Le rane chiedono un re - LATINO A SCUOLA LATINO A CASA

Ranae errabant liberae in palustribus stagnis donec, quod laxatos mores vi compescere cupiebant, ingenti clamore regem a Iove petiere.

Le rane vagavano libere negli stagni palustri finché, dato che desideravano contenere con forza i costumi dissoluti chiesero con grande clamore un re a Giove.

Il padre degli dei diede alle rane un piccolo travicello. Quando il travicello fu gettato nella palude, con il suo movimento e con il rumore, spaventò molto la timorosa razza delle rane. In seguito quello giacque a lungo nel fango, sinché casualmente una delle rane levò la testa dallo stagno ed osserva con grande cautela il re. Le rane osservano il travicello inerte e subito, senza alcun timore, a gara nuotano verso il legno e risolute lo offendono con ogni ingiuria e con dure parole.

In seguito chiesero a Giove un altro re poiché il travicello era inutile. Allora Giove diede alle sfacciate rane un serpente spaventoso e dannoso, che, con il dente pungente, catturò molte rane. Inutilmente le pavide rane fuggivano la morte;

il terrore ostacolava la voce. Allora, tutti gli abitanti della palude, pregano una seconda volta Giove, per mezzo di Mercurio, messaggero degli dei, ma il dio a gran voce parlò in questo modo: “Poiché avete disprezzato il vostro bene, ora sopportate davvero, con animo giusto, il male mortale!”

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