Non si può combattere contro il destino.

Dopo che Creso, ricchissimo re della Lidia, aveva interrogato l'oracolo di Apollo, venne a sapere che il secondo dei due figli, di nome Ati, il più prestante per vivacità d'ingegno e per qualità del fisico, destinato alla successione dell'impero, sarebbe morto di spada, con una morte estremamente dolorosa.

Pertanto, affinché fosse scongiurato il disastro annunciato, non smise mai di badare (a lui): poiché era solito che il giovane fosse inviato nelle guerre, Creso lo trattenne a casa, e poiché aveva un vastissimo arsenale, fornito con una gran quantità di armi di ogni genere, ordinò che pure questo fosse rimosso.

Chiunque era addetto al palazzo, cinto di spada, ricevette il divieto di avvicinarsi. Tuttavia la necessità aprì la via al lutto: infatti, poiché un ferocissimo cinghiale, di straordinaria grandezza, distruggeva i campi coltivati del monte Olimpo, e poiché, a causa della rovina dei contadini e contro il singolare male, era stato implorato l'aiuto del re, il figlio ottenne piuttosto facilmente dal padre di essere mandato contro il la creatura mostruosa, poiché la severità (del padre) era riposta non nella paura dei denti, ma della spada.

Ma il destino si rivelò più testardo dell'attenzione del padre: perché mentre tutti incalzavano il cinghiale con feroce fervore e scagliavano frecce contro la bestia, il più fedele tra i compagni, al quale dallo stesso Creso era stata affidata la tutela del figlio, per sbaglio deviò la lancia contro Ati.

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