La donna nell'800

Messaggioda martax3x » 8 mag 2012, 9:45

L'Illuminismo e la rivoluzione industriale contribuirono a creare in Europa un clima favorevole allo sviluppo del femminismo, sull'onda dell'influenza dei movimenti riformatori a cavallo tra XVIII e XIX secolo. In Francia, durante la rivoluzione francese, le associazioni repubblicane delle donne invocarono l'estensione universale dei diritti di libertà, uguaglianza e fraternità, senza preclusioni di sesso. In quegli anni Mary Wollstonecraft scrisse in Gran Bretagna la prima opera femminista, intitolata Rivendicazione dei diritti delle donne (1792), in cui denunciò la forte discriminazione della società di quel tempo, richiedendo l'uguaglianza tra i generi. Durante la rivoluzione industriale il passaggio dal lavoro artigianale (che le donne avevano svolto tradizionalmente in casa e senza essere retribuite) alla produzione di massa fece sì che le donne delle classi meno abbienti entrassero in fabbrica come salariate. Ciò rappresentò, pur tra grandi contraddizioni sociali, il primo passo verso l'indipendenza, sebbene i rischi sul lavoro fossero elevati e i salari, inferiori a quelli degli uomini, fossero amministrati dai mariti. Nello stesso periodo, le donne di classe di media e alta furono invece relegate al ruolo di "angeli del focolare". Mentre nei paesi di religione cattolica la Chiesa si oppose duramente al femminismo, in quanto riteneva che distruggesse la famiglia patriarcale, nei paesi di religione protestante (come la Gran Bretagna e gli USA) il movimento femminista ebbe maggior successo. Alla sua guida si posero donne istruite riformiste che provenivano dalla classe media. Nel 1848 più di cento persone tennero a New York la prima assemblea sui diritti delle donne sostenute dall'abolizionista Lucrezia Mott che si opponeva alla schiavitù, e dalla femminista Elisabeth Cady Stanton, le donne chiesero uguali diritti e, in particolare, il diritto di voto e la fine della disparità di trattamento. Le femministe inglesi invece si riunirono per la prima volta nel 1855 per ottenere pari diritti di proprietà. In Gran Bretagna, inoltre, la pubblicazione dell'opera "Schiavitù delle donne", del filosofo John Stuart Mill, influenzata probabilmente dalle conversazioni con la moglie Harriet Tayllor Mill, richiamò l'attenzione sulla questione femminile e portò alla concessione nel 1870, sempre in Gran Bretagna, dei diritti di proprietà alle donne sposate. In seguito furono introdotte le leggi sul divorzio, sul mantenimento e sul sostegno nella cura dei figli e la legislazione del lavoro introdusse i minimi salariali (cioè il salario minimo che doveva essere pagato per un certo lavoro) e i limiti relativi all'orario di lavoro.

Un segno del mutamento di clima fu il grande successo che ebbe un dramma di Ibsen, "Casa di bambola" (1879), in cui la questione veniva affrontata soprattutto sotto l'aspetto morale e con riferimento all'istituto del matrimonio.

Altri due romanzi: The scarlet letter di Nathaniel Hawthorne e The portrait of a lady di Henry James rivestono un'ulteriore importanza nell'ambito della letteratura ottocentesca sulla questione femminile.
Un ruolo determinante nell'affermazione dell'uguaglianza di genere ebbe il movimento delle "Suffragette", che fiorì dal 1860 al 1930, riunendo donne di diversa classe sociale e di diversa istruzione attorno al comune obiettivo del diritto di voto. Il movimento suffragista era particolarmente attivo negli USA e in Inghilterra dove alcune associazioni iniziarono a organizzare manifestazioni e proteste. In un primo tempo le suffragette cercarono di tenere comizi e di fare marce di protesta per sensibilizzare l'opinione pubblica e convincere il governo inglese a estendere il diritto di voto alle donne. Di fronte alla repressione della polizia, le suffragette passarono a forme di protesta più decise e violente; così nel 1912 proclamarono la "guerra delle vetrine": gruppi di donne sfilarono per le vie principali di Londra e presero a sassate le vetrine dei negozi. Nel 1913 il movimento suffragista ebbe la sua martire: una giovane inglese, Emily Davison, si getto sotto la carrozza reale durante un affollato derby e rimase uccisa. Il movimento tendeva ad assumere il carattere di generica lotta contro l'altro sesso, il che oscurava il suo contenuto democratico e costituiva un fattore di debolezza. L'agitazione divenne assai più efficace quando le associazioni femministe si collegarono con i sindacati operai e con i partiti socialisti ed ebbero il parziale appoggio di organizzazioni religiose. Ma per il momento le rivendicazioni femministe non furono accolte: oltre che urtare contro una diffusa mentalità tradizionalista, la richiesta del suffragio femminile coinvolgeva problemi più ampi, riguardanti il lavoro e la famiglia, che la società non era in grado di affrontare senza correre il rischio di gravi squilibri.

Negli ultimi decenni del XIX secolo, tuttavia, il movimento per l'emancipazione della donna, grazie soprattutto ad Anna Maria Mozzoni e Anna Kuliscioff, si intrecciò strettamente a quello operaio e socialista e con il congresso delle donne indetto nel 1908 a Roma dal Consiglio nazionale delle donne nacque il suffragismo femminile italiano. Una proposta per allargare il diritto di voto alle donne, avanzata nel 1919, fu travolta insieme con le istituzioni liberali dall'avvento del fascismo.
Fu la Nuova Zelanda il primo paese a estendere il diritto di voto alle donne nel 1893. In Italia le donne iniziarono a votare soltanto il 2 giugno del 1946.
In Russia nel 1917 e in Cina nel 1949, dopo le rispettive rivoluzioni, i nuovi governi comunisti sostennero l'uguaglianza tra i generi e attuarono una politica decisa a favore del controllo delle nascite, anche al fine di sradicare il modello di famiglia patriarcale. Ciò nonostante, nell'URSS alle donne lavoratrici furono corrisposti sempre e soltanto salari minimi e la loro rappresentanza politica fu molto ridotta. In Cina continuarono a verificarsi alcune forme di discriminazione sessuale sul lavoro.

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Messaggioda *Yole* » 8 mag 2012, 13:20

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