Ermetismo + Esempio, Vento a Tindari

Messaggioda Azanatos1992 » 6 mag 2012, 12:44

Ermetismo

Le Origini del termine
Il termine, coniato da Francesco Flora (anche se in modo generico e molto superficiale) nel 1936, rimanda ad una concezione mistica della parola poetica perché fa riferimento alla figura leggendaria e mistica di Ermete Trismegisto (Ermes il tre volte grandissimo) risalente al periodo ellenistico, al quale erano stati attribuiti testi filosofico-misterici e spirituali del II-III secolo d.C., che si ispirava all'antica sapienza egizia, celata nell'enigmatico linguaggio dei geroglifici. Tuttavia un possibile legame si può trovare anche verso il dio greco Ermes, dio dei misteri, proprio per sottolineare la difficoltà di comprensione di questo genere di poesia. Nello stesso anno, 1936, Carlo Bo pubblicò un saggio sul Frontespizio, Letteratura come vita, contenente i fondamenti teorico-metodologici della poesia ermetica.
Sul piano letterario con il termine ermetismo si sottolinea una poesia dal carattere chiuso (ermetico) e volutamente complesso, solitamente ottenuto attraverso un susseguirsi di analogie di difficile interpretazione.
Alla base di questo movimento, che ebbe come modello i grandi del decadentismo francese come Mallarmé, Rimbaud e Verlaine, si trova un gruppo di poeti, chiamati ermetici, che seguirono il modello di Giuseppe Ungaretti, di Salvatore Quasimodo e di Eugenio Montale.
Genesi del Movimento
Sorto e sviluppatosi a Firenze (1930-1940), specie nel bar “Le Giubbe Rosse”, in cui i poeti di questa corrente si riunivano, non si tratta veramente di un movimento, quanto più di una scuola, poiché riunisce poeti che hanno la stessa concezione di poesia ma la esprimono in modi differenti.
Con la rivista “Campo di Marte” dibattono su diversi livelli, raccogliendo interventi di vari autori, su vari temi. Sulla stessa rivista compaiono le prime pubblicazioni di molti autori.
Sono anni di fermento storico:
• Gli intellettuali si sentono parte della guerra contro la dittatura di Franco in Spagna
• Con il fascismo dovettero adattare le proprie opere ala censura

Poetica
Esso rifiuta la concezione della poesia per celebrare ideali esemplari come la religione, la virtù, la patria o la storia, perseguendo un unico ideale: quello della "poesia pura", libera da qualsiasi forma metrica o retorica e soprattutto priva d'ogni finalità pratica o narrativa. Il motivo centrale di questa nuova concezione poetica è sicuramente il senso della "solitudine disperata dell'uomo moderno", il quale, perduta la fede negli antichi valori, non ha più alcuna certezza cui ancorarsi, travolto da un mondo sconvolto dalle guerre, stravolto da ideologie dittatoriali. Da ciò deriva la visione sfiduciata e desolata della vita, priva d'illusioni, che caratterizza la poetica d'Ungaretti (che si sente in esilio in mezzo agli uomini) o di M. (che rintraccia negli aspetti quotidiani della realtà il vero e proprio "male di vivere"). Ad aggravare questo senso di solitudine e di mistero concorrono altri elementi altrettanto importanti nella caratterizzazione della lirica ermetica, quali: l'incomunicabilità come incapacità o impossibilità di un colloquio aperto e fiducioso con gli altri; l'alienazione, cioè la coscienza di essere strumentalizzati e ridotti ad un ingranaggio nella civiltà di massa; la frustrazione, ossia il prendere coscienza del contrasto tra la vita ideale e una realtà quotidiana troppo spesso deludente. Per esprimere temi così desolanti, i poeti ermetici ricercano nuove forme d'espressione che rispecchiano più adeguatamente il loro stato d'animo, attraverso parole scarne ed essenziali, che esprimano la condizione di chi si ripiega disperatamente su se stesso, scoprendo la propria miseria e la sua angoscia esistenziale. Gli ermetici rifiutano la parola come atto di comunicazione per lasciarle solo il carattere evocativo. La loro poesia è una poesia di stati d'animo, di ripiegamento interiore espresso in un tono raccolto e sommesso, con un linguaggio raffinato ed evocativo che sfuma ogni riferimento diretto all'esperienza in un gioco di allusioni.


Stile
• Il linguaggio risulta essenziale, le parole vengono scelte in base a ciò che significano per il poeta
• I legami sono stabiliti a piacimento
• Le parole sono astratte, devono emergere nella loro sensibilità/valore per il poeta
• La sintassi è totalmente scomposta
• Largo uso dell’analogia, sinestesia

Salvatore Quasimodo

Vento a Tindari

Tindari, mite ti so
Fra larghi colli pensile sull’acque
Delle isole dolci del dio,
oggi m’assali
e ti chini in cuore.
Salgo vertici aerei precipizi,
assorto al vento dei pini,
e la brigata che lieve m’accompagna
s’allontana nell’aria,
onda di suoni e amore,
e tu mi prendi
da cui male mi trassi
e paure d’ombre e di silenzi,
rifugi di dolcezze un tempo assidue
e morte d’anima
A te ignota è la terra
Ove ogni giorno affondo
E segrete sillabe nutro:
altra luce ti sfoglia sopra i vetri
nella veste notturna,
e gioia non mia riposa
sul tuo grembo.
Aspro è l’esilio,
e la ricerca che chiudevo in te
d’armonia oggi si muta
in ansia precoce di morire;
e ogni amore è schermo alla tristezza,
tacito passo al buio
dove mi hai posto
amaro pane a rompere.
Tindari serena torna;
soave amico mi desta
che mi sporga nel cielo da una rupe
e io fingo timore a chi non sa
che vento profondo m’ha cercato.


