Satira Modulo intero

Messaggioda Azanatos1992 » 6 mag 2012, 13:01

Satira
Origini della forma
Nella fase preletteraria esisteva una forma embrionale di spettacolo, la quale era composta di: danza, musica e recitazione, questa forma artistica veniva chiamata SATURA. Ciò è attestato da Ennio, il quale nel 364 a.C., in luogo di una pestilenza, testimonia il fatto che vennero chiamati degli HISTRIONES dall’etruria.

Ad ogni modo la satira latina presenta lo spirito farsesco dei fescennini e le rappresentazioni di musica e danza etrusche. Inoltre essa, a differenza dei vari generi letterari che presero piede a Roma, non attesta antecedenti nella cultura Greca, è quindi un fenomeno del tutto latino, al punto che Quintiliano dirà “Satura quidem tota nostra est (Institutio oratoria, X,1,93)”

Etimologia
All’etimologia della parola SATURA vengono fatte risalire numerose ipotesi:
• SATURA LANX = Un piatto di vivande misto e offertoriale in onore della dea Cerere
• LEX SATURA = Legge a carattere misto
• SATURI = I veri e propri satiri Dionisiaci
Ad ogni modo, il termine richiama ad un campo semantico caratterizzato dal MISTO o comunque dal RITUALE, lo stesso aggettivo latino SATUR ("pieno, sazio"), condivide con l’avverbio SATIS ("abbastanza") la radice implicante il concetto di varietà, abbondanza, mescolanza.

Sviluppo del genere satirico a Roma
Per quanto concerne adozione, utilizzo e sviluppo del genere satirico, è possibile distinguere diverse fasi.

1) PRE-LETTERARIA
In generale, nel mondo latino, si intende per SATIRA un componimento POLIMETRO di vario argomento, il principale testimone di questo passaggio (da rito, rappresentazione, a genere letterario) è Ennio, del quale tuttavia non ci sono giunte opere, pertanto risulta sbagliato considerarlo l’iniziatore del genere satirico.

2)ESAMETRICA (LUCILIANA)
• Lucilio viene considerato l’INVENTOR della satira latina, in quanto il primo che ne da un chiaro statuto. Con Lucilio la satira assume per la prima volta una fisionomia più precisa: suoi tratti specifici divengono, sul piano formale, l’uso dell’esametro, su quello dei contenuti e del tono, l’attacco personale e l’uso del ridicolo come arma di un aggressivo moralismo.
• A Lucilio segue, in età Augustea, Orazio. Durante Cesare infatti non vi furono fondamentali forme satiriche. Orazio fa rinascere la satira perché è un periodo di restaurazione in cui i costumi degradati vengono notati e messi in discussione; perciò un’opera di questo genere viene piacevolmente letta da tutte le persone che aderiscono al programma.

3)MENIPPEA
Seppur suddivisa in un’altra fase, la Satira Menippea si presenta a Roma in concomitanza con quanto detto nella fase 2. Varrone Reatino piegò il genere verso la Satira menippea: composizioni miste di versi e di prosa, il cui argomento, tono ed intento variava da un componimento all’altro; ci sono stati poi alcuni neoteroi (poetae novi) - come Varrone Atacino e Valerio Catone - che si sono dati a detto genere letterario.

4)DA NERONE IN POI
Dopo il principato d'Augusto, la situazione a Roma precipita: durante l’età Giulio-Claudia si instaura una vera e propri tirannide caratterizzata da corruzione e vizio,eliminata la “libertas” e trasformata la “pax romana” in un imperialismo avido e ingiustificato. Il rapporto tra intellettuali e princeps si incrina,la letteratura viene definita “argentea”perché non produsse i grandi capolavori del periodo augusteo.
• Primo ad accogliere il nuovo filone Menippeo è Seneca nell’ Apokolokýntosis (Ἀποκολοκύντωσις)
• In questa situazione si inserisce la satira di Persio Flacco severamente moralistica, con violenti attacchi diretti contro il malcostume dilagante della società sempre più corrotta e in contrasto con l’ideale stoico della virtus, ponendo scrittore come maestro di virtù e spietato censore dei vizi sociali.
• Nello stesso periodo storico è inserita la poetica dell’”indignatio” di Giovenale: la satira è la sola forma letteraria adatta ad esprimere lo sdegno dell’autore, che vede lo sfacelo morale dei suoi tempi laddove i suoi coetanei vedono l'approssimarsi di una nuova "età dell'oro".

