da hounapenna » 30 set 2012, 21:46
Nella luna e i falò la vicenda di un bastardo allevato da una povera famiglia di contadini per quelle cinque lire mensili di sussidio e la speranza di un paio di braccia di piu nei lavori raccontata in prima persona dal protagonista, Anguilla , un uomo che ormai si avvia alla maturità. Al paese ritrova Nuto , amico d’ infanzia un tempo famoso suonatore di clarinetto. La prima metà del contenuto del libro è caratterizzata da una frequente oscillazione fra presente e passato introdotto da un semplice“mi ricordo” ; sono due le voci che parlano : da un lato la giovinezza, l’ azione , dall’ altro il ricordo espresso come in un’ elegia . L’orfano che sa la miseria contadina e l’ allegria delle povere feste paesane e che ha fuggito le sue valli per il mondo vasto: l’ America e ritorna e ritrova il suo paese, eguale nelle immobilità delle stagioni ma mutato per una generazione, per le morti e le stragi, in queste situazioni ritroverà un suo storico amico Nuto, un altro se stesso che non è mai partito. L’ uomo che ha lasciato i suoi paesi e vi ritorna è figurazione di Pavese medesimo , ma è anche immagine di una situazione storica degli italiani costretti a vivere in una società sviluppata imperfettamente fra le culture diverse, fra i gradi diversi di sviluppo delle classi, la lacerazione tra ragione e mito, fra progresso e immobilità, ricchezza e miseria; fra un paese che è sede di sconfitta (ma anche di affetti e di religione ) e un’ America che è il luogo dello sradicamento e dell’ avventura di una società nuova. Un simile ritorno ha un precedente nella Conversazione in Sicilia del Vittorini. Nello svolgimento del libro si scopre poco a poco l’aspetto sinistro del vivere contadino: le donne che muoiono senza cure o sfinite e dissanguate dai parti, i vecchi che fanno mendicare i figli tra le vie, i ragazzi cresciuti nella fame . Ma tra l’una e l’altra di queste scoperte la narrazione sembra concentrarsi sulla vita di Irene e Silvia, presso le quali era servo Anguilla, il protagonista, nella loro storia di evasioni mancate e si conclude nel rogo di Santina, sorella minore delle padroncine di Anguilla, in uno di quei falò che si crede risvegliano la terra e le permettono di fruttificare. Il mito dei falò rituali, simbolo della sacralità terrestre, dell’immutabilità della terra, che è uno degli elementi centrali del libro verrà messo da parte e sarà il meno persuasivo perché il personaggio resiste ad esso , lo rifiuta fugge da una patria tanto buia; infatti Anguilla ripartirà per l’America, terra in cui anche i “bastardi” e gli orfani, grazie ad una società più flessibile e aperta, possono vivere senza aver timore di morire. Sicuramente il merito di questo libro è aver espresso la realtà di una situazione storica che si fa ogni giorno più dura e l’unica cosa che può aiutare l’uomo a vivere pur nella crudeltà dei casi più atroci, è il mito come i falò che si accendono la notte di S. Giovanni quasi a svegliare gli umori della terra e la luna da cui prendono ispirazione le opere e le giornate dei contadini.