COMMENTO
E’ il secondo documento della raccolta “Acqua e terre” del 1930,esso inaugura uno dei motivi tematici del primo Quasimodo ma non estraneo neppure alla produzione successiva: quello della evocazione della mitica Sicilia, Tindari è località siciliana splendida ed è evocata dall’ io lirico. Metricamente il testo si configura come una sequenza di cinque strofe eterometriche con libere associazioni di versi regolari appartenenti ai modelli della tradizione secondo le consuetudini della versificazione ermetica successiva al cosiddetto ritorno all’ordine che investi’ come è noto anche Ungaretti. Si tratta di versi quasi esclusivamente imparisillabi con escursioni ritmiche dal quinario all’endecasillabo. Si segnala la presenza al verso 8 di un endecasillabo ipermetro (dodici sillabe) riconducibile alla misura canonica con una sinafia tra i versi 7 e 8 secondo un uso inaugurato da Pascoli(la sinafia è una sinalefe tra un fine verso e un inizio verso).
Tra le figure metriche si segnala la dieresi al v.22 (“tuo”) e la sinalefe al verso 24 endecasillabo poiche’ e’ tronco e vale per undici sillabe.Al verso 27 oltre alla consueta sinalefe va segnalata la dialefe (“amore è”) garantita dalla presenza della vocale tonica.Il verso 30 e’ un settenario sdrucciolo mentre l’unica rima compare tra i versi 5 e 10 (“cuore-amore”), canonica. Tutto il componimento reca insistenti reiterazioni fonico e timbriche (tutti gli endecasillabi sono a maiore ossia hanno l’accento sulla sesta sillaba). Da notare la allitterazione al v.3 del fonema dentale d (dell’isola dolce del dio), del fonema m al verso 12 (male mi) , della sibilante s al verso 18. In questo testo sono riscontrabili alcuni tratti formali propri di quella che il critico Mengaldo ha definito la koinè ermetica, pervasiva di tutta la poetica ermetica successiva che tende ad un linguaggio vago ed allusivo; si veda ad esempio il sintagma “vertici aerei precipizi” dove l’aggettivo aerei definisce entrambi i sostantivi plurali privi di articolo che lo incorniciano al verso 6 e che determinano una immagine iperbolica. L’uso con funzione polisemica della preposizione “a” dotata di un volontario margine di indecifrabilita’(“assorto al vento dei pini” v.7 o “fingo timore a chi non sa”).
Il lessico si avvale di sostantivi astratti sempre privi di articoli che li determinino e per lo piu’ al plurale. Questa serie di scelte formali coopera a creare l’insistenza sul tema dominante della terra madre simbolo di autenticita’ e di armonia, richiamato al verso 22 dal lemma “grembo” posto in fine verso, a cui si contrappone l’aspro suono del verso 23. La contrapposizione tra il luogo dell’infanzia e la condizione disautentica dell’esilio viene resa attraverso sistemi semiotici antitetici : all’elevazione dell’incipit della strofa due “salgo” fa da contraltare “l’affondo “del verso17. *sintagma= porzione di testo dotata di una sua significazione semantica
Il rimpianto della Sicilia e la nostalgia per la fanciullezza trascorsa, a cui viene contrapposta la vita piena di tristezza che il poeta conduce in un’altra città. Come scrive Marisa Carlà: « Il tema centrale della poesia è il contrasto tra il sogno della Sicilia dell’infanzia, luogo mitico di luce e di vita, e la condizione del presente, nella grande città disumana e alienante; contrapposizione resa evidente dall’uso di espressioni come paure, ombre, silenzi, morte, che definiscono la realtà attuale; e da espressioni come mite, rifugi, altra luce, che definiscono il sogno».
È la cotraddizione tra i sogni e la realtà. «La tristezza del poeta è profonda e spesso ritorna in lui la paura della morte; a niente vale l’affetto di coloro che gli sono vicini, perché le amare necessità della vita lo hanno portato in luoghi per lui senza luce. Egli sogna nostalgicamente un ritorno magico alla sua terra; Tindari, identificata con l’infanzia e la giovinezza, diventa così un sogno per evadere la realtà» (Marisa Carlà).
Riccardo Marchese ha scritto: «La poesia è significativa per due motivi: 1) in essa sono riscontrabili i temi più caratteristici della poesia di Quasimodo: l’amore nostalgico per la Sicilia, il senso di colpa per l’allontanamento, la percezione dell’esilio presente come una condanna di quella colpa. 2) sul piano formale la poesia presenta i caratteri fondamentali dello stile ermetico: linguaggio fortemente metaforico ( sfoglia), uso di analogie anche molto ardite ( vento dei pini) volute ambiguità, espressioni ellettiche, uso vago della preposizione a e uso dei sostantivi astratti. L’effetto è quello dell’oscurità, della vaghezza, della sospensione.
Tuttavia la poesia ermetica sarà impersonale e distaccata dal poeta e la sua vera novità è la perizia tecnica della retorica analogica, il simbolismo oscuro, i sostantivi astratti senza articoli e parole indeterminate, verso una perdita dei sentimenti e delle emozioni del poeta. La poesia ermetica diventa quindi una poesia arida e priva d sentimenti personali. mentre Vento a Tindari pur presentando una apparenza ermetica, conserva tutti i sentimenti e le emozioni che rendono la poesia sofferta e personale.

Azanatos1992

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Messaggioda *Yole* » 6 mag 2012, 14:56

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