Appunti Kant

Messaggioda yomi » 22 mar 2012, 16:21

IMMANUEL KANT 1724/1804
Filosofo prussiano. Uno dei massimi rappresentanti della cultura occidentale. Ha segnato la filosofia moderna. E’ vissuto nell’illuminismo. Fa suo il motto secondo il quale si deve avere il coraggio di usare l’intelligenza. La caratteristica della sua filosofia è il criticismo, cioè la filosofia deve essere impostata secondo un atteggiamento critico e riflessivo. Filosofia anti-dogmatica. Non bisogna accettare niente per buono ma dobbiamo sottoporre tutto a riflessione. Si concentra sulla metafisica (io, immortalità dell’anima, l’ordine del mondo, dio..). Sono inutili le dispute della filosofia su questi argomenti perché questi grandi problemi sono un male da eliminare in quanto se noi vogliamo dare alla filosofia tutte la caratteristiche di scienza non possiamo interrogarci su questi problemi. La filosofia deve mettere in discussione se stessa e si deve porre un’altra domanda: se è possibile che la metafisica sia una scienza.
Kant è il filosofo per eccellenza, nel senso che vive della filosofia visto che non ha mai svolto altre attività. Dalla famiglia riceve un insegnamento religioso-impietistico (sorta di religione protestante). All’università studia filosofia, ma è preparato anche in matematica, teologia. Attratto dalla teoria di Newton. Quando diventa libero docente pubblica una dissertazione sulla metafisica. Ritiene che bisogna fare filosofia e non apprendere in modo dogmatico. Fare filosofia significa esercitare sempre e comunque la riflessione critica. Dobbiamo tenerci lontano da qualunque forma si pregiudizio perché è di impedimento ad una riflessione critica. Nel 1766 pubblica un testo sulla metafisica. Il progetto filosofico espresso in questa opera: secondo Kant la ragione se lasciata a se stessa, quindi se non fa riferimento all’esperienza, ci porta ad intraprendere dei percorsi che non hanno senso. Dobbiamo svegliarci dal sogno dogmatico, quindi dalla metafisica e questo lo fa fare la lettura di Hume. A 57 anni pubblica la “Critica delle Ragion Pura”. Secondo Shopenawer il libro più importante. Questo libro non avrà per niente successo a causa dell’estrema difficoltà del linguaggio e punti molto complessi. Dopo aver pubblicato questa, scrive altri testi fino ad arrivare nel 1787 quando esce la seconda critica: “Critica della Ragion Pratica”. Nel ’90 esce la terza critica, ovvero la “Critica del Giudizio”. Nel 1793 pubblica un libro sulla religione che critica la religione del governo prussiano, perché usa il cristianesimo come arma dispotica. Quando Federico Guglielmo muore ritorna a parlare di religione e pubblica un altro libro a favore della libertà di pensiero. Nel 1804 muore.
CRITICA DELLA RAGION PURA
Criticismo=criticare= giudicare. Secondo Kant dobbiamo valutare i limiti della nostra conoscenza. Fiducia nella matematica e nella fisica che sono discipline che già si sono indirizzate bene perché noi possiamo dire che la matematica e la fisica sono ciò che ora sono per effetto di una rivoluzione che viene attuata tutta d’un colpo. La metafisica ancora non ha trovato un modo corretto di procedere. La metafisica per essere scienza deve seguire lo stesso metodo della matematica e della fisica. Bisogna operare una rivoluzione. Questa rivoluzione filosofica viene chiamata rivoluzione copernicana, cioè rivoluzione che mette in stretto rapporto l’oggetto da conoscere e il soggetto conoscente. Rende attivo il soggetto conoscente e dobbiamo valorizzarlo (prefazione). Noi possiamo conoscere con certezza le cose che si presentano al soggetto non intendendolo come puro ricettore ma come soggetto attivo ch esercita la facoltà di cui è dotato, come per esempio principalmente l’intelletto. Il processo conoscitivo parte dall’esperienza sensibile però non si conclude qui perché noi dobbiamo cogliere modi attraverso i quali il nostro intelletto organizza l’esperienza (esperienza + facoltà che sono parte integrante della natura umana).
Problema della conoscenza. Si pone ilo problema di capire qual è il ruolo della ragione umana. In questa indagine si approda a 2 indagini:
- C’è un esito negativo nella sua indagine perché si arriva a dire che ci sono dei limiti dell’uso della ragione
- Aspetto positivo: quando stabilisco i limiti vado a prendere in considerazione ciò che legittimamente posso andare a studiare.
Gli strumenti che devono essere utilizzati dalla ragione sono i giudizi che usa la matematica e la fisica. Scienze che utilizzano i giudizi sintetici a priori. Esistono anche i giudizi analitici a priori e i sintetici a posteriori. Quelli di cui parla Kant sono i sintetici a priori.
Giudizio: proposizione formata da un soggetto e un predicato
A priori: prescinde dall’esperienza sensibile
A posteriori: dopo che ho fatto esperienza di qualcosa
Giudizio analitico a priori: il triangolo ha 3 angoli, perché nel triangolo c’è anche la caratteristica dell’angolo. I corpi sono estesi. Giudizio universalmente valido
Giudizio sintetico a posteriori: giudizio che mi fornisce una conoscenza del soggetto che va oltre al soggetto stesso. Es: i corpi sono pesanti. Nel concetto di corpo io ho la caratteristica dell’estensione, la pesantezza è qualcosa che io posso aggiungere al soggetto dopo che io ho fatto esperienza.
