Abitudini di vita di Attico

Incipit: Nemo, iens in convivium Attici, umquam sine aliqua lectione apud eum cenavit Fine: itaque non inertia, sed iudicio abiit a rei publicae procuratione

Recandosi ad un banchetto di Attico, nessuno mangiò presso di lui senza qualche lettura, per rallegrare gli invitati non meno nell'animo che nella pancia: ed infatti si recavano da lui quelli le cui abitudini non differissero molto dalle abitudini di Attico.

Sebbene si verificasse un aumento nelle sue ricchezze, non cambiò nulla né del tenore di vita quotidiano, né delle abitudini di vita, e si comportò sempre con tanta moderazione che, sebbene avesse ereditato dal padre moltissimi sesterzi, visse in modo poco sontuoso e rimase nella stessa condizione in entrambe le condizioni.

Non ebbe giardini, né alcuna villa fastosa fuori città o presso il mare né (ebbe) in Italia predii rustici, tranne quello di Arezzo e quello di Nomento e tutto il reddito in denaro gli perveniva dai possedimenti in Epiro e in città. Non mentiva e non poteva sopportare le menzogne. Perciò la sua affabilità non era priva di severità e la sua serietà d'indulgenza, così che era difficile capire se gli altri più lo temessero o lo amassero. Qualsiasi cosa un altro gli chiedesse, prometteva coscienziosamente.

Non trascurò mai un impegno preso: infatti da quella cosa faceva dipendere la sua reputazione, della quale nulla aveva di più caro. Curò tutti gli affari dei Ciceroni, di Marco Catone, di Quinto Ortensio, di Aulo Torquato, inoltre di molti cavalieri romani; perciò non per indolenza, ma per deliberato proposito si tenne lontano all'amministrazione dello stato.

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