Dolore di Plinio il Giovane per il suicidio di Rufo

C. Plinio saluta il suo Calestrio Tirone. Ho ricevuto una terribile sventura, se sventura deve essere chiamata la perdita di un uomo tanto grande.

E' morto Corellio Rufo, e per di più per sua scelta, cosa che aggrava il mio dolore. E' infatti estremamente doloroso quel tipo di morte che non sembra né derivante dalla natura né dal fato. Riguardo a coloro, infatti, che una morte deliberata porta via, il dolore è inestinguibile, poiché si crede che avrebbero potuto vivere ancora a lungo.

Corellio aveva senz'altro molte ragioni per vivere: una coscienza impeccabile, un'ottima reputazione, e inoltre una figlia, una moglie e amici sinceri. Ma veniva tormentato da una malattia tanto lunga e tanto dolorosa che codesti premi del vivere, pur così grandi, furono sconfitti dalle ragioni della morte. Ha portato a termine comunque il sessantaseiesimo anno di vita, la quale età appare sufficientemente lunga anche ai più robusti, lo so. A me tuttavia sembra di aver perduto un amico giovane e in salute, così come un testimone, una guida e un maestro della mia vita. Offrimi nuovi conforti:

le cose che ho sentito e che ho letto mi vengono in aiuto naturalmente, ma vengono soprafatte da un dolore così grande. Stammi bene.

Versione tratta da: Plinio il Giovane

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