Esiliare la peste - Cicerone versione latino

Esiliare la peste versione latino Cicerone

Ac iam illa omitto (neque enim sunt aut obscura aut non multa commissa postea); quotiens tu me designatum, quotiens consulem interficere...

Ebbene, sorvolo anche su questi fatti: non sono ignoti e in seguito ne hai commessi molti altri.

Quante volte hai attentato alla mia vita quando ero console designato! Quante volte quando ero entrato in carica! A quanti attacchi sono sfuggito con un leggero scarto del corpo, come si dice, ed erano diretti in modo da sembrare infallibili! Non concludi nulla, non ottieni nulla, eppure non desisti dal tentare e dal volere. Quante volte ormai questo pugnale ti è stato strappato dalle mani! Quante volte, per caso, ti è caduto, ti è scivolato a terra!

[ma non te ne stacchi neppure un momento] A quali misteri tu lo abbia consacrato e dedicato io non so, dal momento che ritieni inevitabile piantarlo nel corpo del console. VII Dimmi: che vita è adesso la tua? Ti parlerò, ormai, non come se fossi mosso dall'odio, eppure dovrei, ma da una compassione di cui non sei affatto degno. Poco fai sei venuto in Senato. In un'assemblea così affollata, tra tanti amici e conoscenti, chi ti ha salutato? Se, a memoria d'uomo, nessuno è stato mai trattato così, ti aspetti forse parole di ingiuria quando già sei schiacciato dal durissimo giudizio del silenzio?

Che dire di più? Al tuo arrivo questi seggi si sono svuotati. Non appena hai preso posto, tutti gli ex consoli, che tu hai condannato a morte tante volte, hanno lasciato vuoto, deserto questo settore dei banchi. Insomma, con che animo pensi di sopportare?

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