Accedit quod Q. Catulus hanc sententiam dixit: Ne Pompeio summa imperii committatur ...

In aggiunta Q. Catulo espresse questo parere: "Che non si affidi a Cneo Pompeo il comando supremo!. Infatti tutti, con un'unica voce, hanno detto che riporranno la speranza proprio in quello;

e se gli capiterà qualcosa di brutto, in chi riporremo la speranza?". E in verità io non dubito che Cneo Pompeo sia un uomo tale che nessuna cosa sia tanto grande e tanto ardua, che egli non la possa governare con la mente, mantenere grazie all'integrità e portare a compimento grazie al valore. Ma proprio in questa cosa io dissento molto fortemente da lui, quanto al fatto che, quanto meno certa e duratura è la vita degli uomini, tanto più lo stato, finché è concesso dagli dèi immortali, deve avvalersi della vita e del valore dell'uomo grande.

E perciò io mi oppongo a che qualcosa di nuovo accada contrariamente agli esempi e ai precetti degli antenati. A tutti noi è noto che i nostri antenati obbedirono sempre alla consuetudine in tempo di pace, ma alla necessità in tempo di guerra, che adeguarono sempre alle nuove circostanze dei nuovi tempi le logiche delle decisioni, che due guerre gigantesche, quella Punica e quella di Spagna, furono portate a termine da un unico generale e che due città potentissime, Cartagine e Numanzia, che minacciavano grandemente questo impero, furono annientate dal medesimo Scipione Emiliano.

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