Mihi autem videtur acerba semper et immatura ...

A me però sembra sempre ingiusta e prematura la morte di coloro che preparano qualcosa di immortale.

Infatti coloro che, dediti ai piaceri, vivono per così dire alla giornata, terminano ogni giorno le ragioni di vivere; quelli però che pensano ai posteri, e con le opere allungano il ricordo di sé, per costoro ogni morte è improvvisa, come se interrompesse sempre qualcosa di incominciato. Senz'altro Caio Fannio presentì molto in anticipo quello che accadde.

Si immaginò di giacere, durante il riposo notturno, nel suo piccolo letto, vestito in abito di studente e di avere davanti a sé uno scrigno – così era solito -; poi immaginò che Nerone era venuto, che si era seduto sul letto, aveva tirato fuori il primo libro che egli aveva pubblicato sui crimini di lui, e lo aveva sfogliato fino in fondo;

poi aveva fatto la medesima cosa col secondo e col terzo libro, e quindi era andato via. Si spaventò e interpretò così: come se per lui la fine dello scrivere sarebbe stata la medesima che per quello (per Nerone) era stata la fine del leggere (cioè al terzo libro). E fu la medesima.

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