Platone VITA OPERE BIOGRAFIA

Messaggioda Lammarco » 26 apr 2012, 13:50

A differenza di Socrate,Platone ha lasciato moltissimi testi scritti,i dialoghi e la lettera VII più recentemente attribuitagli. Tuttavia, dalla testimonianza stessa dei dialoghi platonici e dalla lettera VII ,sappiamo che Platone non considera la parola scritta come la più alta espressione del sapere; il filosofo non mette per iscritto le cose di maggior valore ( Fedro), alcuni interpreti odierni della scuola di Tubinga ( in Italia Giovanni Reale) ritengono che siano proprio le dottrine non scritte quelle che esprimono la grande e genuina filosofia platonica, essenzialmente metafisica.

Il grande problema platonico, da cui inizia il suo filosofate è il problema Socrate, perché un governo democratico ha potuto mandare a morte l’uomo più sapiente di tutta la Grecia. Nella Lettera VII Platone ci dice che alcuni dei Trenta tiranni lo avrebbero voluto partecipe della vita politica, ma Platone si rende conto di quale corruzione rappresenti il potere politico senza un’adeguata idea del Giusto e del Bene. Egli rifiuta l’invito e decide che prima di intraprendere la via della politica sia indispensabile lo studio della Filosofia,ovvero la ricerca del Giusto e del Bene e quindi di una Verità epistemica,incontrovertibile.

Dal problema della ricerca dello Stato giusto, le cui leggi e ordinamenti non siano soggetti a continui cambiamenti, ma rappresentino il Bene e la vera Giustizia, scaturisce l’esigenza di trovare dei criteri che conducano a una Verità certa e incontrovertibile,immutabile perché oggettiva, quindi unica.
Se i filosofi della physis avevano cercato la verità nel mondo sensibile ( prima navigazione) e si erano incagliati nelle contraddizioni ( vedi il non essere da Parmenide negato e da Democrito ammesso) Platone invece tenta quella che chiama la seconda navigazione ,ovvero quella che i naviganti facevano ammainando le vele e usando i remi. La seconda navigazione è la metafora del viaggio che condurrà Platone alla scoperta della metafisica, ovvero la scienza dei principi primi dell’Essere in quanto principi intelligibili e trascendenti il mondo dei sensi.

Il mondo del sensibile ( Eraclito docet) è sottoposto a un continuo divenire e non può essere la sede di una Verità incontrovertibile, Platone ricerca quindi il fondamento della Verità ( oggettiva e non solo intersoggettiva come in Socrate) attraverso la formulazione del concetto di IDEA( eidos, forma), ovvero il paradigma perfetto,eterno,immutabile e trascendente rispetto al quale il mondo dei sensi è semplice copia imperfetta. I principi immutabili, eterni e quindi oggettivamente veri della realtà,si trovano nel cosiddetto Iperuranio (al di là del cielo) termine che indica non un luogo fisico bensì il mondo intelligibile della pura ragione. L’Iperuranio è costituito dalle idee che stanno tra di loro in un sistema di relazioni ( compito del filosofo sarà quello di scoprire queste relazioni) e in una gerarchia così composta: le più basse sono le idee numero,poi vi sono le idee matematiche ( proporzionalità, moltiplicazione, divisibilità ecc.) e infine le idee-valori, cioè quelle che interessano veramente Platone ( la Giustizia,la santità, il coraggio ecc.) .Al di sopra di tutte le idee c’è l’idea del Bene ( il Divino per eccellenza, anche se divine sono tutte le idee) essa fa sì che ogni idea sia ciò che è bene che sia, quindi dà ordine alle altre idee,le rende perfette.

Rispetto alle Idee, il mondo del sensibile , sottoposto al divenire, è semplice copia, incapace di dare
conoscenze vere, visto che la verità è immutabile ed eterna e potrà avere come base solo ciò che è altrettanto immutabile ed eterno,ovvero le Idee.