Lucilio

I caratteri fondamentali della vera satira luciliana sono:
• SOGGETTIVISMO: Lucilio parla di sé stesso e inserisce contenuti autobiografici, è importante porre l’accento sul carattere soggettivo della sua satira: il poeta, che spesso si atteggia a spettatore e narratore dei casi trattati, sce¬glie talora di raccontare in prima persona e crea un personaggio in cui trasfonde alcuni tratti del suo carattere.
• REALISMO: caratteristica della sua letteratura è il rifiuto del fantastico e dell’inverosimile e, quindi l’adesione al vero. In questa ottica si inseriscono perfettamente la trattazione d'eventi colti dalla vita quotidiana, facendo riferimento con puntigliosa esattezza e competenza ad oggetti d'uso comune, a pratiche e abitudini correnti, a particolari dei mestieri e delle tecniche più varie; l’interesse per fatti di cronaca che avevano destato scalpore quali ad esempio un processo o anche un evento sportivo(combattimento tra gladiatori).
• SPONTANEITA’: parla con immediatezza e l'elaborazione letteraria è relativa
• AGGRESSIVITA’: spesso ad personam, è una letteratura abrasiva, Lucilio, spinto dal suo intento moralista, non esita a condannare i viziosi e i corrotti per nome, atteggiamento che diviene tanto più significativo quanto più illustre è la vittima scelta); né l’obbiettivo di divertire il lettore. Lo spirito è infatti un elemento primario della sua poesia, che del resto era così conscio della sua impor¬tanza da definire le sue composizioni come un ludus (gioco, scherzo).
• ETICITA’: Lucilio intende promuovere una modificazione comportamentale, ha un fine educativo
• PLURILINGUISMO e ibridazione stilistica: non è né anodino né monocorde, percorre tutte le possibilità della lingua latina, dal sermo plebeius sino alle regioni più illustri della letteratura, ha uno stile caleidoscopico


Orazio
Modelli
-DIATRIBA = La commistione di toni gravi/scherzosi, l’alternanza del serio e del facetus, erano tipiche della DIATRIBA, le cui satire Oraziane sono ampliamente influenzate. Orazio riconosce ampiamente, a differenza di Lucilio, la superiorità degli altri generi rispetto alla satira, tanto che dirà:
neque, siqui scribat uti nos sermoni
propriora, putes hunc esse poetam.

-Orazio prende come modello principale Lucilio, tuttavia, criticandolo allo stesso tempo.

Hinc omnis pendet Lucilius
In particolare Orazio prende da Lucilio:
• ESAMETRO
• AGGRESSIVITA’ personale.
• IMPOSTAZIONE SOGGETTIVA
• FACETUS = ovvero la capacità di trattare temi impegnati con spirito.

Stile e Contenuti

• SERMONI PROPIORA = L’accostamento della satira al “Sermo cotidianus” da intendere non come “prosa”, ma come “conversazione”, ovvero quella formula d'amabile colloquio fra pari destinato ad una ricerca morale che coinvolge l'autore in prima persona. Il rapporto tra ricerca etica e aggressività, e la coniugazione organica di queste due componenti è fra le caratteristiche fondamentali della satira oraziana. Al piacere gratuito dell’aggressione sostituisce la ricerca dell’autarkeia e della metriotes; l’esigenza di analizzare i vizi mediante l’osservazione critica e la rappresentazione comica della realtà, con lo scopo di individuare una strada per pochi attraverso le storture di una società in crisi. La funzione protagonistica è svolta dagli interlocutori. In generale l’obbiettivo non è attaccare con la satira personaggi politici, ma, prende in considerazione i vizi e i difetti delle persone comuni perché vuole fare del moralismo sui comportamenti umani in generale e non di un personaggio in particolare. Non si parla quindi dei VIZIOSI, quanto dei VIZI.

