da peppe080123 » 25 set 2012, 12:28
La fortuna per il Boccaccio non è più ministra divina, non è più trascendente e provvidenziale forza superiore, ma è solo il limite naturale che la nostra attività incontra nel suo espandersi e di cui bisogna che il savio tenga necessariamente il massimo conto, come di tutte le altre forze di tutti gli altri limiti deve sapere tener conto. A volte perciò la fortuna diventa caso semplicemente, caso che può aiutare e può nocere, ma che è sempre caso, avvenimento cioè che potrebbe essere e potrebbe non essere, accidente non più inquadernato nella mente di Dio con tutti gli altri accidenti e tutte le altre sostanze, ma abbandonato a se stesso, caso fortuito che è perciò impossibile prevedere, perché è fuori di ogni logica, e che pur bisogna più che sia possibile prevedere, impenetrabile sì, ma in parte prevedibile e quindi suscettibile d’esser domato. C’è comunque una piena simpatia per un mondo dai sentimenti più nobili e dai gesti più signorili ed è non solo la simpatia dell’artista che, appassionandosi al mondo della sua fantasia, lo rivive con le forze del suo ingegno, ma è la simpatia pure dell’uomo che innanzi ad atti di eroica passione sente esaltarsi il suo senso morale e vibrare in sé quell’ammirazione disinteressata e generosa per il bene che ogni uomo racchiude sempre in fondo all’animo.