Giustizia formale e ingiustizia sostanziall - Cicerone Versione latino N. Compr. e Tradurre

Giustizia formale e ingiustizia sostanziale Cicerone Nuovo Comprendere. e tradurre volume 3, Versione 5 pag 167

Agonis quaedam est Lilybitana, liberta Veneris Erycinae, quae mulier ante hunc quaestorem copiosa plane et locuples fuit....

C'è in libia una certa affrancata di Venere, Ericina, chiamato Agone, ; questa donna, prima della questura di Cecilio, era molto ricca e molto opulenta.

Si era vista togliere ingiustamente per un capitano di vascello di Antonio dei giovani musicisti, i suoi schiavi, si diceva che si voleva adoperare, sulla flotta. Allora, secondo il privilegio che ha di solito, in Sicilia, tutti gli schiavi di Venere e tutti quelli che si sono riscattati di questa schiavitù, credendo di fermare il capitano ne che gli oppone il nome di questa divinità e la religione del suo culto, dice che lei e tutti i beni appartenevano a Venere.

Appena questa notizia viene agli orecchi di Cecilio, di questo uomo intemerato e così pieno di equità, chiama vicino a lui Agone, e chiama dei giudici per esaminare se era vero che avesse detto che la sua persona ed i suoi beni erano la proprietà di Venere; i giudici pronunciano come lo dovevano; perché non c'era l'inferiore dubbio che non l'avesse detto.

Il questore dichiara tutti i beni di questa donna acquistata a Venere, lei stessa schiavo di questa dea; mette in vendita i beni, e li converte in denaro. Così, Agone, volendo salvare alcuni schiavi al riparo dal nome di Venere e della santità del suo culto, perde la sua fortuna e la sua libertà, per l'iniquità del magistrato

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