Facciamo qualche esempio, anche se poco adatto al discorso platonico che si basa su idee-valori. L’esempio che faremo sarà il seguente: il cavallo animale concreto, in carne ed ossa, è tale perché copia (imperfetta) del modello (paradigma) eterno della cavallinità,ovvero l’essenza del cavallo, che per Platone è nell’Iperuranio. I cavalli possono essere diversi di razza,taglia e colore, ma sono cavalli in quanto copie del modello unico e perfetto di cavallo.
Alla domanda socratica del che cos’è? a cui Socrate rispondeva con il concetto emerso dal dialogo con gli interlocutori,Platone risponde con la ricerca dell'Idea. Se dobbiamo rispondere alla domanda che cos’è il coraggio? Dovremo con la ricerca intellettuale,sollevarci dalla visione sensibile e dai singoli esempi di azioni coraggiose e indagare l’essenza stessa (IDEA) del coraggio.
Le azioni coraggiose sono tali perché partecipano ,hanno qualche somiglianza,ovviamente imperfetta, con l’eterna idea del coraggio. L’Idea del Bello non nasce dall’osservazione sensibile di cose che definiamo belle, al contrario, definiamo belle quelle cose cha hanno in comune la bellezza, copia imperfetta dell’Idea trascendente, immutabile, unica, di Bellezza.

Per far comprendere meglio il suo pensiero, difficile da comprendere per i normali interlocutori, ma difficile da esprimere per lo stesso Platone, il Nostro ricorre al mito, ovvero a racconti fantastici inventati da lui che però sono diversi dai tradizionali miti greci precedenti la nascita della filosofia ,ossia del Logos. Il mito platonico fa da stimolo al Logos, favorisce l’intuizione di verità profonde, feconda l’anima di chi ascolta verità tanto alte che con la sola Ragione sarebbe difficile cogliere.

Le idee sono causa delle cose e della loro conoscenza: in che senso? Come nell’esempio del cavallo , questo è tale perché copia dell’idea di cavallo, perché partecipa di quell’idea che è il fondamento per cui il cavallo è tale e non è un toro o un elefante;inoltre il sensibile, in questo caso il cavallo, è conoscibile grazie al fatto che i suoi caratteri sono desunti dall’intelligibile, cioè dall’idea. Se io non avessi, ad esempio, l’idea del coraggio, non potrei definire coraggiose talune azioni e così via. Nel Fedone ( 74 A-E) Platone fa l’esempio dei legni uguali. Se vediamo due legni o due pietre uguali a qualcuno paiono uguali ad altri meno, ma è possibile che gli uguali in sé possano apparire ad alcuni disuguali? Se noi definiamo uguali due oggetti lo facciamo perché abbiamo prima l’idea di uguale in sé ( il termine in sé, definisce l’essenza, cioè l’idea).In natura non esistono cose perfettamente uguali ,allora, se le definiamo più o meno uguali, vuol dire che abbiamo già dentro di noi l’idea di uguaglianza, prima di vedere le cose. Uno degli argomenti principali di questo dialogo ,che ha come tema di fondo l’immortalità dell’anima, è quello della conoscenza come reminiscenza ( tema che sarà ripreso anche nel dialogo Menone). La conoscenza è già in noi alla nascita, perché la nostra anima immortale ha avuto una breve visione della verità che ha dimenticato nel momento in cui si è reincarnata. Compito del filosofo è quello di aiutare ( come faceva Socrate) l’interlocutore a diventare consapevole di quella verità che la corporeità ha celato alla sua comprensione.
A questo proposito possiamo citare il celebre mito platonico dell’Auriga di cui il filosofo parla nel dialogo Fedro. Il carro ,guidato dall’auriga e trainato da due cavalli uno nero e l’altro bianco, sta viaggiando verso Il Sole,ma i due cavalli , prima quello nero e poi quello bianco, si imbizzarriscono e rendono impossibile all’auriga il controllo del carro; il carro precipita dopo che l’auriga per qualche attimo era riuscito a vedere il cielo, piombato a terra ,l’auriga perde la memoria di ciò che ha visto. L’auriga rappresenta la ragione umana che tende verso la verità ( il Sole) mentre i due cavalli rappresentano le passioni che impediscono alla ragione il raggiungimento del vero. Il cavallo nero rappresenta l’anima concupiscibile ( desiderante) ossia rappresenta le passioni più basse, il cavallo bianco rappresenta l’anima irascibile, ovvero le passioni nobili ( ad es. il coraggio) ma pur sempre passioni, mentre l’auriga rappresenta l’anima razionale. Ogni uomo possiede i tre tipi di anima ma la differenza tra gli uomini è data dal predominio di una delle tre anime.