GIUDIZIO ANALITICO A PRIORI
Positivo Negativo
Universalmente valido non mi accresce la conoscenza
GIUDIZIO SINTETICO A POSTERIORI
Positivo Negativo
Mi aggiunge caratteristiche mi accresce devo ricorrere all’esperienza
Quindi non c’è più il concetto
Di universalmente valido
Il giudizio sintetico a priori è un giudizio valido per la scienza perché mette insieme la positività del giudizio analitico e di quello sintetico.
Le categorie fondamentali della scienza hanno la novità dell’universalità e della necessità. Il giudizio sintetico a priori è alla base della conoscenza. Es 7+5=12, il 12 è ottenuto non per via analitica ma per via sintetica. Questo ragionamento posso applicarlo a qualsiasi giudizio. Come sono possibili i giudizi sintetici a priori? Questa domanda è una domanda che fina a questo momento nessuno si è posto. Da questa dipende la vita o la morte della metafisica. Domanda trascendentale. Non ha dato una sola definizione ma ha cercato di darci più spiegazioni.
Trascendenza: categoria filosofica. Si fa riferimento a qualcosa che va oltre la nostra esperienza. Il Dio del cristianesimo è trascendente
Trascendentale: non significa andare oltre la nostra esperienza. Si riferisce a tutto ciò che non deriva dell’esperienza ma è ai limiti dell’esperienza. Non posso conoscere ciò che rimane all’interno della nostra conoscenza. La nostra conoscenza è limitata dall’esperienza. L’esperienza non è l’obbiettivo ma io devo comunque rimanere al’interno di questo ambito. La nostra conoscenza è una conoscenza del fenomeno. Il trascendentale riguarda l’analisi delle condizioni a priori della conoscenza. Trascendentale non significa qualunque cosa che oltrepassa ogni esperienza ma qualcosa che pur precedendola è determinata esclusivamente a conoscere ciò che è empirico. Questo termine lo troviamo riferito a tutte le parti in cui la critica della ragion pura è divisa. Lo scopo di tutto il criticismo p quello di fondare un sapere valido e scientifico.
Kant analizza le facoltà conoscitive dell’uomo: queste sono 2 , ovvero la sensibilità e l’intelletto. Estetica principi dell’intuizione sensibile.
Il primo livello della conoscenza è la sensibilità. Si chiede quali sono le caratteristiche della conoscenza sensibile. La sensibilità ha in se un duplice aspetto, da una parte è passiva perché dall’esperienza si ricavano i dati che oi percepiamo, dall’altra è attiva perché la sensibilità organizza i dati attraverso 2 forme priori: spazio e tempo che non derivano dall’esperienza ma sono delle condizioni in virtù delle quali è possibile conoscere gli oggetti. È mai possibile immaginare di conoscere un oggetto qualsiasi senza conoscerlo nello spazio e nel tempo?no.
lo spazio è la forma a priori del senso esterno. Il tempo è la forma a priori del senso interno. Non si può mai dare una rappresentazione di qualcosa senza le forme a priori dello spazio e del tempo. Lo spazio è la condizione di possibilità dei fenomeni ed è un fondamento dei fenomeni esterni. Lo spazio mi permette di rappresentarmi un determinato oggetto in quanto occupante uno spazio. Siccome non mi deriva dall’esperienza lo spazio è una categoria innata. Lo spazio rende la geometria
Il tempo è definito come la forma del senso interno. Rappresentazione innata che costituisce il fondamento dei nostri stati interiori e ci permette di disporre i dati secondo il prima e il dopo. Lo stato interno è la coscienza. Il tempo rende l’aritmetica. Il concetto di numero come sequenza. Così Kant giustifica la matematica come scienza perché si base su questa forma a priori.
FENOMENO E NOUMENO (cosa in sé, cosa pensata)
Al concetto di fenomeno si arriva, attraverso la forma a priori dello spazio e del tempo. Quando parliamo degli oggetti noi ci riferiamo a questa realtà come a noi sembra. Quello che noi vogliamo è la realtà colta attraverso la forma a priori dello spazio e del tempo. La cosa in sé a noi non è data conoscerla e percepirla perché immediatamente la collochiamo nello spazio e nel tempo. Quello che cogliamo come rappresentazione è una realtà filtrata attraverso spazio e tempo. La realtà è rappresentazione della cosa in sé.
Fenomeno: ciò che appare. Sono fenomeni tutti gli oggetti della realtà che si presentano a noi non subito ma attraverso la forma dello spazio e del tempo. C’è una distinzione tra la cosa in sé e la nostra rappresentazione delle cose. Noi dobbiamo necessariamente ammettere che oltre ai fenomeni esiste la cosa in sé. È una necessità e la cosa in sé e pensabile ma non conoscibile, mentre il fenomeno è pensabile e conoscibile, in quanto viene colto attraverso la sensibilità.
Il noumeno non è conoscibile perché va oltre la realtà sensibile, oltre l’intelletto. Il noumeno rappresenta il limite a ciò che noi possiamo conoscere e anche per questo il noumeno è un problema.
Il fenomeno è una mia rappresentazione ed è una rappresentazione Soggettiva del noumeno.
