Sed iam neque dissimulari neque ferri ultra fames poterat. Itaque dum Camillus dictator dilectum Ardeae habet dux Capitolini exercitus qui arci praesidio manserat cum fames ...

Ma ormai la fame non poteva né essere dissimulata, né essere sopportata più a lungo. E così, mentre il dittatore Camillo teneva l'arruolamento ad Ardea, il comandante dell'esercito Capitolino, che era rimasto a difesa della rocca, poiché la fame non poteva essere sconfitta per mezzo del valore, decise di ricomprare per mezzo dell'oro la salvezza della città e dei suoi soldati (lett. : "decise che la salvezza della città e dei suoi soldati venisse ricomprata per mezzo dell'oro"). Allora ai tribuni dei soldati venne dato l'incarico di trattare la pace con i nemici.

La questione venne sbrigata tra Q. Sulpicio, un tribuno dei soldati, e Brenno, il giovane re dei Galli, e venne stabilito il prezzo di mille libbre d'oro. Ma, prima che la vergognosa compravendita venisse completata, intervenne Camillo nella qualità di dittatore: ordinò che l'oro fosse tolto di mezzo, e che i Galli fossero mandati via dalla rocca. Poiché i Galli si opponevano, poiché si erano accordati con Q. Sulpicio, Camillo rese nullo l'accordo, dato che esso era stato concluso da un magistrato di livello inferiore, e intimò ai Galli di stare pronti alla battaglia.

Ai suoi ordinò di riscattare la patria per mezzo del ferro (ossia, per metonimia: "con la spada"), non per mezzo dell'oro. Ormai la sorte aveva girato, ormai la benevolenza degli dèi ed il valore degli uomini aiutavano Roma: infatti, i Galli vennero sbaragliati al primo scontro.

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