Alcibiade viene allontanato da Atene
Nell'assemblea era rimproverato dai nemici per questo crimine. Ma incombeva il momento di partire per la guerra.
Egli, capendo questo e non ignorando l'abitudine dei suoi concittadini, chiedeva piuttosto che il processo si tenesse immediatamente, per non essere da assente accusato per l'accusa di invidiosi. I suoi nemici in realtà comprendevano che nel presente dovevano star buoni perché non potevano colpire, e stabilirono di attendere quel tempo in cui fosse partito, per aggredirlo mentre era assente.
E così fecero. Infatti quando credettero che egli era arrivato in Sicilia, da assente, lo accusarono di aver violato la religione. Ragion per cui, dopo che un messaggero gli fu inviato dal magistrato in Sicilia, perché tornasse a casa a parlare al processo, pur essendo in grande desiderio di bene amministrare la provincia, obbedì e montò su una triremi, che era stata inviata per riportarlo.
Giunto con questa a Turii in Italia, rimuginando tra sè molte cose riguardo alla libertà sfrenata dei suoi concittadini e alla crudeltà contro i nobili, pensando all'ultimissimo momento di evitare la calamità che incombeva, di nascosto si sottrasse alle guardie e di lì giunse dapprima in Elide e poi a Tebe.
Versione tratta da: Cornelio Nepote