Dopo la vittoria di Cesare: non posso ne pensare ne agire (Versione cicerone)

Dopo la vittoria di Cesare: non posso ne pensare ne agire
Autore: Cicerone

Quamquam enim nulla me ipsum privatim pepulit insignis iniuria, nec mihi quidquamtali tempore in mentem venit optare, quod non ultro mihi Caesar detulerit, tamen nihilominus eis conficior curis, ut ipsum quod maneam in vita, peccare me extimen.

Careo enim cum familiarissimis multis, quos aut mors eripuit nobis aut distraxit fuga, tum omnibus amicis, quorum benevolentiam nobis conciliarat per me quondam, te socio, defensa respublica, versoque in eorum naufragiis et bonorum direptionibus. Obtinemus ipsius Caesaris summam erga nos humanitatem. Sed ea plus non potest quam vis et mutatio omnium rerum atque temporum. Itaque orbus iis rebus qmnibus quibus et natura me et voluntas et consuetudo assuefecerat, cum ceteris, ut quidem videor, tum mihi ipse displiceo. Natus enim ad agendum semper aliquid dignum viro, nunc non modo agendi rationem nullam habeo, sed ne cogitandi quidem.

In realtà, per quanto nessuna grave ingiustizia abbia colpito la mia persona e non mi sia mai venuto in mente, in tale situazione, di desiderare qualcosa, che Cesare non mi abbia concesso di sua spontanea volontà, non di meno mi struggo per preoccupazioni tali che ho l'impressione di commettere una sciocchezzaa voler continuare a vivere.

Infatti, da una partemi mancano tanti carissimi, che o la morte mi ha strappato o l'esilio ha diviso (da me); dall'altra (mi mancano) tutti quelli legati a me l'affetto dei quali lo Stato - difeso un tempoda me con il tuo aiutomi aveva procurato vivo in mezzo alle loro sfortune (politiche) e alle depredazioni dei (loro) beni. E non soltanto sento - il che è di per sé brutta cosa - ma addirittura vedo (con i miei occhi) - cosa della quale non c'è nulla di più brutto - esser dissipate le fortune di coloro i quali, un tempo, mi aiutarono ad estinguere quell'incendio.

E in quella città - nella quale poco tempo fa fui in auge per influenza autorità e gloria - adesso sono davveroprivo di tutto ciò. In realtà, godo della somma benevolenza di Cesare in persona verso i miei confronti; tuttavia, essa è nulla a confronto dello stravolgimento di tutte le cose e dei tempi. E così, privo di tutto ciò - cui sia la natura, sia la volontà, sia l'abitudine mi avevano abituato - dispiaccio sia a me stesso, sia agli altri, come mi appare senza dubbio. Infatti, nato a compieresempre, azioni degne di un uomo eccezionale ora non soltanto non ho alcun motivo di azione, ma neanche di iniziativa.

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