Socrate e l'immortalità dell'anima - LECTIO BREVIOR versione latino Cicerone

Socrate e l'immortalità dell'anima versione latino Cicerone traduzione libro Lectio brevio

Supremo die vitae, cum facile posset edüci e custodia, Socrates noluit, et paene iam in manu tenens mortiferum illud poculum, ita locutus est ut non ad mortem tradi, verum etiam ad caelum videretur ascendere....

Nell'ultimo giorno di vita, benché potesse essere facilmente fatto scappare dalla prigione, Socrate non volle/non accettò e, quasi già tenendo in mano quella tazza mortale, parlò come se non dovesse essere consegnato alla morte, ma piuttosto come se fosse visto ascendere al cielo.

Così infatti credeva e così spiegò: sono due le strade e duplice il percorso delle anime che escono dal corpo. Infatti coloro che si sono contaminati con i vizi umani e si sono dedicati completamente ai piaceri, accecati con i quali o con i vizi privati e si sono macchiati con misfatti o hanno architettato frodi imperdonabili per violare lo Stato, o coloro che hanno intrapreso un percorso in qualche modo sbagliato, separato dall'assemblea degli dei; ma coloro che si sono conservati casti ed integri, per il quali ci fu un minimo contagio con i corpi e che hanno imitato nei corpi umani la vita degli dei, a loro si apre con facilità il ritorno a coloro dai quali sono partiti.

E così rammenta che i cigni, che non senza una ragione sono dedicati ad Apollo, ma che da lui sembrano aver tratto la facoltà di predire il futuro (divinationem), con la quale prevedono ciò che c'è di buono nella morte, muoiono con il canto e con la gioia, come deve essere fatto da tutti i buoni e sapienti.

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