Il mito del carro alato mette in evidenza come per Platone le passioni o, comunque, la sfera del sensibile, allontanino gli uomini dalla verità, ma ci dice anche , dicendo che l’auriga ricadendo sulla terra ( reincarnandosi) si è dimenticato la visione della verità, che la conoscenza è ricordo. La nostra anima, come diceva Socrate ,è gravida di verità, ma dobbiamo tirarla fuori dal suo nascondiglio, attraverso il lungo e difficile lavoro della ricerca. Come per l’orfismo,anche per Platone il corpo è la tomba dell’anima e impedimento alla ricerca della verità.

Nel dialogo Menone Platone immagina il dialogo tra Socrate e un giovane schiavo al quale viene chiesto ,dato il lato di un quadrato, di trovare il lato del quadrato dall’area doppia. La prima risposta, dettata dall’impulso, porta lo schiavetto a dare una risposta errata e solo in un secondo tempo,con l’incalzare delle domande di Socrate, la maieutica socratica ha la meglio e la verità scaturisce dalla mente dello schiavo, come la riscoperta di un sapere che era presente in maniera oggi diremmo inconscia nella sua mente.

La verità riguarda l’essere, ovvero ,per Platone, le Idee, i cui caratteri metafisico-ontologici riguardano l’eternità, l’immutabilità, la perfezione ( non ci sono idee negative, c’è l’idea del Bello in sé ma non del brutto), l’intelligibilità ( possono essere colte solo attraverso l’intelletto). Le idee sono oggettive, la loro conoscenza è oggettiva e universale, non può mutare perché le Idee e, quindi, la verità, sono immutabili. Ecco come la scoperta della metafisica, ossia dei principi primi della realtà nel mondo incorporeo, nella dimensione puramente intelligibile dell’Iperuranio, permette a Platone di dare un fondamento assolutamente incontrovertibile e quindi epistemico alla verità. Questa verità basata sul mondo metafisico delle Idee fonda tutta la scienza e tutto il sapere anche in ambito etico,estetico e politico. Il problema iniziale legato alla condanna di Socrate sarà risolto attraverso la ricerca dei caratteri oggettivi e immutabili dello stato giusto, sulla base dell’Idea di tutte le idee , il supremo divino, l’Idea del Bene.

Il dualismo ontologico , mondo del sensibile – mondo delle Idee, ha il suo corrispettivo gnoseologico nella divisione tra doxa ed epistéme. Ognuno dei due ambiti è , a sua volta , diviso in due parti. La doxa ha due livelli: immaginazione ( il livello più basso , la conoscenza solo apparente) e la credenza ( conoscenza sensibile più plausibile).Nessuno dei due livelli garantisce una vera conoscenza, ma solo l’opinione.
L’epistéme ha a sua volta due livelli : la dianoia e la noesis.Il primo livello riguarda il sapere oggetto di dimostrazione, tipico della ragione discorsiva ( dimostrativa) che ha come ambito il sapere matematico. Il livello della dianoia è da considerarsi intermedio tra l’apparente verità legata al mutevole mondo del molteplice ( il mondo delle cose sensibili) e la verità in senso proprio quella relativa al mondo delle Idee. Le idee – numero, che rappresentano ( nelle dottrine non scritte) un livello intermedio, riguardano oggetti intelligibili , numeri e figure geometriche, ma hanno in comune con il sensibile la loro molteplicità,esempio: l’idea di triangolo in sé è unica , come concetto di triangolarità, ma i triangoli sono molteplici ( rettangolo,isoscele, equilatero ecc.)
Le conoscenze matematiche della fase dianoetica sono propedeutiche alla conoscenza filosofica perché preparano la mente al ragionamento puramente astratto ( se conto 45 + 18 non devo necessariamente riferirmi a pecore o sassi). Tuttavia la conoscenza matematica è inferiore a quella filosofica perché non riesce a dare fondamento ultimo alle sue ipotesi. Il sapere matematico non si auto- fonda, mentre il sapere filosofico arriva al fondamento ultimo del sapere, al mondo delle idee e soprattutto all’Idea del Bene.
Il livello più alto del sapere, quello filosofico, è il sapere dato dalla noesis ossia dall’intuizione intellettuale, il coglimento immediato della verità , senza dimostrazione, reso possibile da un lungo e preliminare esercizio della mente nella matematica ( alla porta dell’Accademia platonica c’era scritto “qui non entra chi non è geometra”).
La filosofia è denominata da Platone dialettica che, nel primo Platone, quello giovane, più vicino alle posizioni socratiche, aveva il significato di dialogo, ma che nel Platone maturo acquista il significato della conoscenza della struttura logica e immutabile del mondo delle Idee e delle relazioni delle Idee tra di loro. Lo strumento della conoscenza noetica non è la Ragione, che ha una struttura di tipo discorsivo ( dimostrativo) bensì l’Intelletto che, intuendo in un colpo d’occhio il Vero, si rivela superiore alla ragione ( fino alla fine del ‘700 con l’inclusione della filosofia kantiana,l’intelletto sarà considerato lo strumento privilegiato della conoscenza, solo la filosofia dell’idealismo romantico vi sostituirà la Ragione).