Soggettivo: riferito non al singolo individuo ma a tutta quanta l’umanità. Rappresentazione soggettiva in quanto legata al Soggetto. Non si intende a priori. La conoscenza è sempre soggettiva. Il fenomeno non è ingannevole e illusorio. Il noumeno lo posso solo pensare e concepire come una tappe invalicabile per l’uomo. (gli idealisti scartano il noumeno e dicono di fermarsi al fenomeno). Non posso a far a meno del noumeno perché ci permette di capire cosa possiamo e non possiamo conoscere. Per poter conoscere la cosa in sé dovrei avere un intelletto infinito. (in tutto questo cogliamo Kant illuminista e un po’ empirista).
Mia: inteso come umanità, quindi è sinonimo di Soggetto.
I dati che io acquisisco mediante la sensibilità sarebbero disordinati e molteplici che non porterebbero ad una complessità. In questa opera di organizzazione interviene il concetto. Attraverso questo io arrivo alla determinatezza, ad una sintesi dei dati sensibili e sono in grado di dare unità all’oggetto. La facoltà che mi permette di dare unità ai dati è l’intelletto.
Concetto: risultato dell’attività dell’intelletto.
La sensibilità è alla base di tutto. Esigenza dell’uomo è andare oltre la sensibilità. Se non ci fossero i dati sensibili l’intelletto non avrebbe il materiale da ordinare, ma se non ci fosse l’intelletto ci sarebbe solo disordine di sensazioni. L’intelletto non coglie direttamente la realtà sensibile, è per questo ha bisogno della sensibilità per avere i dati. La conoscenza viene dall’unione di queste due facoltà.
ANALISI DELLE FUNZIONI DELL’INTELLETTO
L’intelletto funziona mediante le categorie che si basano sulla tavola dei giudizi. Le categorie sono 12 e non 10 e sono funzioni di cui l’intelletto si serve per conoscere. Sono concetti puri che hanno l’obbiettivo di unificare i fenomeni particolari (mi permettono di avere uno sguardo d’insieme). Creazioni spontanee dell’intelletto. Mi permettono di comprendere i dati sensibili. Le categorie di Aristotele non bastano e sono anche difettose.
Pensare=giudicare=esprimersi attraverso i giudizi.
Per determinare le categorie bisogna riferirsi alla tavola dei giudizi perché sono tanti i modi di pensare. C’è una corrispondenza tra la tavola dei giudizi e quella delle categorie. Le tavole delle categorie di Kant riguardano la conoscenza mentre quelle di Aristotele l’ontologia. Sono divise in 12 concetti puri. ES: se voglio affermare o negare qualcosa mi devo riferire alla classe di qualità; se voglio studiare la possibilità o meno di una cosa riferire alla classe della modalità ecc…
L’intelletto per conoscere attinge da queste categorie. Problema: bisogna trovare un principio che giustifichi e sia alla base del processo dell’unificazione della conoscenza. Questo è l’IO PENSO, che è definito come suprema unità. L’io penso è l’autocoscienza del Soggetto universalmente inteso. Parla di questo come coscienza umana, autocoscienza, funzione unificatrice della conoscenza. L’io penso è in grado di sintetizzare tutti i dati che l’intelletto costruisce e li riconduce all’unità che è scientificamente fondata e quindi valida. Grazie all’io penso noi possiamo attribuire al Soggetto tutto il processo conoscitivo. L’io non potrà pensare niente se non ci fosse la funzione di autocoscienza. L’io penso è una APPERCEZIONE TRASCENDENTALE: forma particolare di percezione che ci rende consapevoli della nostra autocoscienza. L’io di cui Kant parla è la soggettività umana perché rappresenta il massimo dell’universalità e oggettività. Se non ci fosse non esisterebbe la scienza perché senza questa funzione tutto sarebbe limitato ai confini della soggettività dell’individuo e quindi si perderebbe il valore della scienza perché si avvale dell’universalità e della validità. Io penso come centro unificatore delle rappresentazioni, garanzia della scienza. Kant ha superato il dualismo cartesiano. L’io penso svolge una funzione soggettiva, non ha la funzione di sostanza (res). Non è conoscibile ma pensabile.
Deduzione trascendentale: giustificazione della pretesa delle categorie di avere un valore soggettivo. La forma a priori e le categorie si fondono sull’io penso. Questa affermazione è equivalente a dire che la natura per essere pensata deve sottostare alla regola del soggetto. La realtà esterna non la crea l’io penso.
DIALETTICA TRASCENDENTALE
Con questa finisce l’analisi della ragion pura. Nonostante abbiamo raggiunto la chiarezza sulla funzione dell’intelletto, però la nostra ragione non si accontenta di rimanere all’interno dell’esperienza. La natura umana ci porta a desiderare di andare oltre i limiti. Per spiegare l’atteggiamento della ragione umana fa un esempio: la colomba crede che l’aria sia di impedimento e faccia da attrito e sarebbe più facile volare senza di essa. L’aria è l’esperienza e l’attrito è la sensibilità. La ragione è tentata di andare oltre l’esperienza. Cerca di concepire un disegno ambizioso : tenta di unificare i dati del senso esterno indicando l’idea del mondo. L’unificazione dei dati del senso interno si identificano nell’idea di anima. Si cerca di dare un ordine a tutta la realtà e si unificano nell’idea dell’universo inteso come ordine.
