I Cesariani in una situazione critica

Erat in eo loco fossa pedum XV et vallum contra hostem in altitudinem pedum X...

In quel luogo c'era un fossato di quindici piedi e una trincea contro il nemico di dieci piedi d'altezza, ed altrettanto si estendeva in larghezza il terrapieno di quella trincea.

Lasciato uno spazio di seicento piedi da quello, c'era una seconda trincea rivolta verso la parte opposta, e dalla fortificazione (ablativo di qualità) poco più bassa. Nei giorni precedenti, Cesare aveva realizzato questa doppia trincea affinché si potesse opporre resistenza in una battaglia su due fronti: navale e terrestre. Ma la mole delle opere, dato che Cesare aveva abbracciato con la fortificazione diciassette miglia di circonferenza, non dava tempo per il completamento.

E così, egli non aveva portato a termine la trincea trasversale di rimpetto al mare, in maniera da toccare (ossia "da congiungere") queste due opere di fortificazione. Questa cosa, saputa da Pompeo per bocca dei disertori Allobrogi, aveva comportato ai nostri un grave svantaggio. Infatti, quando le nostre coorti si erano messe di guardia davanti al mare, improvvisamente, all'alba, si avvicinarono i Pompeiani. Dopo che costoro ebbero assalito agguerritamente la trincea più esterna, i nostri resistevano a fatica.

Ma presto ci si accorse di un difetto particolarmente grave della fortificazione: infatti, tra le due trincee, per dove l'opera non era stata portata a termine, i Pompeiani, sbarcati dalle navi attraverso il mare, compirono un assalto contro i nostri rivolti di spalle, e li gettarono giù da ambedue le fortificazioni.

Versione tratta da: Cesare