Se le Idee sono incorporee, eterne,nella dimensione immortale del puro intelligibile,l’anima che è in grado di conoscerle,di coglierle nella loro essenza, deve partecipare della loro natura immortale.
Platone riprende l’assunto orfico e pitagorico dell’immortalità dell’anima e della reincarnazione e trasmigrazione delle anime.
In uno dei dialoghi più significativi , il Fedone, la tematica centrale è proprio quella dell’immortalità dell’anima di cui Socrate parla nelle ultime ore di vita, circondato dai discepoli.
Vediamo come Platone cerca di dimostrare l’immortalità dell’anima: egli ricorre a quattro argomenti:la somiglianza dell’anima con l’essere eterno e incorporeo, in totale contrasto con la natura mortale e corruttibile del sensibile e quindi del corpo; la reminiscenza, come abbiamo visto nell’esempio dei legni e delle pietre uguali; come si argomenta nel Menone il sapere è posseduto da sempre , non dipende dal corpo o dalla realtà sensibile, anzi quest’ultima è conoscibile e compresa solo perché abbiamo nella nostra anima ,che vive da sempre ( anche se non è concepita come individuale ma reincarnata in più vite) il modello ideale che rappresenta il fondamento della conoscenza ( posso cogliere l’uguaglianza tra due oggetti sensibili solo perché possiedo l’idea di Uguaglianza in sé, posso giudicare un’azione coraggiosa perché possiedo l’idea di Coraggio, giudico un’opera bella perché posso confrontarla con il Bello in sé). Il terzo argomento è quello dei contrari: tutte le cose soggette al divenire si generano dal loro contrario,il bello e il brutto, il freddo e il caldo , l’umido e il secco ( come aveva insegnato Eraclito) allora come dalla vita si genera la morte anche la morte deve generare il suo contrario cioè il vivente ( possiamo mettere questo concetto in relazione con la teoria della metempsicosi). In ultimo ,l’argomento dell’anima come vita: l’anima partecipa dell’idea di vita ( si dice corpo animato, oppure esanime, morto) e non può quindi morire.

Nel Mito di Er ( nel dialogo Repubblica) Platone ci parla dei criteri con cui le anime scelgono i modelli di vita in cui reincarnarsi.Er è un soldato apparentemente morto , dopo qualche giorno torna in vita e racconta ciò che ha visto nell’aldilà. In una grande pianura sono riunite le anime per scegliere il tipo di vita in cui vogliono reincarnarsi. E’ presente la Moira Lachesi ( divinità preposta al filo della vita) e, accanto a lei, un araldo tira a sorte l’ordine con cui le anime potranno scegliere. Il numero di vite disponibili è superiore al numero delle anime, viene sorteggiato solo l’ordine della scelta, ma non il tipo di vita. La scelta del tipo di vita è responsabilità esclusiva delle anime, le quali sceglieranno meglio sulla base della loro vita precedente, quindi in funzione del loro precedente sapere.

