Cicerone De Fato 1-2 testo latino e traduzione

Cicerone DE FATO  1-2 - Sul Fato 1-2

[1] . . . . quia pertinet ad mores, quod ethos illi vocant, nos eam partem philosophiae de moribus appellare solemus, sed decet augentem linguam Latinam nominare moralem;

explicandaque vis est ratioque enuntiationum, quae Graeci axiomata vocant; quae de re futura cum aliquid dicunt deque eo, quod possit fieri aut non possit, quam vim habeant, obscura quaestio est, quam Peri Dynaton philosophi appellant, totaque est Logike, quam rationem disserendi voco.

Quod autem in aliis libris feci, qui sunt de natura deorum, itemque in iis, quos de divinatione edidi, ut in utramque partem perpetua explicaretur oratio, quo facilius id a quoque probaretur, quod cuique maxime probabile videretur, id in hac disputatione de fato casus quidam ne facerem inpedivit.

2] Nam cum essem in Puteolano Hirtiusque noster, consul designatus, isdem in locis, vir nobis amicissimus et his studiis, in quibus nos a pueritia viximus, deditus, multum una eramus, maxime nos quidem exquirentes ea consilia, quae ad pacem et ad concordiam civium pertinerent. Cum enim omnes post interitum Caesaris novarum perturbationum causae quaeri viderentur iisque esse occurrendum putaremus, omnis fere nostra in his deliberationibus consumebatur oratio, idque et saepe alias et quodam liberiore, quam solebat, et magis vacuo ab interventoribus die, cum ad me ille venisset, primo ea, quae erant cotidiana et quasi legitima nobis, de pace et de otio.

I 1 ... perché riguarda i costumi, che i Greci chiamano etica, mentre noi siamo soliti denominare tale partizione come filosofia dei costumi, ma a chi si prefigge di elevare la lingua latina si addice di definirla filosofia morale.

Bisogna inoltre spiegare l'essenza e la natura delle proposizioni, che i Greci chiamano assiomi; stabilire quale significato abbiano quando si esprimono sul futuro e su ciò che è possibile o che non lo è, rappresenta un problema complesso, che i filosofi definiscono sul possibile: nel suo insieme costituisce la logica, che io chiamo arte del ragionamento.

Negli altri libri Sulla natura degli dèi, come pure nei libri che ho pubblicato Sulla divinazione, ho adottato un criterio ben preciso: il discorso si svolgeva sistematicamente attraverso argomentazioni prima a favore e poi contrarie, perché con maggior facilità ciascuno comprovasse la tesi che gli pareva più verosimile;

nella presente dissertazione sul fato, una circostanza mi ha invece impedito di attenermi a tale criterio.

2 Ero infatti nella mia tenuta di Pozzuoli e nei dintorni si trovava pure il nostro Irzio, console designato, persona a me legata da saldissimi vincoli d'amicizia e dedita agli stessi studi in cui sono cresciuto fin dall'infanzia: trascorrevamo insieme molto tempo, esaminando in particolare le misure che miravano alla pace e alla concordia tra i cittadini. Dopo la morte di Cesare sembrava infatti che si cercassero pretesti per nuovi disordini e ritenevamo di dover porre rimedio a una situazione del genere, per cui quasi tutti i nostri discorsi venivano spesi su tali argomenti. Era accaduto spesso in altre circostanze, ma ne discutemmo in particolare un giorno ben preciso, in cui avevamo più tempo del solito e meno visitatori; non appena Irzio giunse da me, prima trattammo degli argomenti che erano quotidianamente al centro dei nostri interessi e, starei per dire, d'obbligo per noi: la pace e la tranquillità pubblica.

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