La vera nobiltà non sta nella grandezza degli antenati!

Provano invidia per la mia carica: allora che provino invidia anche per la fatica, l'integrità e i miei pericoli, poiché l'ho ottenuta grazie a queste cose.

Quando parlano davanti a voi o davanti al senato, con la maggior parte del discorso celebrano i loro antenati, si credono più importanti col ricordare le grandi imprese di quelli. Ma è il contrario. Infatti quanto più la vita di quelli è illustre, tanto più l'inettitudine di costoro è vergognosa. E di certo la questione sta così: la gloria degli antenati è per i posteri per così dire una luce, e non lascia nascosti né i vizi né le virtù di questi.

Di questa cosa (di questa luce), oh Romani, io confesso la mancanza, ma, ciò che è molto più importante, mi è consentito parlare di cose che ho fatto io stesso. Ora vedete quanto siano ingiusti i nobili. Ciò che si arrogano in ragione del valore altrui, non lo concedono a me in ragione del mio valore, evidentemente perché non ho ritratti degli antenati e perché ho una nobiltà recente. Non posso esibire i ritratti né i trionfi o i consolati dei miei antenati, ma, qualora la circostanza lo richieda, posso esibire le lance, il vessillo, le medaglie, e altri doni militari, soprattutto cicatrici sul petto.

Questi sono i miei ritratti, questa la mia nobiltà: non (mi è stata) lasciata in eredità, come quella loro, ma io l'ho raggiunta con le mie numerosissime fatiche e con i pericoli.

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