Il mito della caverna ( nel dialogo Repubblica) è uno dei più famosi della filosofia platonica,ripreso da molti scrittori anche in tempi recenti ( v. Dürrenmatt,L’inverno di guerra nel Tibet). Platone immagina una caverna in cui sono legati con ceppi dei prigionieri, a cui è stata preclusa la possibilità di vedere fuori dalla caverna. Fuori dalla caverna vi è una strada lungo la quale è innalzato un muro. Alta e lontana brilla la luce di un fuoco che permette ai prigionieri di vedere delle ombre proiettate sul fondo della caverna. Le ombre sono quelle di statue di legno e pietra che uomini, che non si vedono, portano in spalla al di là del muro. Uno dei prigionieri riesce a liberarsi dai ceppi, faticosamente raggiunge l’uscita della caverna , dapprima la sua vista è abbagliata dalla luce a cui non è abituato , poi scorge le statue,poi gli uomini dietro al muro e le cose stesse rappresentate dalle statue. Prima di poter vedere direttamente le cose stesse il prigioniero le vede riflesse nell’acqua , per abituare la vista a vedere la vera realtà. Solo dopo potrà vedere le cose e, infine, vedere il Sole che alto brilla in cielo. Il prigioniero si rende conto, finalmente, che la realtà è ben diversa da quella rappresentata dalle ombre della caverna. Egli deve dirlo ai suoi compagni, rientra nella caverna ma, abituato alla luce abbagliante di fuori, non riesce più a scorgere neanche le ombre e i compagni lo prendono in giro . Alla fine il prigioniero, dal momento che mette in discussione le certezze dei compagni, viene ucciso.

Questo mito ha un significato sia politico, sia pedagogico, sia gnoseologico, sia ontologico. ( v. manuale).
Sempre nel dialogo Repubblica, Platone condanna l’arte in quanto imitazione di una imitazione. Se il cavallo sensibile è solo una copia del cavallo in sé, la statua del cavallo essendo una copia di una copia è ancora più lontano dalla realtà. L’arte è anche condannata da Platone in quanto può alimentare le passioni. La lettura dei poemi omerici ,con le passioni degli eroi e degli dei può nuocere all’educazione dei giovani che devono essere educati all’uso della ragione e all’allontanamento dai sensi.

Un altro mito importante e famoso è il mito di Eros che Platone narra nel dialogo Simposio. Eros è figlio di Poros ( espediente) e Penìa ( povertà) e viene concepito in una notte di baldorie, in occasione della nascita di Venere. Eros è un essere intermedio tra il divino e l’umano. Come figlio di Penìa è povero, mancante di qualcosa , come figlio di Espediente è ricco di risorse. Vi sono tre tipi di Amore: quello più legato al sensibile , quello per le arti e le leggi, e infine quello più elevato, il vero Eros, a cui Platone fa riferimento che è l’amore per il sapere, per la Filosofia. Gli dei già possiedono il sapere e non sono quindi filosofi, gli ignoranti sono talmente poveri di sapere che non saprebbero neanche che cosa ricercare, mentre i filosofi sanno qualcosa ma mancano del sapere assoluto che devono ricercare. Nello stesso dialogo Platone fa raccontare a Socrate la conversazione con la sacerdotessa Diotima che parla del mito degli Androgini, creature che possedevano entrambi i sessi ma che , avendo peccato di tracotanza, furono punite da Zeus separandone i sessi. L’amore, inteso come mancanza; in questo caso è mancanza dell’altra metà dalla quale si desidera essere completati ( v. espressioni di uso comune: l’altra metà del cielo, la dolce metà ecc.).