3 idee: anima(senso interno), mondo(senso esterno), Dio(totale di fenomeni interni ed esterni). Queste sono le 3 grandi questioni di cui la metafisica si è occupata. Secondo Kant questa impostazione è un’illusione, parvenza di verità. La ragione si pone delle domande a cui non può rispondere. La questione fondamentale è la distinzione tra conoscere e pensare: io posso pensare tutto ciò che voglio perché il pensare prescinde dall’intuizione sensibile, ma la conoscenza si basa su 2 momenti: intuizione e concetto. Avere la presunzione di arrivare a dire che l’anima è immortale, Dio esiste e che c’è un ordine del mondo è solo un’illusione perché non abbiamo gli strumenti per farlo perché siamo legati al trascendentale. Tratta della metafisica perché è un desiderio da cui l’uomo non può prescindere. L’uomo ha come destino la metafisica. La nostra ragione fallisce nella sua pretesa. Kant distingue ragione e intelletto.
Intelletto: facoltà che presiede la scienza
Ragione: facoltà dell’uomo che insegna il bisogno di infinito.
Tutta la dialettica affronta la metafisica e va a vedere gli errori.
Critica la concezione dell’anima in quanto immortale, critica la psicologia razionale perché si basa su un malinteso. L’errore consiste nel fatto che la psicologia considera la conoscenza come una res, ovvero come una sostanza. L’errore di fondo è l’aver considerato l’anima come unità della coscienza intendendola come sostanza. L’io penso di Kant non è una sostanza perché non esiste in se e per sé ma esiste in quanto legislatrice di una realtà che è fuori di me. La psicologia razione si basa su dei ragionamenti errati, che si chiamano paralogismi (ragionamento falso). Quindi gli errori errati riguardanti l’immortalità dell’anima sono i paralogismi.
Critica dell’idea del cosmo, quindi universo inteso come ordine. Kant va ad individuare l’errore. La metafisica pretendeva di descrivere il mondo come una totalità sostanziale e incondizionata. Nel tentare di dimostrare che esiste questo cosmo la ragione si aggroviglia in una serie di ANTINOMIE (contraddizioni, come delle leggi che si contrappongono l’una all’altra). Per spiegare il cosmo la metafisica fa riferimento a delle affermazioni che sono opposte l’una rispetto all’altra. Ricorre per es ad affermare che il mondo è limitato dello spazio e nel tempo e dall’altra parte il mondo non ha limiti né di spazio e di temo. Andando ad analizzare tutta la storia della cosmologia ci rendiamo conto che ci imbattiamo continuamente in queste contraddizioni. Un altro es: nel mondo tutto accade secondo una casualità, quindi da una parte ci sono i filosofi metafisici che dicono che ciò che accade è il risultato di una necessità intrinseca alla natura, e un altro metafisico dice l’esatto contrario. La metafisica nel suo percorso storico si aggroviglia in una serie di contraddizioni. Ci si contraddice perché giriamo nel vuoto nel momento in cui si cerca di andare oltre l’esperienza. Siccome noi ci basiamo sull’esperienza non possiamo dare una risposta univoca ai vari interrogativi.
Critica alla teologia razionale: la teologia razione cerca di dimostrare l’esistenza di Dio. Questa si era cimentata in varie prove che Kant va ad analizzare.
1) prova ontologica: la prova che + di tutte le altre fa a meno dell’esperienza. La prova parte dall’idea di essere perfetto. Da qui intende dimostrare che tale essere è esistenza, perché l’esistenza viene considerata insita nella perfezione perché se non si esistesse non potremmo parlare di perfezione perché mancheremo di qualcosa. Si ammette l’idea di perfezione di esistenza che se venisse negata andrebbe ad annullare la perfezione. L’errore è che assume l’esistenza come un attributo dell’essere perfetto. L’errore è nell’andare a considerare che l’esistenza faccia già parte del soggetto, ma è un aggiunta all’idea della perfezione. L’esistenza non è un predicato già contenuto nell’essere perfetto. L’esistenza se non è nel soggetto è qualcosa che è aldilà del concetto, se sta fuori del concetto di Dio in quanto essere perfetto non dimostra la sua esistenza.
2) Prova cosmologica: prova secondo la quale io arrivo a dimostrare l’esistenza di Dio attraverso il mondo circostante. L’errore consiste nell’aver adoperato il concetto di causa al di fuori dell’esperienza. Non posso adoperare il concetto di causa per spiegare la derivazione dei fenomeni sensibili da qualcosa che non è sensibile. Quindi se io lo tiro fuori per parlare della derivazione delle cose fisica di qualcosa che di fisico non è faccio un uso improprio di causa. Se io pretendo di spiegare Dio in relazione ai fenomeni concreti non posso utilizzare il concetto di causa.
3) Prova fisico-teologica: si parte dall’ordine del mondo, dalla bellezza del mondo , per arrivare a Dio come ordinatore di questo mondo. Secondo questa prova si ritiene che l’ordine del mondo sia determinato da qualcosa che sta al di là della natura ma niente mi toglie di pensare che questa natura si così bella, così ordinata senza l’intervento di una causa superiore. Questa prova è ancora di più sbagliata perché fa anche quell’uso del principio di causa che Kant ha criticato nella prova cosmologica.
