Lettera di Cicerone alla moglie Terenzia - SCRINIUM Cicerone versione latino

lettera di Cicerone alla moglie Terenzia
Versione latino Cicerone libro Scrinium
Hesterno die Brundisio profecti sumus. Per Macedoniam Cyzicum petebamus. O me perditum ! O afflictum ! Cur nunc te rogem ut venias ...
Stesso titolo Da altro libro

Tullius S. D. Terentiae et Tulliae et Ciceroni suis. Ego minus saepe do ad vos litteras, quam possum, propterea quod cum omnia mihi tempora...

lettera di Cicerone alla moglie Terenzia
VERSIONE LATINO Cicerone libro Scrinium
Hesterno die Brundisio profecti sumus. Per Macedoniam Cyzicum petebamus. O me perditum ! O afflictum ! Cur nunc te rogem ut venias ...

Ieri sono partito da Brindisi. Attraverso la Macedonia mi dirigevo a Cizico. O me rovinato!

O afflitto! Perché dovrei domandarti di venire, moglie malata, sfinita nel corpo e nell'animo? Non te lo chiederò? Dunque sarò senza di te?Penso di fare così: se c'è una speranza del mio ritorno, rafforzala e incoraggia la cosa; ma se, come temo, è finita, cerca di raggiungermi in qualunque modo. Sappi una cosa: se ti avrò, non mi sembrerà di aver perso tutto.

Ma cosa ne sarà della mia piccola Tullia? Non so cosa fare; vedete voi. Ma in qualunque caso certamente si deve provvedere al matrimonio di quella poverina e alla sua reputazione. E allora?

Che farà il mio Cicerone? Vorrei che fosse sempre sulle mie ginocchia e tra le mie braccia. Non posso più scrivere altro : lo sconforto me lo impedisce. Non so cosa tu faccia: se possiedi qualcosa, o se, come temo, tu sia stata spogliata di tutto.

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Tullio saluta i suoi cari Terenzia, Tullia e Cicerone. Io vi mando delle lettere meno spesso di quanto potrei soprattutto perché sia tutti i momenti sono per me infelici, sia, quando o vi scrivo o leggo le vostre lettere, sono vinto dalle lacrime tanto che non riesco a sopportarlo.

Oh, se fossi stato meno desideroso di vivere! Certamente non avrei visto niente di male o non molto nella vita. Per ciò se la sorte mi ha riservato qualche speranza di riacquistare un giorno qualche bene meno si è sbagliato da parte nostra; se questi mali sono definitivi io allora desidero vederti quanto prima, vita mia, e morire tra le tue braccia, poiché né gli dei che tu hai venerato religiosamente, né gli uomini, ai quali io ho sempre servito, ci sono stati riconoscenti.

Partiamo da Brindisi il 30 aprile, ci dirigiamo a Cizico attraverso la Macedonia. O me perduto, o me afflitto! Che cosa ora dovrei chiederti di venire, donna malata e sfinita sia nel corpo che nello spirito? Non dovrei chiedertelo? Dovrei dunque stare senza di te? Penso di fare così: se c’è la speranza di un mio ritorno rafforzala e asseconda la vicenda, se invece, come io temo, è finita, in qualunque modo puoi fai in modo di venire da me. Sappi solo questo: se ti avrò non mi sembrerà di essere perduto del tutto. Ma che ne sarà della mia piccola Tullia? Ormai a questo provvedete voi; io sono incapace di decidere.

Ma certamente, in qualunque modo andrà la cosa, occorre prendersi cura sia del matrimonio sia della reputazione di quella poveretta. A che scopo? Che cosa farà il mio Cicerone? Potesse davvero stare sempre nel petto e nel mio abbraccio. Ormai non posso scrivere più; il dolore me lo impedisce. Non so che cosa tu abbia fatto: se possiedi ancora qualcosa o se, come temo (lett. Cosa che temo), tu ne sia spogliata completamente. Da Brindisi. Il 30 aprile.

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