ADDIO MONTI di Lucia- Promessi Sposi

Messaggioda gocciolina » 29 ago 2012, 16:22

L'"addio monti", parte conclusiva dell'ottavo capitolo de "I promessi sposi", può essere considerata una vera e propria composizione poetica, costituita da figure retoriche, ripetizioni di parole ricorrenti e la presenza di aggettivi ed immagini che conducono all'idea di vita familiare. Si tratta dell'assolo drammatico di Lucia, che mentre si trova in compagnia della madre e del promeso sposo, Renzo, attraversa il lago di Como su una barca a remi per fuggire dal proprio paese e dai pericolo che esso rappresenta. Nel silenzio del tragitto Lucia scorge il palazzotto di Don Rodrigo e le sue proprietà, e subito coglie questa immagine come una minaccia, ragion per cui piange con riservatezza coprendosi il volto. Ripercorre poi con affetto nostalgico l'ambiente nel quale è cresciuta e a cui è affezionata perchè ad esso si legano i ricordi dell'infanzia e dell'adolescenza, a partire dai monti e dai torrenti, il cui scroscio (fonosimbolismo) viene paragonato alle voci domestiche (similitudine) e per passare poi al saluto delle case bianche, paragonate a pecore al pascolo (similitudine). La continua ripetizione della parola "addio" (anafora) sottolinea la nostalgia e l'attaccamento al luogo, oltre all'allontanamento che potrà durare anche molto tempo. Manzoni propone in seguito varie cause per cui una persona può abbandonare la propria terra, dell'esigenza di cercar fortuna, alla necessità di sfuggire ai pericoli, causa per cui Lucia è costretta a lasciare l'amata terra. Mano a man che ci si allontana, le figure diventano sempre distanti e piccole, l'aria si fa pesante, in città le case sono tutte attaccate e le strade danno un senso di soffocamento. Si ritorna ora a Lucia, che non avrebbe mai immaginato di allontanarsi dal proprio paese, e che nutriva il forte desiderio di trascorrere il resto della sua vita proprio in quel luogo. Verso la fine inizia a salutare la casa natia, nella quale aveva imparato a distinguere il rumore dei passi delle varie persone. Saluta la casa di renzo, davanti alla quale passava "non senza rossore" (litote), e nella quale sognava di vivere tranquillamente da sposa; dice addio anche alla chiesa, luogo in cui spesso trovava conforto cantando le lodi del Signore e dove era destinato ad essere celebrato il suo matrimonio. Tutto ciò riconduce alla serenità della dimensione familiare. Alla fine della composizione c'è una frase molto significativa e importante nel romanzo, la quale ne predice il lieto fine.

FIGURE RETORICHE:
epanalessi (o geminatio) : zitti zitti (v.530)
giù giù (v. 546)
asindeto: i villaggi, le case, le capanne (v.543)
anafora: ripetizione di "chi" (v.567,569)
ripetizione di "casa" (v. 572,574,575)
ripetizione di "dove" (v. 577,578)
ripetizione di "scoprì" (v.547,548)
ripetizione di "più care" (v.569,570)
allitterazione in t-d (v.574-576)

Frequente è l'uso di diminutivi: palazzotto(v.543), casucce(v.545), paesello(v.547), casetta(v.548), casuccia(v.565), campicello(v.565)

Addio/ monti sorgenti dall'acque- ed elevati al cielo/ cime inuguali/ note a chi è cresciuto tra voi/ e impresse nella sua mente/ non meno che l’aspetto de' suoi familiari/ torrenti- de' quali si distingue lo scroscio/ come il suono delle voci domestiche/ ville sparse e biancheggianti sul pendìo/ come branchi di pecore pascenti/ addio!/ Quanto è tristo il passo di chi/ cresciuto tra voi/ se ne allontana!//

Alla fantasia/ di quello stesso che se ne parte volontariamente/ tratto dalla speranza di fare altrove fortuna/ si disabbelliscono/ in quel momento/ i sogni della ricchezza/ egli si maraviglia d'essersi potuto risolvere/ e tornerebbe allora indietro/ se non pensasse che, un giorno- tornerà dovizioso/ Quanto più si avanza nel piano/ il suo occhio si ritira/ disgustato e stanco/ da quell'ampiezza uniforme/ l'aria gli par gravosa e morta/ s'inoltra mesto e disattento/ nelle città tumultuose/ le case aggiunte a case/ le strade che sboccano nelle strade/ pare che gli levino il respiro/ e davanti agli edifizi ammirati dallo straniero/ pensa/ con desiderio inquieto/ al campicello del suo paese/ alla casuccia a cui ha già messo gli occhi addosso/ da gran tempo/ e che comprerà/ tornando ricco/ a' suoi monti//

Ma chi/ non aveva mai spinto/ al di là di quelli/ neppure un desiderio fuggitivo/ chi/ aveva composti in essi/ tutti i disegni dell'avvenire/ e n'è sbalzato lontano/ da una forza perversa!/ Chi/ staccato a un tempo/ dalle più care abitudini/ e disturbato nelle più care speranze/ lascia que' monti/ per avviarsi in traccia di sconosciuti/ che non ha mai desiderato di conoscere/ e non può/ con l'immaginazione/ arrivare a un momento stabilito per il ritorno!/ Addio/ casa natìa/ dove/ sedendo/ con un pensiero occulto/ s'imparò a distinguere dal rumore de' passi comuni- il rumore d'un passo aspettato/ con un misterioso timore/ Addio/ casa ancora straniera/ casa sogguardata tante volte alla sfuggita/ nella quale la mente- si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa/ Addio/ chiesa/ dove l'animo tornò tante volte sereno/ cantando le lodi del Signore/ dov'era promesso/ preparato un rito/ dove il sospiro segreto del cuore- doveva essere solennemente benedetto/ e l'amore venir comandato/ e chiamarsi santo/ addio!// Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto/ e non turba mai la gioia de' suoi figli/ se non per prepararne loro- una più certa e più grande.

gocciolina

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Messaggioda giada » 29 ago 2012, 16:58

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