Res Gestae Divi Augusti

Messaggioda MCM » 14 lug 2012, 22:57

Gli storici Svetonio e Cassio Dione raccontano che Augusto, un anno prima di morire, aveva consegnato alle Vestali dei documenti di natura testamentaria e che questi furono portati in Senato e letti pubblicamente dopo la sua morte, il 19 agosto del 14 d. C. Insieme al testamento vero e proprio di Augusto, nel quale egli designava gli eredi del suo patrimonio, vi erano anche altri manoscritti: uno, in cui dava disposizioni precise per le sue esequie; un altro, costituito da una sorta di bilancio aggiornato dello stato e un terzo che conteneva l'elenco delle sue imprese, compiute nel corso della sua lunga carriera politica. Queste vengono dette le res gestae Divi Augusti, cioè gli atti del divino Augusto.

Per volontà esplicita del princeps, il resoconto delle sue imprese doveva venir inciso su tavole di bronzo e queste, dopo la sua morte, esser collocate all'ingresso dell'imponente Mausoleo, che egli stesso aveva iniziato a costruire fin dopo la battaglia di Azio (30 a. C.), nel Campo Marzio a Roma. Queste iscrizioni bronzee sono andate perdute ma, probabilmente già durante il regno di Tiberio, se ne fecero delle copie da mandare in provincia. Ignoriamo quante furono queste copie e a quali province dell'impero fossero destinate. Nell'odierna Turchia si trovano alcuni esemplari di questo testo, vere e proprie copie dell'originale romano, come quelle ad Ankara, l'antica Ancyra, capitale dei Galati, che sono le meglio conservate. La regione geografica in cui sono state inviate ed esposte al pubblico le cosiddette res gestae Divi Augusti, corrisponde a quella che proprio Augusto creò provincia, la Galazia. E fino a prova contraria, l'area anatolica sembra essere l'unico deposito dei resti di questo documento augusteo.

Il testo, inciso sulle pareti del tempio in onore della Dea Roma e di Augusto, ad Ankara, viene definito "Monumentum Ancyranum". L'edificio è stato costruito quasi certamente quando Augusto era ancora in vita, su un precedente monumento cultuale. Nel corso dei secoli il tempio ha subito gravi danni provocati dalla natura, soprattutto perché questa zona è altamente sismica, e dall'uomo, con interventi architettonici. Del monumento augusteo oggi rimangono, pericolanti, il pronao e le pareti della cella. Il muro di fondo della cella è andato distrutto, mentre è rimasta intatta l'abside della chiesa bizantina, costruita a partire dal V secolo, in una delle fasi di trasformazione del tempio. Sulle pareti interne del pronao è incisa la versione latina, suddivisa in tre colonne di scrittura da un lato (iniziando dalla parete sinistra per chi si pone di fronte all'ingresso della cella), e tre dall'altro, per un'altezza di 2,70 metri, ed una larghezza di 4 metri. Il titolo dell'epigrafe è composto da lettere più grandi, rispetto al resto del testo, e dice che si tratta proprio di una copia dell'esemplare che Augusto aveva fatto incidere nel bronzo a Roma. Sulla parete esterna della cella, ben esposta alla vista del pubblico, si sviluppa invece la traduzione greca dell'elogio augusteo, ordinato su 19 colonne, alte circa 1,25 metri, per una larghezza di quasi venti metri. Lo specchio epigrafico è in condizioni di assoluto degrado: il marmo presenta un po' ovunque grossi fori in coincidenza delle grappe di bronzo asportate nel corso dei secoli, e la pietra è completamente annerita dall'inquinamento e divenuta friabile a causa delle forti escursioni termiche e delle piogge acide; a causa di ciò fra non molto la scrittura greca non sarà più leggibile.

L'iscrizione, suddivisa per comodità in capitoli e paragrafi dagli editori moderni, ricorda, accanto alle res gestae di Augusto (che vanno dal capitolo 25 al 33), le sue molteplici opere a favore del popolo romano: le impensae, ossia le elargizioni di beni, in denaro e terre, e la sistemazione monumentale di Roma (15 - 24); nei primi capitoli invece, vengono elencati gli honores, specificando quelli da lui accettati e quelli rifiutati(1 - 14); gli ultimi due (34 e 35) testimoniano i momenti chiave della carriera politica di Augusto, culminanti nell'espressione dell'auctoritas: "Post id tempus auctoritate omnibus prestiti, potestatis autem nihilo amplius habui quam ceteri qui mihi quoque in magistratu conlegae fuerunt" ("Dopo di allora fui superiore a tutti per autorità, ma di porte non ne ebbi affatto più degli altri, che anzi mi furono anche compagni nelle magistrature")

È difficile stabilire con esattezza quando siano state composte le res gestae. In due diversi passi del testo, Augusto fornisce delle indicazioni cronologiche precise: in uno, afferma di scrivere le sue memorie quando era console per la tredicesima volta; mentre nell'altro conclude "cum scripsi haec agebam septuagensumum sextum". La prima data ci porta all'anno 2 a. C., la seconda tra il 13 e il 14 d. C. In realtà, la struttura e la complessità dell'imponente documento augusteo lasciano intendere come questo sia frutto di una lunga e matura elaborazione intellettuale. E' quasi certo che l'imperatore pose più volte mano alla stesura del suo testamento politico, modello inimitabile di autoelogio e di legittimazione della conquista di un potere straordinario. Così, potremmo verosimilmente concludere che le Res gestae Divi Augusti, vennero alla luce nella sua forma definitiva, proprio nell'imminenza della morte del suo autore.

MCM

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Messaggioda giada » 15 lug 2012, 4:57

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