La conclusione è che l’idea di Dio, di anima e di mondo sono semplicemente oggetti impossibili della ragione, cioè non è possibile dimostrarli perché la nostra ragione è finita, le possiamo solo pensare. Hanno però una funzione regolativa, cioè una funzione ipotetica. E’ comunque importate perché ci permette di pensare a tutti gli enti del nostro animo come a una sostanza spirituale,a tutti i fenomeni naturali come se tutti facessero capo al mondo, ci permettono di pesare a tutti gli oggetti che sono interni o esterni a noi come se dipendessero da Dio, cratoredi tutto il creato. È una bella illusione in cui l’uomo si culla, perché gli fa piacere che ci sia un cosmo ordinato, che ci sia un Dio ordinatore, che gli dà sicurezza, un’anima immortale però noi le dobbiamo rifiutare perchè la filosofia ci impone di rimanere entro i limiti. Mi servono per capire che la ragione deve rimanere entro i limiti dell’esperienza. Le illusioni fanno bene all’uomo affinchè lui possa vivere meglio.
Trascendente: ciò che al di là della conoscenza
Trascendentale: ciò che non deriva dall’esperienza ma è ai limiti di essa
CRITICA DELLA RAGION PRATICA
Si intende la morale. Ragione che presiede al comportamento etico. Ci si domanda: come mi devo comportare? Domanda a cui la ragion pratica cerca di dare una risposta. Dobbiamo guardare dentro di noi, ascoltare ciò che ci dice la ragion pratica. È convinto che dentro ognuno di noi ci sia scritta una legge morale che non ha bisogno di essere dimostrata. La legge morale si impone a noi in modo universale e incondizionato. Nell’uomo la legge ha forma di imperativo. La legge morale non deriva del’esperienza perché è incondizionata. Questa legge morale ci si presenta con la forza e la chiarezza dell’imperativo categorico(tu devi). Per comportarsi moralmente l’individuo deve mettere a tacere tutti i desideri, le passione.. e deve accettare la legge che gli impone di conformare il proprio comportamento ad una legge morale. Non ho un fine prestabilito. Non mi comporto bene perchè voglio un riconoscimento perché questo è un comportamento immorale. Questo imperativo categorico si distingue da quello ipotetico
Concetto: fare qualcosa secondo il dovere non ha significato morale. Ha significato morale fare qualcosa per dovere. Es: la conservazione della vita è un dovere, anche un istinto morale, quindi non ha carattere morale. Gli uomini non agiscono avendo come fine il dovere ma secondo il dovere. Si agisce per il dovere quando abbiamo 1000 motivi per rinunciare alla vita e ne basta solo uno per continuare a vivere (comportamento morale). La morale è la risposta al “tu devi”. Non è una morale prescrittiva e contentistica. È una morale formale o formalistica. Etica deontologia. Unico fatto che rende morale un azione è l’intenzione.
Imperativo categorico: imperativo con il quale la legge morale ci impone il nostro dovere. Azione necessaria per se stessa.
Imperativo ipotetico: se vuoi passare gli esami allora studia. Imperativo che si presenta nella forma della necessità pratica, un’azione, un mezzo per raggiungere un possibile fine. Pone delle consizioni . non è incondizionato ma dipende da una condizione per esempio spirituale. Non è considerato come dovere. La morale è formale.
Principio di universalizzazionese mi sta bene che anche gli altri si comportano così. Non è possibile perché tutti gli esseri sono razionali (accetto di dire bugie e anche che gli altri le dicano). L’uomo ha comunque bisogno di un riferimento pratico. Distingue i principi massimi e imperativi.
Massime: sono prescrizioni di tipo soggettivo, inteso come soggetto individuale (es moderarsi nel cibo e nel bere)
Imperativi: prescrizioni oggettive, che valgono per tutti
3 formulazioni dell’imperativo categorico:
1) Agisci in modo che la massima della tua volontà possa sempre valere nello stesso tempo come prinicpio di una legislazione universale
2) Agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persone sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo. Imperativo fondamentale. L’uomo si riconosce opportunamente al regno dei fini (comunità ideale a cui ciascun individuo appartiene e rispetta l’altro. Il suicidio non viene accettato perché egoistico e non rispetta la dignità della persone. L’uomo in tutte le azioni che compie deve essere considerato come fine a se stesso. Non dobbiamo considerarci dei mezzi nemmeno nei confronti di noi stessi.
3) Agisci in modo che la volontà, in base alla massima, possa considerare contemporaneamente se stessa come universalmente legislatrice. Si mette in luce come la volontà è libera quando impone a se stessa la legge del proprio agire. La volontà non è schiava della legge morale ma coincide con essa. In questa comunità ideale gli uomini quando rispettano la legge morale e la propria dignità e quella degli altri manifestano la propria libertà.
L’etica di Kant ci richiede di conformarci al dovere ma c chiede anche di essere convinti. La morale prevede anche una convinzione interiore del fatto che è giusto fare quello che la legge morale mi comanda. Viene chiamata anche etica dell’intenzione. Una cosa è la morale un’altra il diritto. Se manca la convinzione si cade nell’ambito del diritto e non nella morale. Secondo Kant è sbagliato mettere in rapporto l’etica con la ricerca della felicità. L’uomo che si comporta virtuosamente non è sempre felice. La felicità è esposta ai fattori empirici e quindi non può avere la caratteristica dell’universalità. Non si può presentare come motivo dell’agire morale. La moralità è legata ad una volontà incondizionata da qualsiasi casualità, indipendente dalla natura fisica e psicologica. Dipende da circostanze soggettive. La responsabilità non ha niente a che vedere con la sensibilità e l’individualità. La moralità si basa sulla ragione umana. Kant esprime i postulati della ragion pratica perché si rende conto che la morale porta comunque alla religione. Partiamo dalla riflessione della ragione, il fondamento della morale. Per avere un comportamento morale non c’è bisogno di Dio. Se si agisse n funzione di un premio (via eterna) ci comporteremo immoralmente. È la morale che mi porta alla religione. È la religione che si deve fondare sulla morale. Si parla di postulati a questo proposito. Postulato tutto ciò che viene presupposto in modo necessario.
