Num te cum haec pro salute rei publicae tanta gessisses fortunae tuae num amplitudinis num claritatis num gloriae paenitebat? ...

Forse tu, dopo aver compiuto imprese tanto grandi in difesa della salvezza dello Stato, ti rammaricavi della tua buona sorte, della grandezza, della celebrità, della gloria?

Da dove, dunque, improvvisamente codesto cambiamento tanto grande? Infatti non ho mai constatato in te nulla di squallido, nulla di basso: ho conosciuto la tua determinazione. E magari tu fossi riuscito ad evitare il sospetto, così come (hai evitato) la colpa! Quella cosa temo maggiormente: che tu, poiché non conosci il vero cammino della gloria, ritenga motivo di gloria che tu da solo abbia più potere di tutti, e preferisci essere temuto dai tuoi concittadini piuttosto che essere amato.

Perché, se pensi così, non conosci per niente la via della gloria. Magari, o M. Antonio, tu ti ricordassi di tuo nonno! Riguardo al quale, tuttavia, hai ascoltato molte cose da me, e per giunta spessissimo. Forse tu ritieni che egli abbia voluto guadagnarsi l'immortalità per essere temuto per via della disinvoltura nell'uso delle armi? Era quella la vita, era quella la buona sorte: essere uguale a tutti gli altri in fatto di libertà, (essere) il primo in fatto di credito.

Così, al fine di lasciar perdere i successi di tuo nonno, preferirei il suo dolorosissimo ultimo giorno, al regime di L. Cinna, dal quale egli venne ucciso in maniera estremamente spietata.

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