Cicerone Pro Archia 1 (Traduzione letterale)

Si quid est in me ingeni, iudices, quod sentio quam sit exiguum, aut si qua exercitatio dicendi, in qua me non infitior mediocriter esse...

Giudici, se in me c'è qualcosa di talento (talentuoso), poiché percepisco quanto ce ne sia poco, o se in qualche pratica oratoria, nella quale io non nego di essere moderatamente esperto, o se una certa conoscenza di questa cosa ha origine dagli studi delle migliori arti e dalla disciplina, dalla quale io riconosco di essere stato alieno per nessun momento della mia vita, e in primo luogo lo stesso Aulo Licinio deve reclamare da me il frutto di tutte queste cose quasi per suo diritto.

Infatti, la mia mente quanto più lontano può guardare il tempo passato (dal dizionario), e ricordare il più lontano ricordo della giovinezza, quindi risalendo fino a ciò vedo che per me fu guida sia affinché mi interessassi sia affinché intraprendessi la via di questi studi. Poiché se questa voce, plasmata dal consiglio e dai precetti di questo, fu talvolta per qualcuno mezzo di salvezza, dobbiamo senza dubbio portare, per quanto è in noi, sia aiuto che salvezza a questo stesso, da cui abbiamo appreso quello con cui possiamo soccorrere tutti gli altri e aiutare gli altri.

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