La POLITICA di Platone è delineata soprattutto nel dialogo Repubblica, ma anche nelle Leggi (dialogo della vecchiaia). La Repubblica ( nel senso di Stato) platonica è una prima forma di utopia politica. La concezione platonica appare meritocratica, solo i migliori, i più sapienti, sono degni di governare lo Stato. Nello Stato platonico vi sono tre classi: quella dei lavoratori, caratterizzati dalla virtù della temperanza ( la consapevolezza di doversi adattare al loro ruolo perché è giusto così), il loro metallo è il ferro ( non prezioso ) la loro anima è concupiscibile. La seconda classe è quella dei guerrieri, custodi dello Stato, la cui virtù è il coraggio non solo fisico, ma anche morale, in quanto, come i filosofi, devono rinunciare alla famiglia, alla proprietà, alle esigenze individuali , per essere totalmente al servizio della difesa dello stato; il loro metallo è l’argento e la loro anima prevalente è irascibile. Infine i filosofi, coloro che, nel sistema pedagogico dello Stato platonico, sono stati educati e allenati per reggere lo Stato con giustizia; il loro metallo è l’oro e la loro virtù è la sapienza,la loro anima è razionale Nel sistema educativo platonico, dopo essere stati educati con la musica e la ginnastica, i giovani sono avviati all’esercizio militare, i migliori in questo campo saranno avviati alla difesa dello Stato. I giovani che hanno attitudini per studi teorici sono avviati allo studio della matematica per ben dieci anni , dopo studieranno dialettica (filosofia) per cinque anni, effettueranno un tirocinio di quindici anni accanto ai magistrati della Città e infine,verso i cinquant’anni, saranno pronti per governare. Perché i filosofi soltanto potranno governare ? Perché solo i filosofi sono in grado di conoscere il mondo delle Idee, la Giustizia in sé , il Bene in sé. Solo i filosofi sanno che cosa è bene che lo Stato sia. La visione aristocratica di Platone è relativa alle attitudini individuali, per quanto non sia frequente, è possibile che il figlio di un’anima di ferro possa diventare anima d’oro e quindi filosofo.
Il comunismo platonico è ben diverso da quello contemporaneo. Egli intende che la classe dei custodi ( guerrieri e filosofi) sia votata interamente allo Stato. Essi non possono avere famiglia né proprietà privata, non devono essere in grado di riconoscere per strada i loro figli; donne e figli sono in comune, per evitare che affetti e interessi privati possano ostacolare l’azione rivolta solo ed esclusivamente al bene dello Stato.
In classe discuteremo della democrazia e del totalitarismo partendo dall’analisi della politica di Platone.
La Giustizia dello Stato consiste nell’armonia che regna tra le tre classi , perché ognuna ha il ruolo che le compete in base alle proprie attitudini. Degenerazioni dello Stato sono la democrazia ,intesa come demagogia e libertà sfrenata, l’oligarchia, il comando di pochi ma non i migliori, e la tirannide, la forma peggiore di governo.
Platone è ben consapevole che il suo progetto politico è utopistico, ma la sua bontà non nasce dalla sua realizzabilità, ma dal rappresentare uno Stato giusto in sé.
Nelle Leggi Platone cambia registro, se esistessero uomini politici capaci di agire con saggezza e giustizia, senza neanche il bisogno delle Leggi, sarebbe ottima cosa, ma, dal momento che tali uomini non esistono nella realtà, bisogna affidare alle Leggi il compito di far trionfare il Bene e la Giustizia nello Stato. Le Leggi sono le inevitabili regole che lo Stato deve far rispettare educando i cittadini al loro rispetto. In quest’ottica il governo è aristocratico, con un monarca e un’assemblea, in maniera da garantire un governo equilibrato e saggio. Ancora una volta Platone guarda con simpatia ai saggi reggitori dello Stato, ora visti in una sorta di Consiglio segreto e notturno, presumibilmente per evitare condizionamenti della piazza. In questa Città ,più realistica,sono ammesse proprietà privata e famiglia , e viene considerata come elemento di ordine sociale la religione, una specie di religione degli astri che, per Platone, sono divini. Più moderno appare quest’ultimo Platone che affida alle Leggi e alle istituzioni l’amministrazione dello Stato.

