Dum Porsena, Etruscorum rex, Tarquinios in urbem reddere cupit et ...

Mentre Porsenna, il re degli Etruschi, desiderava riportare i Tarquini in Roma, e, facendo un assalto, conquistava il Gianicolo, Orazio Coclite, chiamato così perché in un'altra battaglia aveva perduto un occhio, restò fermo davanti al Ponte Sublicio e, da solo, frenò l'esercito dei nemici, fino a che il ponte non venne tagliato alle sue spalle. Quindi cadde nel Tevere insieme al ponte stesso, e nuotando, senza paura ed armato (nel senso: "con addosso le armi"), arrivò fino ai suoi. Per via di questo gesto, gli venne assegnato tanto terreno pubblico, quanto ne coltivava con un aratro in un giorno.

Inoltre nel Vulcanale venne collocata una statua di lui. Mentre, nel medesimo periodo, il re Porsenna assediava Roma, Muzio Cordo, un uomo straordinario quanto a tenacia, pieno di valore e privo di difetti, si recò al cospetto del Senato chiedendo di entrare nell'accampamento dei nemici, e promettendo l'assassinio del re. E così giunse nell'accampamento di Porsenna, e, al posto del re, uccise un funzionario. Dopo che era stato catturato e che era stato condotto presso il re, appoggiò la mano destra sui focolari sacri, e disse:

Ho sbagliato; infatti io desideravo uccidere te. Ora la mia mano ha scontato la pena. Dopo che, per misericordia, il re aveva scansato la mano, Muzio stesso dichiarò: Altri trecento cospirano in maniera simile contro di te. Allora il re, spaventato da quella cosa, mise fine ala guerra.

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