Non si deve agire moralmente per salvarsi l’anima, ma se si agisce moralmente si salverà anche la propria anima. Non posso dimostrare l’esistenza di Dio ma questa deve essere comunque ammessa come una condizione dell’agire morale. Dio funziona come garante del sommo bene o meglio della felicità per colui che si comporta moralmente. L’obbiettivo della ragion pratica è il raggiungimento del sommo bene
Sommo bene: può essere realizzato ammettendo l’esistenza di Dio e l’immortalità dell’anima. Include il concetto di felicità e di virtù. La virtù non si identifica con la felicità perché tante persone virtuose non sono necessariamente felici. È necessario che il virtuoso sia anche felice. Ci deve essere una proporzione in base ai meriti. La morale deve postulare l’esistenza di Dio che è in grado di distribuire la felicità in base alla virtù. Per poter mettere in un rapporto diretto virtù e felicità bisogna essere onnipotenti e onniscienti.
Immortalità dell’anima: il sommo bene non si può realizzare durante la nostra vita e quindi si deve ammettereche l’uomo disponga di un tempo infinito per poter progredire verso il sommo bene e quindi bisogna ammettere l’immortalità dell’anima. Kant individua in Dio e nell’anima delle necessità pratiche. Affinchè l’uomo si comporti moralmente è necessario postulare l’esistenza di questi 2 fattori. Il sommo bene si può definire una sorta di sintesi tra virtù e felicità. Il sommo bene si consegue nell’altra vita e non in questa, ma in questa devo avvicinarmici sempre di più. Libertà: se io non presuppongo l’esistenza di una volontà autonoma non avrebbe senso l’imperativo categorico. se dentro di me è inserito l’imperativo categorico del dovere è necessario che io possa realizzare ciò che l’imperativo categorico mi ordina. È necessario postulare che il tu devi, diventi il tu puoi. Grazie alla libertà l’uomo viene definito come essere morale e può essere inserito nel regno dei fini. Solo una volotà libera e autonoma può trasformare il tu devi in tu puoi. Questa è la seconda rivoluzione compernicana: l’agire morale dell’uomo trova in esso il centro stesso. La morale non ha nessun condizionamento e la orale ha la sua centralità solo nell’uomo.
CRITICA DEL GIUDIZIO
Problema estetico. Estetico tutto ciò che fa riferimento all’arte. Viene pubblicata nel 1790. Con questa critica si propone di individuare il fondamento dell’attività estetica. Fa un’analisi della facoltà del giudizio che è una facoltà preposta al sentimento del piacere e del dispiacere. Dalla facoltà del giudizio dipende il giudizio artistico e quello teleoogico o finalistico. Il giudizio teleologico consiste nell’interpretazoine della natura in base al concetto di fine. Questa analisi si fonda sulle categorie del bello e del sublime.
Categoria del bello: noi cogliamo il bello attraverso il giudizio di gusto. Per stabilire se una cosa è bella o no si valuta atraverso il sentimento di piacere o di dispiacere che scuscita. Il giudizio di gusto non ha un valore conoscitivo, logico, ma ha un valore estetico(relativo all’arte e alla bellezza). Visitando una città ci soffermiamo davanti ad un palazzo che giudichiamo bello. Mettiamo caso che una persona mi chieda il perché. Io risponderò perché mi piace. il giudizio estetico si fonda sul sentimento di piacere. Se di fronte al palazzo di ferma un architetto e gli chiedo un giudizio, mi dirà se il disegno è regolare, se risponde all’obbiettivo per il quale è stato costruito..in questo caso l’architetto va ad esprimere un giudizio conoscitivo. Il giudizio di gusto è disinteressato, cioè che quando esprimo un giudizio su un’opera d’arte potrei anche esprimere un giudizio negativo(es sfruttamento lavoratori). Se invece chiedo se il pormi davanti all’oggetto mi porta ad avere un sentimento di piacere o no, questa è la strada che devo percorrere per arrivare ad espriere un giudizio. Il giudizio estetico non riguarda l’oggetto in se ma la rappresentazione dell’oggetto. Sulla base di questo vado a stabilire, il sentimento che l’oggetto suscita in me. Se voglio venderlo non è più disinteressato. Alla bse c’è l’idea secondo la quale l’attività estetica è un gioco perché promuove la fantasia. Per esempio la poesia è l’aspetto dell’arte che meglio risponde a questa concezione. Il giudizio estetico è contemplativo, cioè che è un giudizio che è indifferente all’esistenza degli oggetti che ne determinano il contenuto. Contemplativo non significa teoretico. Il giudizio estetico non è conoscitivo e non riguarda la logica. Il giudizio conoscitivo è un giudizio determinante, quello dell’estetica riflettente. Determinante: giudizio che determina gli oggetti di cui si occupa sottoponendoli alle forme a priori, alle categorie e all’io penso come unificatore dei singoli oggetto trattandoli come universali e necessari. Il giudizio estetico è riflettente, non va a determinare un oggetto ma si limita a riflettere