, invece, venne applicato un modello intensivo di agricoltura realizzando profonde trasformazioni delle tecniche e degli usi agrari, segnando il passaggio a un nuovo modello di agricoltura.

• Dagli “openfields” alle “enclosures”
Tradizionalmente esistevano in una tenuta agricola diversi spazi che non erano sfruttati dal padrone o per conto suo, ma erano aperti a tutto il villaggio che se ne serviva per la pesca, per fare legna ecc…
Questo garantiva la sopravvivenza dei contadini più poveri, ma sottraeva al padrone parte delle proprie terre.
Per questo motivo in Inghilterra nel ‘700 vennero progressivamente abolite queste terre comuni chiamate “openfields” e furono recintati i campi padronali che vennero chiamati “enclosures”.
In questo modo il padrone sfruttava per intero e più intensamente le proprie terre.

• Il “sistema di Norfolk”
Altrettanto importante nella rivoluzione agraria del ‘700 fu l’introduzione di nuove tecniche agronomiche, tra cui la più importante fu sicuramente l’abbandono del maggese e l’adozione di nuove rotazioni delle culture.
L’abolizione del maggese fu, dunque, resa possibile dall’immissione nella rotazione agraria di nuove colture che, oltre a non impoverire il terreno, consentivano di ottenere foraggio per gli animali. Erano le cosiddette “colture a sovescio”, cioè piante di foraggere e leguminose, le cui radici, penetrando a fondo nel suolo, assorbivano le sostanze chimiche del terreno a un diverso livello e in diversa misura dai cereali, così che la loro azione combinata non aveva effetti di impoverimento.

LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

L’Inghilterra del ‘700 fu il paese in cui la rivoluzione agraria conobbe l’espansione maggiore e gli effetti più ampi, ma fu anche il paese in cui prese avvio un grandioso sviluppo economico. Tale fenomeno costituisce la cosiddetta “rivoluzione industriale”, ovvero l’avvio del processo di industrializzazione che dall’Inghilterra si sarebbe poi esteso all’Europa e al mondo intero.
Una serie di innovazioni tecniche, introdotte nella lavorazione del cotone, furono all’origine della svolta che determinò il superamento della manifattura e la nascita del sistema di fabbrica., cioè di un nuovo modo di produrre basato su alcuni elementi fondamentali, come l’uso di macchine in alternativa al lavoro umano, l’impiego di fonti di energia sostitutive a quella animale ecc…

• Perché la rivoluzione industriale avvenne proprio in Inghilterra?
L’Inghilterra del ‘700 disponeva dei quattro elementi fondamentali per avviare il passaggio al capitalismo e cioè: le materie prime (sia di tipo energetico, come il carbone, sia materiale da trasformazione, come la lana); la forza lavoro; il mercato; i capitali da investire (erano prodotti dalla rivoluzione agraria che aveva dato ai latifondisti soldi in quantità da reinvestire). L’Inghilterra era anche la patria di James Watt che inventò la macchina a vapore e si trovava in una posizione che aveva sempre favorito gli scambi commerciali.

• l’incremento demografico
L’aumento della popolazione creò una grande quantità di manodopera disponibile a essere impiegata a basso costo in nuove imprese produttive. La maggior parte della popolazione inglese, a differenza degli altri paesi, era concentrata nelle città che erano dei veri e propri nodi dell’attività economica.

• il commercio internazionale
Grazie alla grande disponibilità di materie prime a basso costo l’Inghilterra creò un vero e proprio impero coloniale che aveva contribuito ad aprire ulteriori mercati per le manifatture inglesi che si dimostravano in grado di soddisfare la domanda di merci di largo consumo e a basso costo provenienti dalle aree extraurbane.