La DIALETTICA

Nei dialoghi Teeteto, Parmenide ( forse il più difficile dei dialoghi platonici) e nel Sofista, Platone affronta un problema metafisico e gnoseologico di primaria importanza, il rapporto tra l’Uno e il molteplice, in cui l’Uno è riferito alla natura unica, perfetta , semplice ed eterna delle Idee.
In un primo momento Parmenide aveva pensato il rapporto tra le Idee e la molteplicità sensibile come un rapporto di partecipazione, ad es. il cavallo è tale perché partecipa dell’idea di cavallinità
Ma ammettendo questo se l’idea è partecipata da più oggetti, tutti i cavalli partecipano della stessa idea di cavallinità, l’dea stessa, che dovrebbe essere unità semplice, appare frantumata, come se a pezzetti entrasse nelle singole molteplici cose. Per ovviare a questa contraddizione Platone penserà al rapporto cose-Idee come a un rapporto di mimesi, di copia.
Un altro problema che scaturisce dalle critiche che venivano fatte a Platone nell’Accademia e che verranno riprese da Aristotele, riguarda il cosiddetto “argomento del terzo uomo”. Per esempio l’idea del Bello è bella ? Per essere definita tale devo confrontarla con un’altra idea di Bellezza superiore, ma questa idea superiore a sua volta per essere definita Bella dovrà essere confrontata con una terza idea e così all’infinito.
Il problema che Platone affronta nel Sofista e nel Parmenide riguarda il confronto con il maestro “terribile e venerando” cioè con Parmenide, che aveva negato l’esistenza della molteplicità perché questa presupponeva l’assurda accettazione del non-essere.
Se per non-essere intendiamo il Nulla , certamente Parmenide aveva ragione ma, la difficoltà della teoria eleatica derivava dall’ambiguo significato di “Essere”. Platone tenta una nuova definizione di “essere” e lo definisce come possibilità, cioè qualunque cosa che si trovi nella possibilità di agire o di subire un’azione da parte di qualunque altra cosa. Platone intende l’essere come relazione . Le Idee per essere se stesse, determinate e definite ( coraggio in sé, Bellezza in sé, Bene in sé, Santo in sé ecc.) devono essere messe in relazione con le altre idee, se il Coraggio è tale non è la Santità, e ancora, in quale rapporto l’idea di giustizia sta con quella di Santità e così via?. Il non- essere cessa di essere il mero Nulla, che, come tale ,non è in relazione con nessuna cosa, e viene interpretato come diversità. Il cavallo non è la gallina e questa per essere tale non è l’elefante,la luce per essere tale non è tenebra ecc .
Per spiegare come le idee si definiscano attraverso una comunicazione, una relazione tra di loro, Platone ricorre ai cosiddetti cinque “generi sommi”: l’essere,l’identico,il diverso,la quiete e il movimento.Ogni idea è, è identica a se stessa, è diversa dalle altre, non comunica ( quiete) oppure si relaziona con le altre ( movimento).
Per Platone l’errore non è parlare del Nulla, ma dire che le cose sono diverse da come effettivamente sono.
Conoscere il mondo delle Idee vuol dire allora conoscere tutte le complesse relazioni che le Idee hanno tra di loro, in modo da essere precisi nella loro definizione: questa è la funzione del filosofo, detto appunto dialettico, perché la dialettica consiste nello sviscerare il significato delle idee attraverso le loro relazioni.La tecnica dialettica consiste nel definire un’idea mediante una serie di successive identificazioni e diversificazioni, secondo un processo dicotomico che può andare dal molteplice all’Uno (synagogé) o dall’Uno alle sue specificità ( diaìresis).
Facciamo un esempio ripreso dal dialogo Politico:
Esseri