• SERVARE MORES = In accordo con il punto precedente si presenta il carattere autobiografico, infatti Orazio, attraverso l’esempio del padre, e del suo metodo educativo esemplificativo e proverbiale, intende fare del moralismo che si proficui nella conservazione dei MORES antichi.
Quis ignoscas vitiis teneor

• LABOR LIMAE = Orazio rimproverava principalmente a Lucilio la rozzezza della forma, dice infatti
cum flueret lutulentus, erat quod tollere velles

• LINGUA = Per quanto riguarda lo stile è utilizzato un livello linguistico e stilistico apparentemente non elevato in quanto contiene termini della vita familiare ed espressioni colloquiali; elimina i grecismi e i termini greci che si usavano nella lingua parlata e tutti quei termini che rientravano nella conversazione della plebe. Altra caratteristica è l’apparente semplicità, ottenuta col principio della brevitas, eliminando cioè tutto ciò che è superfluo, artificioso e troppo abbondante; e con l’utilizzo della “callida iunctura” tecnica che consiste nel disporre le parole nella frase o nel verso tramite un’associazione originale dei termini per cui, anche quelli più comuni assumono un significato nuovo.


Seneca

La critica riconosce uniformemente che, per essere una satira, manca alla Apokolokyntòsis la vis polemica: più che un'invettiva sembra un (pesante) scherzo, un ludus. E forse, a giudicare dal sottotitolo (Ludus de morte Claudii), proprio questo voleva essere. Il tono è evidentemente, e pesantemente, parodistico: vengono messe alla berlina le fissazioni maniacali di Claudio, la sua infermità fisica (era probabilmente spastico) e la sua presunta stupidità.

• Subito Seneca riporta la data della morte di Claudio, atteggiamento tipico dello storico, che serve a garantire una presunta imparzialità. In questo caso lo stesso atteggiamento è velato da una forte componente parodistica
Quid actum sit in caelo ante diem tertium idus
Octobris anno novo,
initio saeculi felicessimi,
volo memoriae tradere.

Questo espediente viene utilizzato per liberarsi dalla responsabilità, ricorre spesso

Fides penes auctorem erit

• L’opera satirica non manca del gergo colloquiale, spesso reso forme avverbiali e proverbi

Aut regem aut fatuum nasci oportere
E ancora:
dicam quod mihi in buccam venerit

il tono parodistico riprende inoltre numerose forme sacrali, rielaborandole ironicamente

ita illum salvum et felicem habeam


• Naturalmente, in accordo col tono dell’opera, sono numerosi le invettive, seppur mascherate, contro Claudio:
non passibus aequis
ancora:
pedem dextrum trahere

• Infine, il carattere che più richiama alla tradizione della satira Menippea è l’inserimento di versi dotti, all’interno di un contesto basso e faceto. Si attua quindi un clima estremamente scherzoso, attraverso l’opposizione della èpos alla frivolezza del ludus.

Chi sei degli uomini?
Quale la tua città?
Quali i tuoi genitori?