sui singoli oggetti, che sono già costituiti. li unifica conferendo ad essi una validità universale. La differenza tra i 2 giudizi dipende dalle differenti modalità con il quale l’universalità viene attribuita. Nella conoscenza è l’intelletto che grazie alle categorie imprime a priori l’ordine. Nell’estetica è il sentimento che riflette sulla bellezza e sul finalismo della natura che trova già costituita. Quando dico che un oggetto è bello significa che il bello implica una relazione del soggetto e la rappresentazione dell’oggetto. Se mi trovo di fronte alla Gioconda, la bellezza che riferisco alla Gioconda non è una qualità oggettiva dell’oggeto ma è della repparesentazione. Gli uomini in quanto esseri razionali possono affermare che il giudizio estetico che si basa sul bello è condiviso da tutti quanti. Il piacevole o meno è soggettivo. Il giudizio estetico è universale che riguarda il bello. Nei giudizi estetici gli oggetti vengono giudicati secondo una regola dettata dal sentimento , ma è a priori. La bellezza è nell’uomo, non nell’oggetto. La bellezza è nell’uomo perché lui in modo inconsapevole poietta negli oggetti l’armonia che sente in se stesso. Un prato in fiore proietta nel mio animo il sentimento di armonia che è dentro di me e mi suscita a dire “che bello”. Il prato è bello quando del prato ho una rappresetnazione che fa si che io sia dipendente dalla rappresentazione estetica dell’oggetto. La bellezza è rappresentatada qualcosa di relativo nel senso legata al soggetto. Il giudizio estetico è un giudizio di relazione perché mette in relazione il soggetto con la rappresentazione degli oggetti in quanto belli. Il ruolo principale è nel soggetto (rivoluzione copernicana). È l’uomo che fa un favore alla natura dicendo che è bella. Il giudizio estetico non deriva dagli oggetti o da altri aspetti ma è fondato sul piacere estetico. Il giudizio estetico è libero, creativo e costituisce il senso comune o il comune sentire estetico. Gli uomini possono accordarsi sui valori estetici e renderli comunicabili. Il senso comune non è fondato sull’esperienza ma è una pura norma ideale. Questa norma viene presupposta da noi. Tutti hanno il senso comune che è condiviso da tutti gli uomini, che è la facoltà di giudicare. Affinchè questa facoltà sia accettabile devo rispettare delle condizioni o delle massime. Queste massime si riferiscono alla capacità della ragione di essere libera e autonoma rispetto ai pregiudizi come la superstizione che è un pregiudizio per eccellenza. È segno dello stato della ragione passiva, quello che blocca la ragione. La bellezza può essere libera(pulcritudo vaga) o aderente(presuppone il concetto di perfezione dell’oggetto). La forma di bellezza libera non presuppone un concetto di ciò che l’oggetto deve essere (es la bellezza dei fiori nei prati, pappagallo, colibrì..bellezza che piace di per sé senza che intervenga una riflessione). La bellezza di una forma aderente è una bellezza di una donna, di un uomo, di un cavallo, di un edificio…questa belleza presuppone un concetto di scopo perché faccio riferimento al concetto di prefezione. Il concetto di bellezza è il parametro di riferimento.
Sublime:consiste nel sentimento dell’intelletto, è un sentimento che provoca piacevole orrore di fronte ad uno spettacolo sconvolgente e grandioso della natura. Questo sentimento è contraddittorio visto che di fronte per es ad una grande montagna siamo colpiti e terrorizzati nello stesso tempo. Il sublime risiede nel nostro sentimento. Si distingue in 2 tipi:
- Matematico: ha oer oggetto la grandezza della natura (del cielo, del amre..) e l’immaginazione si scopre di essere inadeguata a capire questa grandiosità
- Dinamico: nasce di fronte alla potenza della natura, di fronte a certi eventi (terremoto, tempesta..). l’uomo ha inizialmente un attegiamento spaventato dopo affrotna la questione perché il trovarsi davanti a questa natura lo sollecita a ricercare in se stesso l’infinità che c’è nella natura. L’uomo va a ritrovare la propria grandezza. L’uomo si rende conto che di frnte all’infinità della natura rispetto agli altri esseri è più razionale. La sua grandezza si esprime in termini di razionalità.
CREAZIONE ARTISTICA
La creazione artistica si distingue dal fare dell’artigiano perché è una creazione libera, quella dell’artigiano è condizionata. Kant ritiene che la natura contiene in se l’arte però l’opera d’arte non esiste direttamente ma richiede l’artista. L’artista si identifica con il genio. Il genio è il talento tramite il quale la natura da le regole all’arte. Il talento è un dono naturale. Ciascuna creazione artistica è dotata di regole che possono essere misure del giudizio estetico. In se l’arte è libertà, genialità e sregolatezza. Il genio non può essere imitato prchè frutto di un’ispirazione originale. L’arte ha anche una funzione edicativa, può sollecitare la nascita di altri geni.