Inanimati viventi



Selvatici domestici



Acquatici terrestri




quadrupedi bipedi




con le piume senza piume




senza voce con la
voce




uomo

La COSMOLOGIA DI PLATONE

Negli ultimi dialoghi platonici e specialmente nel Timeo ( Timeo di Locri è un filosofo pitagorico del quale abbiamo notizia soprattutto da questo dialogo platonico) Platone dimostra un interesse più accentuato verso tematiche naturalistiche precedentemente tralasciate.
In questo dialogo il mito, a cui Platone era ricorso in passato per rendere più comprensibili verità metafisiche, morali o religiose ( si pensi al mito escatologico di Er) acquista un altro significato, i miti cosmologici sono un tentativo di descrivere la struttura del cosmo naturale che, a differenza delle Idee, è mutevole e instabile. Il mondo del sensibile non è oggetto di scienza ( solo le Idee sono oggetto di scienza) e allora Platone ci dice che in quest’ambito dobbiamo accontentarci di spiegazioni non assolute ma verosimili. E’ significativo che nel Timeo lo studio della natura venga definito “un passatempo moderato e ragionevole”. Il sapere intorno alla Natura è un sapere probabile, congetturale, senza la forza epistemica del sapere filosofico, perché ben diverso è il suo oggetto. Il protagonista del mito cosmologico del Timeo è il Demiurgo,ossia un artigiano che Platone vede come una sorta di divinità minore che plasma il mondo. Il demiurgo non è creatore ma plasma la materia, la chora, eterna, avendo come modello, come se fosse una sorta di scultore, il mondo delle idee. Quali idee? Le idee matematiche.Grazie a queste il demiurgo conferisce un ordine razionale e matematico all’universo, secondo una concezione che influenzerà in maniera decisiva il Rinascimento e la moderna rivoluzione scientifica..
Gli enti matematici, ovvero gli enti geometrici piani e solidi,gli enti dell’astronomia pura, la musicologia , sono intermedi tra le Idee ( che comprendono Numeri , figure ideali, le Idee valori e Idee più specifiche) e il mondo sensibile.Sono intermedi nel senso di intermediari,in quanto rendono comprensibile il modo in cui l’intelligibile si articola nel sensibile. Il processo di generazione del mondo sensibile ha bisogno di cause, il Demiurgo , l’Artefice, la causa efficiente dell’ordine del mondo. Il Demiurgo plasma il mondo per il Bene, il suo modello è l’essere eterno, per cui ciò che plasma è bello, razionale, ordinato. La materia,tuttavia, non si lascia completamente plasmare secondo l’intelligibile, per cui la sua conoscenza e il suo ordine rimangono probabili e congetturali.
Il Demiurgo plasma il mondo utilizzando come modelli i cinque solidi regolari ( le cui facce sono poligoni regolari): il cubo, il tetraedro, il dodecaedro, l’ottaedro e l’icosaedro ( 20 facce). Il mondo è formato da oggetti naturali la cui struttura profonda è quindi uguale a quella dei solidi regolari. La matematica che, a livello gnoseologico, aveva una funzione dimostrativa e propedeutica alla filosofia, nel Timeo viene ad acquistare una valenza ontologica. Nel mondo c’è un’anima anteriore ai corpi e da cui i corpi traggono il movimento. La materia delle origini è solo ricettacolo.
Il Demiurgo è una divinità ,sebbene minore, e come tale è buona, le intenzioni divine sono per Platone buone e miranti al Bene ( finalismo platonico). Il mondo è generato da un incontro tra il caso e la necessità ( ecco perché oggetto di un sapere congetturale). La natura ha per Platone un carattere finalistico ( teleologico) è plasmata in vista di uno scopo intelligente e per questo ha bisogno di un’anima: è impossibile che una cosa abbia intelligenza senz’anima.Il mondo platonico è come un organismo vivente. Il neoplatonismo rinascimentale riprenderà questo concetto, sia con Giordano Bruno, sia con la concezione della corrispondenza tra microcosmo ( uomo) e macrocosmo ( universo) entrambi dotati di corpo, intelligenza e anima. Il moto dei cieli è circolare uniforme, i cieli hanno una perfezione e autosufficienza che non è presente nel mondo terreno, tanto meno nella polis, dove il bene è tutto da costruire. Esiste un solo mondo, finito, di forma sferica, la forma geometrica perfetta che ruota intorno al proprio asse senza cambiare di posto.
Il tempo è per Platone “l’immagine mobile dell’eternità”, la mobilità è caratteristica del mondo che si genera continuamente e l’eternità è data dall’anima eterna del mondo. I cieli si muovono in eterno sempre uguali, ma l’universo si manifesta nel tempo, essendo sottratto all’eterna e immutabile perfezione delle Idee.Il tempo appartiene al mondo ,non all’Iperuranio che è il mondo del puro Intelligibile.

Lammarco

Utente SILVER
Utente SILVER
 
Risposte:

Messaggioda giada » 26 apr 2012, 15:01

hai guadagnato 1 credito

giada

Site Admin
Site Admin
 

Torna a Temi, analisi poesie, Appunti scuola

Copyright © 2007-2024 SkuolaSprint.it di Anna Maria Di Leo P.I.11973461004 | Tutti i diritti riservati - Vietata ogni riproduzione, anche parziale
web-site powered by many open source software and original software by Jan Janikowski 2010-2024 ©.
All trademarks, components, sourcecode and copyrights are owned by their respective owners.

release check: 2024-04-19 07:58:55 - flow version _RPTC_G1.3