Satyricon
Frammentarietà dell'opera [modifica]
L'opera è frammentaria e lacunosa. Stando ai codici, il Satyricon originariamente era molto ampio: le parti a noi giunte appartengono soltanto ai libri XIV, XVI pervenuteci in gran parte e per intero il XV libro dello scritto, scoperto nel 1654 in una biblioteca di Traù, in Dalmazia, contenente la celeberrima Cena Trimalchionis ("La cena di Trimalchione"). L'inizio e la fine della storia narrata sono di fatto impossibili da ricostruire in modo soddisfacente. Gli studiosi hanno suddiviso i frammenti tramandati in 141 capitoli.
La mutilazione dell'opera è attribuibile alla licenziosità dell'argomento e al realismo degli ambienti descritti, che producono un'immagine moralmente disdicevole della Roma imperiale e poco edificante per il lettore.
Trama
L'opera racconta le vicissitudini di Encolpio, il giovane protagonista, di Gitone, il suo amato efebo, e dell'infido amico-nemico Ascilto.
L'antefatto, soltanto deducibile, racconta di un oltraggio commesso da Encolpio nei confronti della divinità fallica Priapo, che da lì in poi lo perseguita provocando al protagonista una serie di insuccessi erotici.
La narrazione tràdita si apre con una discussione tra Encolpio e il retore Agamennone sul tema della decadenza dell'eloquenza. Il protagonista poi s'allontana per cercare il suo convivente Ascilto, che ritrova in lupanare. Qui i due sono forse coinvolti in un'orgia. Scampatene, Encolpio apprende che Ascilto s'è unito col suo amato Gitone. Da qui la rivalità dei due personaggi che, separatisi, intraprendono due percorsi diversi, per poi ricongiungersi in breve tempo.
I due vanno a Napoli, o forse Pozzuoli, dove fanno i conti col sacrilegio commesso nel tempio di Priapo: la sacerdotessa, Quartilla, interrotta durante il rito costringe Encolpio, Ascilto ad un'orgia come metodo di redenzione. In questa è coinvolto anche Gitone, che poi viene spinto ad unirsi con la settenne Pannichide. Terminato la vicenda, ritornano tutti a casa.
Il racconto da qui si sposta a casa di Trimalchione, un liberto arrichitosi immensamente attraverso l'attività commerciale. Qui s'apre la scena della "cena". Occupando quasi metà dell'intero scritto pervenutoci, l'episodio costituisce la parte centrale dell'opera. Al convivio sono ospiti, oltre ai tre giovani, anche vari personaggi dello stesso rango di Trimalchione. La portata del cibo è spettacolare e altamente coreografica, accompagnata da giochi acrobatici dei servi del padrone di casa e da racconti tra i commensali. I convitati intrattegono poi una lunga conversazione, che tocca i più svariati argomenti: la ricchezza e gli affari di Trimalchione, l'inopportunità dei bagni, la funzione del funerale, le condizioni climatiche e l'agricoltura, la religione e i giovani, i giochi pubblici, i disturbi intestinali, il valore del vetro, il destino, i monumenti funebri, i diritti umani degli schiavi. Tutto offre uno spaccato vivace e colorato, non senza punte di chiara volgarità, della vita di quel ceto sociale.
In seguito, Encolpio, allontanatosi dagli altri due compagni, incontra Eumolpo, un vecchio letterato che, notato l'interesse di Encolpio per un quadro raffigurante la presa di Troia, gliene declama in versi il resoconto (è la celebre Troiae halosis). I due diventano quindi compagni di viaggio, rivali in amore a causa di Gitone e dopo una serie di avventure, che li vedono viaggiare per mare e rischiare anche la vita, si ritrovano, insieme nella città di Crotone, dove Eumolpo si finge un vecchio danaroso e senza figli, ed Encolpio e Gitone si fanno passare per i suoi servi: così essi scroccano pranzi e regali dai cacciatori di eredità.
Nei frammenti successivi, Eumolpo recita un brano epico, in cui viene descritto il Bellum civile ("La guerra civile") fra Cesare e Pompeo, e successivamente si legge di Encolpio che, per l'ira di Priapo, diventato impotente, è vittima di una ricca amante che si crede disprezzata da lui e lo perseguita. Eumolpo, invece, scrive il suo testamento dove specifica che gli eredi avranno diritto alle sue ricchezze solo se faranno a pezzi il suo corpo e se ne ciberanno in presenza del popolo.
Rapporto con il romanzo antico
Il Satyricon viene abitualmente chiamato “romanzo” tuttavia tale denominazione richiede qualche precisazione. Nelle letterature classiche non esiste tale genere, tuttavia questo nome viene riservata a dei testi greci.
Il satirico ha in comune con i romanzi antichi la caratteristica di raccontare vicende complesse e avventurose disposte lungo l’asse narrativo di un viaggio, inoltre pone anch’esso al centro della narrazione un amore ostacolato da rivali ecc.
Rapporti con la satira Menippea
In comune vi è la tendenza alla PARODIA LETTERARIA, e l’alternanza tra narrazione in prosa e in versi. Altra analogia è data dalla lingua e lo stile: variegati e compositi, aperti a tutti i registri dal più basso al più elevato.
Rapporti con altri generi letterari
Si possono intuire raffronti con la satira vera e propria, specialmente con quella di Orazio: si pensi alla cena di Nasidieno. Del resto i temi gastronomici avevano ampio respiro anche nella commedia e il mimo. Il mimo infatti rappresenta la vita quotidiana degli starti più bassi della società, perseguiva effetti di comicità, e prediligeva situazioni boccaccesche.
Rapporti con la novella Milesia
Sono presenti nel romanzo 5 novelle raccontate da 3 pg. 3 sono piuttosto brevi, 2 da Eumolpo, sono storielle erotiche. Proprio il tema erotico e la spiccata licenziosità caratterizzavano le novelle milesie, che rientravano in quel mondo letterario di intrattenimento e di evasione.
Raffinato Pastiche
L’opera appare come un raffinato pastiche in cui l’autore ha fatto confluire la sua vastissima cultura e ha espresso le sue idee sull’arte e sulla cultura. È evidente che non ha perseguito alcun fine morale o etico(differenza con la satira) ma si è proposto il solo divertimento del pubblico.