GIUDIZIO TELEOLOGICO
Affronta il tema del finalismo della natura. Di fronte alla natura e agli organismi viventi anche quelli più semplici noi siamo portati a supporre la presenza di un fine. La biologia ci richiede di fare una riflessione finalistica. Questo fine non lo trovo nella fisica perché ci sono regole meccanicistiche. C’è una differenza tra un orologio e un organismo vivente. L’orologio è un oggetto meccanico e segue le leggi fisiche anche se organismo complesso non ha capacità di organizzare, l’organismo vivente si rifiuta di rispondere a queste leggi e si considera come una totalità che si organizza di se. Un albero crea un altro albero, si sviluppa, si ricrea…tutte le cose che non fanno le macchine. Se le relazioni di rapporti tra fenomeni fisici sono spiegabili tenendo di conto del rapporto causa-effetto il mondo biologico non risponde a queste leggi. La spiegazione meccanicistica è valida m anon sufficinete. Kant la ritiene insufficiente perché i legami di itnerazione che ci sono tra le parti non possono essere spiegati senza ricondurli a un disegno o ad un progetto. Da questa considerazione ne discende una conclusione ovvero la concezione teleologica. Seconod kant c’è un progetto a cui tutto quanto l’universo tende che risponde ad una tendenza insopprimibile nell’uomo di porsi davanti a se uno scopo che anche l’universo deve avere. Sfocia nella teologia perché c’è una finalità. il giudizio teleologico riflette soggettivamente sullla rappresentazione della realtà. Dio è un’esigenza dell’uomo.
CONCEZIONE DELLA POLITICA E DELLA STORIA
Rivalutazione dell’autonomia umana. Legato a questo è la valutazione politica che porta ad un pensiero liberale. L’ordinamento civile degli stati ha origine da un contratto originario. Questo è un principio regolativo, cioè è un’idela della ragione e il diritto di basa su questo contratto. Lo stato si fonda sulla necessita razionale di coesistenza tra gli individui. Ciascun individuo deve esercitare la propria libertà. Gli individui devono organizzarsi in modo tale che la libertà individuale diventi legittima. La natura umana è concepita in modo realistico. La competizione che c’è tra gli uomini e l’atteggiamento negativo devono essere tradotte in senso positivo. Questi sono gli strumenti che permettono il progresso. Società dove c’è prospettiva di futuro, dove i popoli possono convivere. La società è caratterizzata dall’antagonismo che definisce “insocievole socevolezza”. La società è l’unica in grado di favorire lo sviluppo delle capacità dell’uomo.
Diritto: limitazione della libertà individuale alla condizione che questa libertà si accori con quela degli altri(concetto illuminista).
La ragione deve far si che si creino delle condizioni perché la libertà di tutti si inquadri in una libertà universale. Affinchè questo succeda c’è bisogno dello stato per applicare il diritto. Lo stato è l’istituzione che permette di far rispettare le leggi che rendono possibile la libertà. Come nel liberismo classico il compito dello staot è negativo (si deve garantire la libertà di ciascuno impedendo che venga messa in discussione da altri). Kant fa la divisione dei poteri e si crea uno stato repubblicano che si basa su 3 principi della ragione: libertà, uguaglinza di fronte alla legge, indipendenza dell’individuo come cittadino intendendo partecipazione a legiferare. Lo stato non ha il compito positivo di lavorare per la libertà dei cittadini e prende la distanza dal dispotismo illuminato che definisce governo paternalistico. In questo modo si contringe i sudditi ad aspettare che il principe giudichi in che modo i cittadini possono essere felici e quindi li costringe ad asettare che la felicità provenga dal principe.
PACE PERPETUA
Si parte da una relatà che è quella della guerra e si pone il problema di un governo mondiale che sfoci in un federalismo di stato. Kant è convinto che il diritto non può avvenire all’interno di un singolo stato ma devono essere regolati i rapporto internazionali attraverso una federazione dei popoli. Ogni popolo deve essere riconosciuto e si devono risolvere i contrasti tra gli stati per mantenere la pace. Gli stati devono porre fine alla politica di predominio e alla guerra di sterminio che rischiano di dare luogo ad una pace perpetua nel grande cimitero del genere umano. Il fine del genere umano è l’eliminazione della guerra. Per realizzare una politica di pace bisogna diffondere lo spirito commerciale. Si può realizzare un mercato globale che però non è sufficiente perché dobbiamo stabilire delle leggi che impediscano ad alcuni stati di prevalicaresugli altri:
1) Gli stati devono avere una costituzione repubblicana: solo in un regime di libertà (separazione dei poteri) è possibile rendere meno precaria la pace perché i cittadini avranno nel lero interesse di non fare la guerra. Il sovrano è il proprietario dello stato, quello che fa le leggi. Coesistenza di stati differenti su un piano di uguaglianza.
2) Federalismo: legge della pace per un governo mondiale. Supera l’egemonia dei singoli stati e li rende uguali fra di loro.
3) Dovere dell’ospitalità universale: ospitalità universale nei confronti dei cittadini di altri stati. È un dovere per favorire la cooperazione e lo sviluppo di rapporti pacifici. Ci permette di avvicinarci al cosmopolitismo

yomi

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Risposte:

Messaggioda *Yole* » 22 mar 2012, 16:27

credito dato

*Yole*

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Messaggioda yomi » 22 mar 2012, 16:35

grazie

yomi

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Messaggioda *Yole* » 26 mar 2012, 15:08

prego bye

*Yole*

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