Aptior armis mihi videtur rustica plebs ...
Mi sembra più adatta alle armi la plebe che vive in campagna, la quale è allevata all'aperto e nella fatica, sopporta il sole, trascura l'ombra, che non conosce i piaceri, è contenta di poco e non invidia la vita cittadina.
Infatti le membra dei contadini sono state abituate alla sopportazione di ogni fatica e per loro è abitudine portare l'aratro, scavare fosse, portare il carico sulle spalle, la qual cosa impararono dai lavori dei campi e dalla vita agreste. Talvolta tuttavia, la necessità dei fatti esige che anche gli uomini che vivono in città siano chiamati alle armi e addestrati alla disciplina militare.
Questi, non appena si arruolano, si abituino a faticare, a correre, a portare il carico, a sopportare il sole e la polvere, a non risparmiare nessuna fatica, né di giorno e né di notte, ad obbedire velocemente agli ordini dei tribuni e dei centurioni. In seguito si dedichino all'uso delle armi e, se la guerra fosse lunga, che vengano trattenuti negli accampamenti di campagna il più possibile, e che siano tenuti lontano dalle lusinghe della città, affinché in quel modo, il vigore acceda nei loro corpi e nelle loro anime.
Pertanto soprattutto dai campi è necessario integrare il nerbo dell'esercito: infatti temono meno i pericoli e la morte coloro che meno piaceri conobbero in vita. Tuttavia si deve riservare un legittimo spazio di tempo al sonno e al riposo, affinché la fatica eccessiva non sia di danno ai corpi o la disciplina di fastidio alle anime.