Il valore dell'abitudine - Versione di Cicerone

Il valore dell'abitudine versione latino Cicerone

Aniculae saepe inediam biduum aut triduum ferunt. Subduc cibum unum diem athletae: Iovem, Iovem Olympium, eum ipsum cui se exercebit, implorabit, ferre non posse clamabit....

Spesso le vecchiette sopportano la fame per due o tre giorni. Sottrai il cibo per un solo giorno ad un atleta: implorerà Giove, Giove Olimpio, quello stesso in onore del quale si eserciterà, e griderà di non essere in grado di esistere.

E' grande la forza dell'abitudine. I cacciatori passano la notte sui monti, nella neve; gli indiani si lasciano bruciare i pugili colpiti dai cesti non emettono neanche un gemito. Che ferite sopportano fino alla fine i gladiatori, uomini rovinati o barbari!

In che modo loro, che sono stati ben istruiti, preferiscono ricevere una ferita piuttosto che evitarla con viltà! Quanto spesso è chiaro che essi non non hanno altro scopo che soddisfare il padrone o il popolo? Sfiniti dalle percosse, mandano anche a dire ai padroni che chiedano ciò che vogliono; (i padroni) se ritengono che sia stato fatto abbastanza, (affermano) volersi coricare.

Quale pur mediocre gladiatore ha emesso un gemito, quale ha mai cambiato espressione? chi non rimase solo fermo, ma rovinò anche a terra in modo vile? Chi, accasciatosi al suolo, ricevuto l'ordine di riprendere la spada, piegò il collo? E' tale il valore dell'esercizio, della preparazione mentale, della costanza.

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