Cesare tra le nevi della Gallia (Versione di latino Cesare)

Cesare tra le nevi della Gallia
Autore: Cesare

Etsi mons Cevenna, qui Arvernos ab Helviis discludit, durissimo tempore anni altissima nive iter impediebat, tamen discussa nive sex in altitudinem pedum atque ita viis patefactis summo militum labore ad fines Arvernorum pervenit.

Quibus oppressis inopinantibus, quod se Cevenna ut muro munitos existimabant ac ne singulari quidem umquam homini eo tempore anni semitae patuerant, equitibus imperat, ut, quam latissime possint, vagentur et quam maximum hostibus terrorem inferant. Celeriter haec fama ac nuntiis ad Vercingetorigem perferuntur. Quem perterriti omnes Arverni circumsistunt atque obsecrant, ut suis fortunis consulat, neu se ab hostibus diripi patiatur, praesertim cum videat omne ad se bellum translatum. Quorum ille precibus permotus castra ex Biturigibus movet in Arvernos versus. At Caesar biduum in his locis moratus, quod haec de Vercingetorige usu ventura opinione praeceperat, per causam supplementi equitatusque cogendi ab exercitu discedit; Brutum adulescentem his copiis praeficit; hunc monet, ut in omnes partes equites quam latissime pervagentur: daturum se operam, ne longius triduo ab castris absit. His constitutis rebus suis inopinantibus quam maximis potest itineribus Viennam pervenit. Ibi nactus recentem equitatum, quem multis ante diebus eo praemiserat, neque diurno neque nocturno itinere intermisso per fines Aeduorum in Lingones contendit, ubi duae legiones hiemabant.


Benché le Cevenne, che separano gli Arverni dagli Elvi, nel cuore dell’ inverno sbarrano il percorso a causa della altissima neve, tuttavia dopo aver spazzato via la neve di sei piedi di altezza e così aperta la strada con grande fatica dei soldati, giunge ai confini degli Arverni. Travolti costoro che non se l’aspettavano, poiché si ritenevano protetti dalle Cevenne come da un muro e in questa stagione dell’anno i sentieri non mai certamente erano accessibili nemmeno a un solo uomo, comanda ai cavalieri di andare qua e là, quanto più ampiamente possibile e di incutere quanto più terrore possibile ai nemici. Velocemente queste cose sono riferite a Vercingetorige dalla diceria e dai messaggeri; tutti gli Arverni spaventati lo circondano e lo pregano vivamente di provvedere alle loro sorti e di non permettere che siano saccheggiati dai nemici tanto più che egli poteva constatare che tutta la guerra è rivolta contro di loro. Egli spinto dalle loro preghiere, muove l’accampamento dai Biturigi verso gli Arverni.


Ma Cesare si trattiene nella regione degli Arverni due giorni: prevista la mossa di Vercingetorige, si allontana col pretesto di raccogliere rinforzi e cavalleria. Affida il comando al giovane Bruto e lo incarica di compiere in ogni direzione scorrerie con la cavalleria, il più lontano possibile: dal canto suo, avrebbe fatto di tutto per rimaner lontano dal campo non più di tre giorni. Impartite tali disposizioni, contro le attese dei suoi si reca a Vienna, forzando al massimo le tappe. Sfrutta la cavalleria fresca lì inviata molti giorni prima e, senza mai interrompere la marcia né di giorno, né di notte, attraversa il territorio degli Edui verso i Lingoni, dove svernavano due legioni.

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