Pompeius ut equitatum suum pulsum vidit atque eam partem ...

Non appena Pompeo vide respinta la propria cavalleria e si accorse che quella parte nella quale maggiormente confidava era terrorizzata, diffidando anche delle altre parti, abbandonò il campo di battaglia e immediatamente si portò col cavallo nell'accampamento e, a quei centurioni che aveva collocato nella postazione di guardia presso l'ingresso del pretorio, disse a voce alta, affinché i soldati sentissero: "Proteggete e difendete diligentemente l'accampamento, qualora accada qualcosa di particolarmente grave. Io faccio il giro delle rimanenti porte e rafforzo le postazioni di guardia dell'accampamento". Dopo aver detto queste parole, si portò nel pretorio senza aver fiducia nella gravissima circostanza e tuttavia attendendo l'esito.

Cesare, dopo aver spinto dalla fuga all'interno del vallo i Pompeiani, ritenendo che era opportuno che non si concedesse neppure un attimo, esortò i soldati ad avvalersi del regalo della sorte e ad attaccare l'accampamento. Questi, sebbene stanchi per il grande caldo (infatti la battaglia si era protratta fino al pomeriggio), tuttavia, pronti nell'animo a qualsiasi fatica, obbedirono all'ordine. L'accampamento era laboriosamente difeso dalle coorti che erano state lasciate lì a difesa, e, in maniera anche molto più accanita, dalle truppe ausiliarie Trace e barbare. Infatti, i soldati Romani che erano scappati dal campo di battaglia, terrorizzati nell'animo e spossati dalla stanchezza, pensavano più alla fuga che alla difesa dell'accampamento.

E peraltro, coloro che si erano fermati nella trincea, non riuscirono a sostenere molto a lungo la massa delle frecce, ma, stremati dalle ferite, abbandonarono la posizione, e tutti, immediatamente, avvalendosi come guide dei centurioni e dei tribuni dei soldati, si rifugiarono sugli altissimi monti che si estendevano fino all'accampamento.

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