Il mondo del Satyricon: il realismo petroniano
I pg e le ambientazioni descritte sono quelle dei ceti sociali + bassi, a cui viene data una visione realistica e spesso grottescamente deformata. L’opera tuttavia occupa una posizione peculiare in quanto è in grado di descrivere tale ambiente SENZA LE STILIZZAZIONI E LE CONVENZIONI TIPICHE della commedia e senza filtri moralistici della satira. Nei confronti del mondo che rappresenta, petronio mantiene un atteggiamento di signorile distacco, senza coinvolgimento: osserva e descrive tutto con assoluta spregiudicatezza, eccezionale lucidità e penetrazione critica; ma allo stesso tempo in tono giocoso, scettico e disincantato.
Visione della vita multiforme e frantumata
Dal succedersi di vicende così complicate emerge, sembra emergere un senso di precarietà e d’insicurezza, una visone della vita dominata da una Fortuna capricciosa e imprevedibile, oscurata dal pensiero sempre incombente della morte.
Pg attraverso il plurilinguismo
Predomina, data la metria, il linguaggio colloquiale.
• Encolpio ha uno stile semplice e disinvolto, paratattico, apeto ai colloquialismi greci. Con rare intrusioni di volgarismi.(sermo cotidianus)
• Narratore e personaggi colti hanno un linguaggio che si eleva, facendosi elaborato, magniloquente, enfatico, con intenti ironici e parodistici.
• Sermo vulagaris è dei personaggi incolti come trimalchione, di una cultura superficiale. È un linguaggio colloquiale basso, colorito e fortemente espressivo.
Questa lingua diviene strumento di derisione e caricatura impietosa, a cui petronio sottopone i ceti emergenti

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Messaggioda *Yole* » 6 mag 2012, 14:57

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