• lo sviluppo delle manifatture
Nel ‘700 in Inghilterra vengono abolite le corporazioni il che favorisce un lavoro meno qualificato, ma a prezzo molto più basso.
Accanto alle manifatture nelle quali erano concentrati molti operai, la produzione tessile faceva ampio ricorso al lavoro a domicilio nelle zone rurali, ma questo sistema detto putting-out system, non era sufficientemente flessibile rispetto all’aumento della domanda di prodotti, generata dalla crescita demografica.
Per questi motivi molti imprenditori decisero di prendere in affitto un capannone dove riunire macchinari, uomini e materie prime (la moderna fabbrica) che avrebbe da lì a poco soppiantato l’industria a domicilio, spostando la produzione dalle campagne alle città e la maggioranza dei lavoratori dall’agricoltura all’industria.

• la disponibilità di capitali e le infrastrutture
Grazie al dinamismo dei settori produttivi e commerciali, gli ambienti finanziari erano disposti a investire capitali ed energie nella costruzione di strade, ponti, porti e canali navigabili,che riuscirono a ridurre anche della metà i costi e i tempi di trasporto delle merci.
Ingenti capitali furono investiti anche nello sfruttamento minerario e nella gestione di compagnie mercantili.

• il telaio di Cartwright e la nascita della fabbrica
Fu solo con l’invenzione del telaio meccanico da parte di Cartwright che il processo produttivo del cotone poté dirsi interamente meccanizzato. Nasceva così la fabbrica moderna dove l’imprenditore riuniva macchine, materie prime e manodopera. L’attività all’interno della fabbrica era basata sulla divisione del lavoro per cui a ogni operaio era affidato un compito ben preciso. Motore della meccanizzazione fu dapprima la forza idraulica poi quella a vapore grazie all’invenzione della macchina a vapore da parte di James Watt. Da questa invenzione nasce il treno nel 1814. L’applicazione del vapore favorì la crescita di grossi centri industriali che si concentravano nelle zone più ricche di materie prime, nei pressi dei porti ecc…

• l’industria siderurgica e lo sviluppo tecnologico
Oltre alle industrie tessili si svilupparono anche le industrie siderurgiche che dovettero, però, superare notevoli difficoltà tecniche e sperimentare efficaci innovazioni per aumentare la propria capacità produttiva. I diversi problemi furono risolti con l’impiego del carbone fossile arrostito il cosiddetto coke.

• la ferrovia
Nel 1814 il minatore George Stephenson costruì il prototipo della locomotiva montandolo sul carrello della miniera. Nel 1860 l’Inghilterra era già coperta da una rete ferroviaria lunga 10000 miglia. Oltre ad essere uno straordinario mezzo di comunicazione e trasporto per uomini e merci, la ferrovia divenne anche un potentissimo traino per il successivo sviluppo industriale, dato che la sua costruzione richiedeva una grande quantità di ferro e carbone.
L’ALTRO VOLTO DEL PROGRESSO

Nei primi decenni dell’800 i lavoratori dell’industria, più che esprimere le loro opinioni, cercavano di gridare la loro protesta perché erano sfruttati e poco tutelati.
Nel 1792 nacque la prima associazione politica dei lavoratori la Corresponding Society: essa si proponeva come obiettivi il suffragio universale e il ritorno annuale del parlamento. Alla società aderirono artigiani, piccoli negozianti, ecc…
Il suo attivismo fu tuttavia circoscritto all’area londinese e ai gruppi di operai e artigiani che costituivano la fascia più elevata dei lavoratori.

• le leggi contro l’associazionismo operaio
Con il pretesto della guerra contro la Francia rivoluzionaria prima e napoleonica dopo furono emanate leggi eccezionali. Nel 1795 il parlamento emanò una legge che estendeva in maniera indiscriminata il reato di tradimento della patria, rendendolo applicabile anche al caso di agitazioni operaie.
Come conseguenza negli anni successivi si intensificarono le agitazioni e si affermò il luddismo, un movimento di protesta che con azioni violente distruggeva le nuove macchine tessili, ritenute responsabili della disoccupazione e dei bassi salari. L’origine del movimento veniva fatta risalire a un uomo chiamato Ned Ludd che nel 1779 rompendo un telaio avrebbe dato inizio a un modello di lotta basato sul sabotaggio della produzione meccanizzata.

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Messaggioda giada » 13 nov 2011, 8:48

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